Cari amici e colleghi, mi è giunta qualche giorno fa la notizia ufficiale del mio collocamento in “quiescenza”, altrimenti detta “pensione”. Non immaginavo di terminare la mia carriera scolastica in un modo tanto anomalo e davvero insolito, avrei voluto salutarvi tutti e salutare i miei alunni “in presenza”. Pazienza! Rimandiamo! Nonostante la normale malinconia che può suscitare un momento del genere, sono contenta. La richiesta del pensionamento, come tutte le cose importanti della mia vita, in un certo senso, non l’ho decisa io. Tutte le svolte decisive che, mano a mano, ogni fase della vita mi ha proposto, non sono mai state esito di un progetto mio, me le sono trovate davanti come cartelli, segnali discreti lungo la strada, suggerimenti dello Spirito Santo innanzitutto, del mio cuore, dei miei amici e familiari, segni a cui aderire o meno. E l’adesione è stata sempre determinata da una corrispondenza avvertita con forza dal mio io più profondo.
Anche per quest’ultima svolta che riguarda il mio collocamento in pensione, non ho fatto altro che obbedire alla realtà, la realtà del mio corpo che reclama una cura maggiore per i diversi acciacchi di cui soffre, la realtà dei miei familiari, i miei diversi impegni nell’ambito del sociale e della condivisione del bisogno delle persone più disagiate; mi preme molto spendere le forze che mi rimangono nell’affrontare la “povertà educativa”, pertanto non si interrompe il mio lavoro educativo, cambia forma.
Non per ultimo ho avvertito come segnale un certo malessere nei confronti dell’idea di scuola che si è fatta strada negli ultimi anni, complice un sistema che richiede solo la performance e la riuscita e l’appiattimento della conoscenza sull’informazione. Quello che io sempre ho sentito come l’essenziale della scuola, il suo punto infuocato è un’altra cosa: svegliare l’io dei ragazzi attraverso il rapporto educativo. E questo pare sia diventato un pallino di pochi.
Nelle due scuole in cui sono stata, ma anche al di fuori di esse, dentro una rete più ampia di docenti combattenti, che non si tirano indietro rispetto al compito educativo, nonostante tutto, ho trovato sempre alleati nel vivere la bellezza dell’avventura educativa e di questo sono grata e confortata, così come ho trovato sempre un grande alleato nel cuore dei ragazzi.
Proprio dei ragazzi e del mio rapporto con loro, ho maturato nel corso degli anni una visione molto particolare. Delle migliaia che ho incontrato in 38 anni di insegnamento, sempre di ciascuno di loro mi sono detta: “Se mi è capitato tra i piedi, non è per caso, è Dio che me lo ha mandato”. Come Gelsomina, la straordinaria protagonista del film “La strada” di Fellini a cui il Matto ha affidato come una missione il prendersi cura di Zampanò, dicendole “Se non ci stai tu con lui chi ci sta?”, mi sono sentita investita di un compito speciale, far compagnia ai tanti “Zampanò” che la vita mi ha fatto incontrare .E questo per sperimentare tutta la mia inadeguatezza e farmi capire che solo il Mistero che fa tutte le cose può salvare la mia vita e quella dei ragazzi.
Tutti, proprio tutti, ho considerato doni di Dio e quindi parte di me in modo definitivo. E non importa se li ho trattati bene o male, se sono stata capace di comunicare le cose più importanti della vita, se sono stati segnati o meno dall’incontro con me, non importa se di qualcuno ho perso le tracce o con altri siamo in contatto ancora dopo 30 anni; la cosa che ora mi è chiara è che Dio mi ha usata come un conduttore della Sua Vita , della novità e della verità di cui tutti hanno bisogno, non si è fermato davanti a tutti i limiti, le resistenze, la durezza che io gli opponevo e non si è fermato davanti ai tanti miei fallimenti. Per dirla con un autore contemporaneo, Maurizio Maggiani “Di una cosa mi sarà chiesto conto, di quanta vita ho generato”.
Devo all’esperienza di fede incontrata nel movimento Comunione e Liberazione, la fecondità che ha caratterizzato tutti questi anni, assolutamente immeritata, ma dono gratuito. E sinceramente adesso la mia riflessione, i miei pensieri, non riguardano tanto l’essere stata una brava insegnante o meno, il mio unico cruccio semmai è avere o non avere accolto lo Sguardo amoroso di Dio che attraverso di me poteva riflettersi su quelli che avevo accanto. La valutazione vera spetta a Lui. Ringrazio tutti voi che avete supportato le mie fatiche, avete avuto pazienza nei miei confronti e vi chiedo perdono per le tante intemperanze.