Di certo l’elezione di un pontefice genera sempre un effetto “sorpresa”. Infatti pur trattandosi di una votazione, gli eletti – prima di esserlo – non presentano un programma e una narrazione convincente della propria leadership né tantomeno possiamo analizzare sondaggi o exit-poll per farci un’idea su quello che avverrà. Per via di ciò siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall’apparizione sul balcone di San Pietro di Leone XIV. La mia “sorpresa” è stata alimentata da alcuni fattori.
Intanto il papa in mondovisione ha rivelato la sua umanità attraverso una visibile emozione. Un tratto che il suo predecessore, Francesco, aveva manifestato in modo differente ma con la medesima intensità. Questa somiglianza nella diversità mostra sin dai primi tratti un esercizio del ministero petrino svolto da un uomo che è pari, in termini di fragilità e di possibilità, a tutti gli altri uomini.
Poi la scelta del nome. Tramite la storia ricordiamo che Leone I fu il pontefice che riuscì a fermare il capo degli Unni, Attila, mediante la forza persuasiva e trasformante della croce. Leone XIII, invece, fu il papa del neotomismo, dell’impegno dei cattolici nel sociale e in politica alla luce del nascente magistero sociale. Tuttavia la storia non può tracciare per filo e per segno le sorti del presente e del futuro. Così alcuni fattori potrebbero risultare conduttori di novità. Difatti per via della sua storia personale e religiosa, Leone XIV appare come il papa che proviene dalle Americhe più che dagli USA. Inoltre il fatto che sia stato nominato prima vescovo e poi cardinale da Francesco – il quale lo ha voluto Prefetto dell’assai rilevante Dicastero dei vescovi – non può che collocarlo fra i continuatori magari innovativi della sua linea. Proprio come Bergoglio, Prevost è un pastore con l’odore delle pecore e non un esponente di prima punta della diplomazia vaticana.
Dalle sue prime riflessioni da pontefice, infine, ho colto tre aspetti.
L’annuncio di una pace da vivere come dono di Dio e compito dell’uomo e perciò «disarmata e disarmante» rispetto alle tregue guerreggiate dei nostri giorni.
Il richiamo costante al camminare insieme come popolo che procede nel tempo attraverso la sinodalità espresso in questi termini: «vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la carità». In questa comunione-comunità ogni ministero, a partire da quello petrino, è un servizio – e non un dominio – rivolto ai fratelli e alle sorelle. In simile dinamica la pace, la ricerca della giustizia e la vicinanza ai sofferenti sono gli effetti concreti della carità vissuta e rivolta ad ogni persona al di là di ogni appartenenza o distinzione.
E ancora, nell’omelia pronunciata durante la celebrazione insieme ai cardinali, Leone XIV ha avanzato i tratti di una fede che “sostanzia la vita” ovvero genera una forma di “di più” capace di alimentare e far germogliare ogni dimensione dell’esistenza.
Il tempo, naturalmente, ci farà intendere meglio quelle che saranno le linee del magistero del papa venuto dalle Americhe. Nondimeno sin dalle prime riflessioni sull’effetto “sorpresa” abbiamo potuto notare la tensione missionaria e pertanto estroversa che – per il nuovo successore di Pietro – la Chiesa è chiamata ad assumere sempre di più all’interno del cambiamento d’epoca in atto.
Il Vangelo ‘incarnato’ nell’uomo riappacificato con se stesso e con gli altri.
La costruzione della Pace, questo intuisco possa caratterizzare il ministero di Leone XIV*. Ne vedremo le declinazioni.
Anche con le sue parole continuiamo le nostre conversioni, per un futuro ‘umanizzante’ che abbia ancora l’uomo immagine del dio vivente, al centro della vita.
Domenico Graziano
Ufficio dioecesano sviluppo integrale
Cassano All’Jonio (cs)
Disamina puntuale che descrive il delicato passaggio della Chiesa Cristiana che il Papa dovrà sovraintendere nell’era della intelligenza artificiale.
Come il suo successore che riuscì a fermare Attila, spero che fermi questa atrocità in Palestina e in Ucraina.