Quei miracoli al posto della carne

Più volte mi sono imbattuto in ragazzi che sono molto più disponibili a credere ai libri di Brosio su Medjugorje, che non alla resurrezione di Gesù
17 Maggio 2017

Ancora in questi giorni di interrogazioni, non manca occasione per ritrovare coi ragazzi il tema del valore dei miracoli in rapporto alla fede cristiana. Le discussioni di questi giorni sulle affermazioni a braccio del papa su Medjugorje, me lo ha fatto riemergere. E la cosa che mi continua a colpire è come per i miei studenti sia molto più facile credere alla possibilità dei miracoli che non alla storicità dei dati.

“Chi l’ha poi detto che Gesù è esistito? Potrebbe essere che ci hanno raccontato una balla gigantesca”. “No, Aurora, non posso accettare la tua risposta. Sull’esistenza di Gesù ci sono i dati storici. Perciò te lo devo contare errore”. Mi stava accusando di essere stato ingiusto nella valutazione di una domanda di una verifica, perché, secondo lei, è opinabile la storicità di Gesù. Ma nella stessa verifica, in una risposta ad un’altra domanda, ancora Aurora scrive: “Certo che io ci credo (l’esistenza e la provvidenza degli angeli come messaggeri di Dio). Ci sono le prove. Tanti hanno avuto visioni e esperienze strane, inspiegabili in modo diverso. Perciò è vero”.

E non è l’unica. Più volte mi sono imbattuto in ragazzi che sono molto più disponibili a credere ai libri di Brosio su Medjugorje, che non alla resurrezione di Gesù. O alle presenze demoniache, date per assolutamente certe, piuttosto che alla derivazione storica della Chiesa da Cristo.

Non mi interessa entrare nel merito della veridicità o meno delle affermazioni. Mi colpisce invece come questa generazione giovanile trovi una differenza sostanziale tra la credibilità dei dati storici e quelli soprannaturali. E, ovviamente, il mio demone non perde occasione per suscitarmi la domanda: perché accade questo oggi? Sicuramente tra i mie studenti, ma anche nel mondo degli adulti. È innegabile infatti che anche moltissimi adulti, oggi, siano presi da questa strana disponibilità a credere più al soprannaturale che si rende percepibile in esperienze fuori dai normali limiti delle leggi fisiche, che al dato storico che si presenta come luogo di “presenza” del soprannaturale dentro a questi stessi limiti.

A me sembra che una possibile traccia di risposta venga dalla condizione di frammentazione interna che l’uomo post-moderno vive. Testa, cuore e corpo vivono da separati in casa spesso, senza poter comunicare e potersi fidare l’uno dell’altro. Nei miei studenti questo è chiarissimo. E se lo applico alla questione del valore dei miracoli ne ricavo che oggi le normali esperienze sensoriali, entro i limiti delle leggi fisiche, non possono essere prese più come base per poter percepire il soprannaturale. Il corpo non veicola più trascendenza all’interno dei limiti umani, perché il cuore non crede più che dentro ad essi la presenza di Dio sia possibile. La Sua presenza è possibile solo fuori da questi limiti, sovvertendoli, e permettendo un’esperienza che però resta sempre nell’ambito del non verificabile oggettivamente e perciò non condivisibile socialmente, fondando così una percezione di Dio che tende ad essere puramente soggettiva.

È interessante allora che siano proprio gli apologeti più strenui, sostenitori della verificabilità oggettiva del valore del cristianesimo, ad investire moltissime energie nel sostenere la verità di queste esperienze miracolistiche, perché manca a loro la possibilità di dare corpo, consistenza, alla fede, stando dentro ai limiti naturali dell’uomo. Visto così, questa forma di cristianesimo, che ha bisogno del miracolo per fondare la propria adesione a Cristo, manca di incarnazione sufficiente. Dio è percepibile solo in una esperienza limite e non nei limiti di ogni esperienza.

Ma nel vangelo, la funzione dei miracoli è quella di rimandare sempre alla vivibilità di Dio all’interno dei limiti umani, non di estraniare l’uomo da essi. “Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua” (Mc 2,9-11). Sulla terra. Cioè dentro ai limiti umani. È più potente la presenza di Dio a Medjugorje o la possibilità di dare accoglienza ai profughi in nome di Cristo? Se seguo il vangelo Medjugorje serve a confermare che Dio è presente proprio nei cristiani che si prendono cura dei profughi.

Ma che cristianesimo pensiamo di perseguire mantenendo questa frattura tra esperienza spirituale extrasensoriale e vita concreta di tutti i giorni? È innegabile che il cristianesimo abbia bisogno di corpo, di materia per esistere. Ma non credo che facciamo un buon servizio a Cristo sostituendo la carne reale ed effettiva nostra e degli altri con una corporeità virtualizzata in esperienze spirituali extrasensoriali. Dio sicuramente si rivela anche li, ma lo fa perché noi rientriamo nel nostro quotidiano e lì ritroviamo la rivelazione di Dio nei limiti naturali del nostro corpo.

 

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