I “maschi”: tra esagerazione ed evaporazione

Rocco Gumina intervista Riccardo Mensuali su una questione maschile che sembra essersi arenata tra gli estremi della scomparsa e della riaffermazione
12 Marzo 2025

Che il maschile sia in crisi è sotto gli occhi di tutti. Studiosi, analisti, opinionisti registrano ormai quotidianamente la rarefazione, l’evaporazione e la scomparsa identitaria del padre, del marito, del “maschio”. All’analisi però spesso non segue quel lavoro creativo e propositivo che dovrebbe condurre a ricercare e a indicare nuovi volti del maschile per la nostra epoca. Con il suo ultimo volume intitolato Pieno di Grazia. La sfida cristiana per il maschio del nostro tempo (San Paolo, 2025), Riccardo Mensuali – membro della Fraternità Sacerdotale Missionaria di Sant’Egidio – attraverso un sapiente richiamo al testo biblico, alla letteratura, alla saggistica di area psicologica avanza un profilo identitario di un maschio in grado di interpretare una sintesi originale tra virilità e cortesia. Lo abbiamo intervistato a partire dai contenuti del suo libro.

 

  • Don Riccardo, nel suo ultimo volume lei sostiene che per entrare in dialogo con qualcuno occorra possedere un’identità. Verso quale profilo identitario si muove il maschile dopo che la storia ha giustamente registrato la negatività del patriarcato?

Il ragionamento mi pare ovvio: nell’ultimo secolo un discorso, una visione sulla donna hanno sostenuto e accompagnato il riconoscimento di diritti, indipendenza e parità. Hanno spostato la donna dalla posizione di casalinga, sposa, madre o al massimo maestra verso ruoli più centrali, sociali e politici. E per l’uomo? La proposta è stata: farsi da parte, diminuire, lasciare che tradizionali tipiche posizioni maschili fossero finalmente condivise. Ma è un discorso in negativo, una parte destruens più che construens. Il profilo identitario di un maschio “grazioso” è una sintesi originale tra virilità e cortesia, la via della paternità gentile che non è né patriarcato né paternalismo sterile. Ci accorgiamo tutti, inutile negarlo, che non dispiace affatto, in giro, il maschio fattivo, che conclude, realizza, efficace. Anche a costo di giustificargli certa rozzezza, modi bruschi, atteggiamenti muscolari che dopo tanto femminismo credevamo poco attraenti. Invece sono accettati, almeno da alcuni. Bisogna capire se è possibile educare e formare un uomo efficace e forte, che sappia definitivamente fare a meno di un armamentario non solo logoro ma che rimanda troppo al muscolo esteriore, alla violenza, al senso atavico di supremazia, in una parola al maschilismo. Credo che tanti ragazzi, tanti giovani uomini siano alla ricerca di questa via, preziosa non solo per le donne ma per tutta l’umanità.

 

  • La fine del patriarcato non va intesa come la scomparsa – mediante evaporazione – del padre e del maschile in generale. È così?

Tramontato il patriarcato come forma storica delle relazioni familiari e sociali, dove il ruolo maschile era chiaro e decifrabile, seppur tragicamente ingiusto, molti si potrebbero chiedere: a che serve un uomo, se le donne hanno conquistato il loro ruolo al centro della società? Oggi tante donne si prendono cura di se stesse, dei loro figli, portano a casa stipendi sempre più vicini a quelli maschili, testimoniano una indipendenza di vita e di pensiero. Luigi Zoja, nei suoi studi, ha ben spiegato come l’uomo, in diverse stagioni storiche, possa passare dalla totale assenza di responsabilità, dall’eclissi all’eccesso di presenza, con il possesso, la prevaricazione e la tentazione della violenza del dittatore. L’identità maschile, insomma, già in natura può pericolosamente oscillare tra evaporazione e esagerazione. Il nostro tempo, dopo tante conquiste femminile, è più quello della scomparsa del maschio o quello del ritorno del maschio brutale, primitivo e che tende all’autoritarismo, magari per paura di perdere ruoli e di smarrirsi? Certi segnali non sono incoraggianti. Penso all’attrazione per la guerra, il confidare più nelle armi e meno nella diplomazia, l’enorme difficoltà a frenare la violenza contro le donne mentre tutti gli altri omicidi diminuiscono. Più che ad una evaporazione rimandano ad una primigenia tentazione maschile di imporsi. Il patriarcato, certo con le sue aberrazioni e la sua intrinseca ingiustizia, almeno affidava responsabilità all’uomo. Il vuoto odierno rischia di essere pericoloso. Un uomo vuoto dentro si guarda allo specchio e può essere attratto dalla massa muscolare che vede emergere. Un gran pericolo.

 

  • A suo parere, quale visione della maschilità dovremmo proporre oggi?

Per la mia esperienza, si può e si deve avere il coraggio di cominciare presto, fin dalle scuole superiori, dai catechismi dei ragazzi più grandi, dai gruppi giovanili, a parlare di relazioni sane, di identità al servizio dell’altro, della chiesa e del mondo. Le relazioni sentimentali e “corporali” – preferisco questo termine a “sessuali” perché anche la voce è parte del corpo, con le corde vocali! – vanno comprese, arricchite, educate. Credo che dovremmo riscoprire e riproporre con estrema convinzione un ritratto del maschile educando i più giovani alla grandezza di ogni forma artistica, soprattutto la letteratura, il cinema, la musica. Le grandi pagine, la grande arte saranno allora come uno specchio che si trasforma in una finestra, per uscire da sé e da casa migliori, più pronti ad affrontare lo scivoloso ma affascinante mondo delle relazioni umane, dove tutti abbiamo bisogno di imparare, ad ogni età. La più grande sciocchezza che si possa dire e sentire è l’abolizione di Otello perché sarebbe misogino e cattivo. Credo l’esatto contrario, e l’ho scritto nel libro. Andando a teatro o leggendo la tragedia di Shakespeare si riceve una grande occasione, se siamo uomini: si comprende a quale baratro possa giungere il vuoto, il nulla della mente e del cuore. Quando Otello si pente, dopo il femminicidio famoso, è tardi. Per lui, per Desdemona. Non per noi, che invece leggiamo come lui gettò via la perla più rara tra i suoi tesori… dite che i miei occhi, vinti dal dolore, non abituati a commuoversi tanto facilmente. Eccolo, il problema di troppi uomini, chiaro e lampante: non essere abituati a commuoversi facilmente. Cosa ci aspettiamo da maschi così? Però si può imparare a dare parole ai sentimenti, alle difficoltà, ai dubbi come alle emozioni.

 

  • Dalla Bibbia quale messaggio emerge per ripensare l’uomo, il padre, il prete, il marito oggi?

Gesù, nei Vangeli, emerge come un grande maestro di relazioni, con uomini e donne. Basti pensare a piccole ma fondamentali parabole. Come quel mercante, ovviamente uomo, che commerciava perle preziose e che è l’unico ad accorgersi del grande valore di un solo gioiello poggiato sul banco del mercato. Da dove gli viene quest’occhio, questo sguardo che sa cogliere la preziosità mentre tutti gli altri uomini mercanti corrono, distratti e agitati? È necessario immaginare ed educare ragazzi e uomini che non si imbarazzino a scendere nel profondo, dare nomi alle passioni, gestirle, comprenderle e indirizzarle. Senza bloccarsi inerti e accidiosi, ma conoscendo rispetto e limiti. A fermarsi, riflessivi e pensierosi, per scoprire la ricchezza della propria dotazione maschile, facendone una identità chiara, al servizio degli altri. Gli incontri di Gesù con gli uomini sono una fonte ricchissima per una spiritualità dove i maschi possano ritrovarsi. Basti pensare come non sia affatto negata l’atavica tendenza a primeggiare, a lottare per i primi posti. Solo che è tutto rovesciato: “Chi vuole essere il primo si faccia servo di tutti”. Oppure pensiamo a Giovanni Battista, uomo capace di riconoscere che nel fare un passo indietro ci può essere una opportunità, retrocedere un po’ qualche volta non è una disfatta: “Lui deve crescere, io invece diminuire” – dice il profeta. E questo è importante, ad esempio, per noi preti sempre ansiosi di essere in prima fila e far tutto un po’ da soli, invece di scoprire, valorizzare i talenti e i carismi dei laici, delegando non solo cori o sagrestie ma ruoli di primo rilievo come l’evangelizzazione, il commento della Parola, la direzione di tante opere.

 

  • Il titolo del suo libro, rivolgendosi al maschio del nostro tempo, è Pieno di Grazia. Quale grazia urge per l’uomo di oggi?

Nel libro provo a riflettere sulla breve parabola evangelica in cui uno spirito cattivo se ne prende altri sette e insieme vanno ad occupare la casa di uomo siccome la trovano “spazzata e adorna”. Spirito di impazienza, paure, sesso senza amore e altri. Una vita adorna e spazzata è vuota. “Grazia” è termine cristiano che rimanda alla forza dello spirito, cioè alla potenza. Però noi abbiamo svilito la parola, fra l’altro associandola più al femmineo. Gli uomini del nostro tempo possono e debbono scoprire che la proposta cristiana non li castra ma, anzi, fornisce loro l’unica vera via per realizzare la vocazione ad essere efficaci, affidabili e saldi. Papa Francesco disse: Preferisco una Chiesa accidentata, ferita, sporca per essere uscita… Ecco, dobbiamo ritrovare il coraggio di “sporcarci” di più. Adorno e spazzato non va bene, per l’umano. In questo senso, credo che grazia sia sostegno alla fedeltà, alla durata, alla creatività, alla vera libertà di scegliere responsabilmente di sposarsi, di diventare padre, prete, di assumere, con passione, ruoli di leadership nella chiesa non “anche” da laici, ma “soprattutto” perché laici. Pietro, nel Vangelo, passa da uno che non riesce a camminare sull’acqua ad uno che compie miracoli e guarisce la gente, impara a fare grandi discorsi. E ricordiamo che davanti a tanta “grazia” di vita, la gente rimane stupita perché lo sapevano “popolano e senza istruzione”, come leggiamo negli Atti degli Apostoli. Una bella carriera, e da sempre noi uomini teniamo alla carriera, a far bella figura davanti agli altri!

Una risposta a “I “maschi”: tra esagerazione ed evaporazione”

  1. ALBERTO GHIRO ha detto:

    Bellissimo post molto interessante e da condividere grazie
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