Sono seduto a messa ed ascolto l’omelia. Il sacerdote sta elencando aneddoti, frasi celebri, consigli, inviti ad affidarsi al Signore e qualche sparuta citazione del Vangelo. Le letture sono state complesse, profetiche; parlavano del Regno di Dio e della sua venuta. Erano profonde e significative, ma anche facilmente attualizzabili. Mi ha colpito la ricorrenza della parola giustizia, accanto all’invito a preparare le vie del Signore. Parola che tuttavia non è presente nell’omelia che sto ascoltando, che continua ad invitare a “preparare le Sue vie”, senza tuttavia spiegare come.
Del resto mi capita spesso di ascoltare omelie poco o per nulla argomentate, in cui i riferimenti alle Scritture sono parziali o approssimativi, soprattutto quando si tratta di commentare la prima o la seconda lettura. Il Vangelo viene citato più frequentemente, se siamo fortunati è proprio quello del giorno! Non mi riferisco a quei preti che non sono buoni oratori, non ne faccio una questione di discorsi noiosi, ma di discorsi poco significativi. Insomma è un po’ come se il sacerdote seguisse la sua messa personale, a prescindere dal contesto, a prescindere dalle indicazioni della Chiesa universale.
L’assemblea, dal canto suo, non è da meno. Mentre la celebrazione continua mi guardo intorno e vedo un uomo, che osservo da diverse domeniche: entra in chiesa circa a metà della messa, si inginocchia davanti l’immagine della Madonna mentre si leggono le ultime parti del Vangelo, resta inginocchiato per una quindicina di minuti (spalle all’altare), poi, poco prima della Comunione, si alza, si colloca ad un posto e prende parte alla messa: ancora una volta è la sua messa, privata e personale.
Mi chiedo se la stessa cosa non valga per tutti: in fondo ciascuno di noi è lì per la propria messa individuale, che tiene o non tiene conto di quella degli altri.
La tendenza alla personalizzazione estrema, una dimensione che si spinge molto oltre l’individualismo, è già in atto da molti anni, ma in questo tempo sta diventando sempre più marcata (ne ho già parlato qui). Anche il presidente Mattarella ha sottolineato il carattere particolare di un momento storico, che può essere ponte verso una società più solidale o esaurirsi restituendoci disuguaglianze più profonde di prima. Dipende dalle scelte che faremo nell’immediato futuro.
Allora, mi domando: qual è la risposta a tutto ciò delle nostre comunità? Oltre a maledire i social e a piangere sulla pandemia, stiamo “reagendo” in questo presente? E con quali strumenti, se non abbiamo “agito” nel passato, quando era tempo di preparare il terreno?
Si avvicina il tempo in cui la messe germoglia, le nostre parrocchie o i sacerdoti che sono posti a guida di esse non possono farsi trovare impreparati (e quindi è urgente che curino la propria competenza su come si anima una comunità). Se vogliamo avere speranza di ricostruire un tessuto comunitario occorre dare ascolto alle realtà del territorio e porsi in confronto reale e vivo con la Parola, che non solo indica i sentieri, ma dà istruzioni anche su come tracciarli. Le chiese vuote la domenica non sono il problema, ma sono una conseguenza di ciò che avviene (o non avviene) durante tutta la settimana. Se le parrocchie non riescono ad essere luogo in cui attivare processi di cambiamento (sociale ed educativo innanzitutto) non saranno neanche più viste come punto di riferimento né come luogo di aggregazione.
Se da questo Avvento esistenziale vogliamo uscire migliori dobbiamo aver cura dei semi che riposano sotto terra. Se non abbiamo seminato quando era il tempo, ne usciremo così come ne siamo entrati, e saremo peggiori.
Parlavo proprio ieri con alcune persone della situazione delle parrocchie . La persona che interloquiva con me è una catechista dei giovani …Quasi piangeva parlandomi della situazione delle parrocchie ( Unità pastorali…). Parroco e altri preti presenti nelle varie parrocchie che non accettano il minimo confronto , addirittura uno non ” vuole” che le donne entrino in sacrestia …. Io , che non frequento da tempo una parrocchia , mi sono chiesta se lo svuotamento delle chiese non sia un segno che lo Spirito invia per farci capire che così come sono strutturate le parrocchie devono sparire . Per fare posto a chi e che cosa ? Questo non saprei . Di una cosa sono convinta : così come sono nè le parrocchie , nè le unità pastorali non funzionano ! Scegliere i semi da piantare per il futuro ( non troppo lontano ) spetta a tutti i credenti, ma soprattutto a coloro che sono ( e si credono ! ) gli inviati dal Signore . Buon cammino …..!
Se sia un segno dello Spirito non saprei… Di certo è un segno dei tempi di cui dobbiamo tenere conto per costruire un futuro
A personale parere, il problema è se sono stati sparsi i semi, se si, dove è su quale terreno sono caduti perché anche nella parabola si ipotizza cadano in terreno diverso e questo lo si vede dai frutti. Le chiese sono semivuote, il coronavirus ha colpa? O non è anche il Vangelo a essere Parola non più ascoltata, se seminata non ha trovato il terreno a farla germogliare; colpa di una libertà che ha scelto semi diversi da piantare creati dall’ intelligenza dell’uomo, dal suo intendimento del Bene, ed ecco il raccolto è deludente. Sua Altezza il Re di Svezia, di fronte alle tante morti ritiene fallimentare la strategia adottata, stesso risultato dalle diverse in altri Paesi; e il virus che è stato sottovalutato? E ‘ la Parola che non è creduta? E’ l’uomo che non sa fare un uso saggio della sua libertà? E si crede ormai di avere il Potere sul bene e sul male? Solo Suo il regno sulla terra.,ma sembra non si accorgersi che intorno a lui c’è vita che muore.