Ecco perchè non lascio la scuola

Ecco perchè non lascio la scuola
27 Maggio 2016

Di motivi per andarmene ce ne sarebbero milioni.

Ultima ora di lezione in una quinta. “Prof. Lei aveva promesso che saremmo andati fuori a salutarci oggi, ma noi abbiamo la verifica di italiano e dobbiamo studiare”. “Ok, ragazzi, per me va bene. Potete ripassare italiano e poi comunque ci salutiamo qui”. “No, però noi vorremmo andare fuori! Facciamo che ci portiamo i libri di italiano e ripassiamo fuori?” “Ma ci riuscite poi?” “Sì si, non si preoccupi”. Così usciamo nel giardino, uno spazio molto ampio, verde, alberato, quasi un piccolo parco che circonda la mia scuola. Che nessuno o quasi, durante l’anno, utilizza mai in senso didattico. Ci sistemiamo al sole e loro iniziano a ripassare. “Ma la sineddoche la chiede?” “Boh. L’altra volta l’ha chiesta!” “Uffa, ma che palle. Io non mi ricordo mai la differenza tra sineddoche e anafora”

Li guardo e mi chiedo: quante volte gli capiterà nella loro vita di utilizzare in modo significativo queste conoscenze? E soprattutto come fanno ad innamorarsi di questa conoscenza se non ne capiscono il senso per la loro vita? E penso che in una scuola così ci sai qualcosa che non va. Poi, mentre loro continuano a ripassare, apro il registro elettronico sul mio cell e trovo una circolare. Ci invita a leggere e prendere nota della circolare ministeriale uscita qualche tempo prima, sulla responsabilità dei docenti a riguardo delle condizioni degli autobus e dei loro conducenti durante le gite scolastiche. E mi dico: un tempismo stratosferico. Delle gite se ne riparlerà fra 8 mesi, perché me lo ricordi proprio ora?

Ma soprattutto resto basito dal contenuto della circolare. Il docente sarà tenuto a verificare lo stato di salute mentale del guidatore, e se ha assunto sostanze nelle ore precedenti; dovrà verificare lo stato dei pneumatici del mezzo, le condizioni dei freni e del motore! Il docente!! E mi viene da pensare alla mente di chi ha partorito una circolare del genere, e alla sua ineffabile capacità di pensiero laterale, talmente laterale da essere fuori dal mondo!!

D’improvviso vengo risucchiato al presente dalla domanda di una mia studentessa: “Prof. Ma il Serchio dov’è?” “Scusa? Non capisco perché me lo chiedi.” Per Marinetti, i quattro fiumi della sua vita”. “Ah, il Serchio. In toscana. Ma la prof. Non ve l’ha spiegato?” “No e nemmeno l’altro, lì, l’Isonzo, quella della guerra”. Una compagna: “Quello è in Austria”. “Veramente è a al confine tra Italia ed Austria”, aggiungo io. E anche qui mi chiedo: ci si preoccupa di fargli sapere cosa è la sineddoche e nessuno gli ha spiegato, in cinque anni di superiori un minimo di geografia. Non che anche sapere dov’è il Serchio sia così significativo per la loro vita, ma almeno potrebbe essere un po’ più utile.

E visto che la loro voglia di ripassare Italiano è ben presto scemata, trovo il tempo per salutarli. “Bene, ragazzi, questa è l’ultima volta che ci vediamo”. “Nooooo, prof. Ci dispiace!!” “Anche a me, sono sincero, sono stato molto bene con voi. L’augurio che vi voglio fare è che fra qualche anno, quando ci rivedremo (perché tanto in giro ci si becca di sicuro!) è che possiate essere un po’ più felici di oggi”. Il grazie è generale, ma si scorgono le voci di alcune ragazze: “A me basterebbe essere anche solo un po’ più felice di mia madre!” “Oddio, più felice! Non lo so prof. Già pensare che la scuola finisce mi mette più ansia che felicità”. Oppure: “No, prof. Non spariamo troppo in alto. A me basterebbe trovare un lavorino”. Dove a farmi figura sono le parole “basterebbe” ed “ansia”. A diciannove anni! Possibile?

Poi mentre ci alziamo per rientrare in aula Giulia mi raggiunge davanti al gruppo. “Prof. Io la devo ringraziare. Davvero. Io non gliel’ho mai detto, ma lei mi ha fatto conoscere una persona molto importante per me”. “Ah, grazie Giulia, mi fa piacere e chi sarebbe?” “Si ricorda in seconda quando ci portò a conoscere le suorine davanti alla mia scuola media?”. “Ah, sì, certo! Le domenicane di clausura.” “Ecco, se la ricorda suor Mabel? Quella giovane, messicana, che ci raccontò la sua storia?” “Sì, certo! Gran bel tipo”. “Ecco, io è da allora che ogni tanto vado lì e faccio due chiacchiere con lei. Mi piace un sacco e mi fa bene”. “Stai pensando di farti suora?” “Ma no, prof.!!” E sorride. “E’ che Mabel è una che non si è accontentata. E cerca sempre il modo per essere felice sul serio. E si vede che lo è. A me è una roba che mi sta qui!”, mentre si da due colpetti di indici sullo sterno. “E io ho imparato un sacco da Mabel e da lei, che non è vero che nella vita ci si deve accontentare”.

Mi sono venuti i goccioloni, ma mi sembrava davvero troppo e mi sono trattenuto. E le ho detto: “credo che nessuno di voi abbia davvero voglia di accontentarsi, ma non tutti trovano chi glielo sa far vedere. Mi fa molto piacere che Mabel possa aiutarti a vedere quanta bellezza hai dentro di te”. Ecco perché non lascio la scuola.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)