L’altro volto della redenzione

L'altro volto della redenzione
3 Agosto 2018

Le due teorie della redenzione, quella “espiatoria” e quella “economica”, non sono le uniche “categorie” rendentive presenti nella bibbia. Giovanni e Luca, ad esempio, non le utilizzano come teorie privilegiate di riferimento, pur conoscendole. E’ perciò legittimo ammettere altre letture possibili.

Sulla scia di Giovanni, provo a esplicitarne una terza. La nuova alleanza tra Dio e l’uomo, che Cristo annuncia e realizza, in realtà non è un’alleanza nel vecchio senso del termine. E’ un atto unilaterale di Dio, che, a prescindere da ciò che l’uomo fa o non fa, decide di amare tutti. In essa Dio semplicemente continua ad essere ciò che da sempre è: amore incondizionato.

Il peccato non ha modificato i piani di Dio, non lo ha obbligato alla misericordia momentanea per salvarci, restando però essenzialmente un dio giudice economo, o che patteggia col demonio. E’ invece proprio questa immagine ad essere modificata da Cristo: Dio non si lascia comperare da niente e da nessuno, non si lascia rabbonire da nessun sacrificio, e nemmeno deve patteggiare col demonio. Perché Dio ha già deciso, in anticipo, di essere per l’uomo solo ed esclusivamente amore gratuito. Perciò la redenzione viene operata solo e tutta per amore, senza altri criteri diversi. Per Giovanni, di fronte al peccatore, il Dio di Gesù Cristo viene glorificato proprio quando sconvolge gli equilibri nel triangolo teologico Dio – peccato – uomo, facendo una cosa assolutamente impensabile: assumere il male su di sé, caricarselo, lasciandosi uccidere.

E lo fa per poter continuare ad amare quel residuo di bene che nel male si nasconde. Dio vuole recuperare il bene in tutte le sue forme, tutto il bene, anche quello pervertito dal male. “Ricapitolare tutte le cose in Cristo” (Ef 1,10) vuol dire anche questo. Ed è il progetto originario di Dio, da sempre. Riattaccare ogni cosa che esiste, quindi anche il bene corrotto dentro al male, al bene assoluto, a Cristo, in modo che anche il bene impazzito nel male, recuperi la sua vera natura e il suo senso. E’ la conseguenza del criterio che i padri della Chiesa avevano individuato per l’incarnazione: non è redento ciò che non è assunto. Se il bene corrotto dentro al male non è assunto non può essere redento. 

Per fare questo, Dio sceglie di lasciare che si avverino su sé stesso, le estreme conseguenze della dinamica impazzita dell’amore perverso, fino a lasciarsi uccidere dal male. E’ come se Egli dicesse al male e al peccatore: lascio che tu provi ad “afferrami” quanto desideri nella tua follia delirante di avermi con le tue sole forze, “rubami” pure quanto vuoi, fino anche a farmi morire realmente. Ma io ti mostrerò che non riuscirai ad ottenermi, fosse anche annientandomi, perché anche dopo che tu mi avrai ucciso, io resterò ancora vivo per te, oltre te. In questa logica, Gesù Cristo deve morire, ma non per pagare un prezzo o espiare una colpa, di fronte al padre o al demonio, bensì per essere coerente fino in fondo con logica dell’amore divino, che ha scelto solamente di donare sé stesso, in ogni caso, per ricapitolare in sé anche il bene impazzito del male. 

Forse non è un caso se in nessuno dei quattro testi in cui, nella bibbia, viene riportata l’istituzione dell’eucarestia, i sinottici e Paolo, compare né la parola sacrificio, né la parola espiazione, né la parola riscatto. In relazione al sangue di Cristo, compare la parola nuova alleanza, ben diversa dalla prima, perché Dio si offre all’uomo unilateralmente. A dire che, in questi testi, l’offerta di Cristo fino al sangue è letta solo come amore che si dona, niente più. E il cerchio lo chiude Giovanni, che non ha l’istituzione dell’eucarestia, ma in cui l’offerta del corpo di Cristo è connessa alla resurrezione (Gv 6), non al riscatto, all’espiazione o al sacrificio.

Quindi, in questa logica, il centro della redenzione non è né la sofferenza in sé, né l’effusione del sangue in sé, ma la pasqua intera, cioè la resurrezione come risposta del Padre alla morte che Cristo si è lasciato infliggere per amore. Dio vince il male nella resurrezione, non nell’essere appagato dalla sofferenza o comperato dal sangue, o per aver pagato il demonio col sangue di Cristo. Nell’assunzione del male, Gesù sta dalla parte del Padre, entrambi a favore degli uomini, contro il male, non dalla parte degli uomini per “appagare” o “comperare” il Padre o il demonio. La trinità è tutta unita a favore dell’uomo, contro il male.

E’ la resurrezione, non la morte, che invalida l’estrema conseguenza della follia dell’amore perverso, la morte appunto, come effetto ultimo del peccato. Essa non viene tolta, ma viene svuotata di senso. L’effetto sull’uomo è di poter percepire che, anche se il desiderio peccaminoso di avere Dio con le proprie sole forze non è appagabile, Dio continua ad essere un dono gratuito che mi raggiunge anche dentro il mio peccato, perché Dio è infinitamente trascendente rispetto all’uomo, e per questo continua ad offrirsi infinitamente.

Proprio questa dif-ferenza, questo spostamento che avverto rispetto alle mie aspettative, mi rimette nella possibilità di tornare a guardare Dio come dono, come regalo non dominabile e non producibile da me stesso, ma vivibile se accolto gratuitamente. La parte che l’uomo è chiamato a svolgere nella sua redenzione, perciò, è innanzitutto quella di accogliere gratuitamente e di nuovo l’amore di Dio. Tutto lo sforzo spirituale e ascetico che Dio chiede è volto a questo obiettivo: fare spazio all’amore di Dio, (e non è poco!) per accoglierlo affinché mi invada e prenda di nuovo possesso di me. Ma se l’uomo lo accetta, a quel punto la sua libertà potrà e dovrà cooperare con l’amore di Dio per produrre azioni e scelte coerenti con quell’amore. Ecco il senso delle nostre buone azioni. Esse sono la traduzione dell’aver accettato la redenzione, e del nostro impegno a restare fedeli a questo amore. Non sono lo strumento attraverso cui io posso “guadagnarmi” la redenzione facendo il “bravo”, perché il dono di Dio è gratis, non può essere né comperato, né indotto o prodotto.

Qui Dio ha il volto dell’innamorato pazzo, che è disposto anche alla follia di lasciarsi uccidere, pur di mostrare all’uomo il suo amore. La trinità è costituita dall’amore che si offre, perciò è da questo amore che discendono tutte le azioni di Dio. E qui si mostra come giustizia e misericordia, in Lui, siano la stessa cosa, non due dinamiche di relazione diverse e antitetiche, che in Dio coabitano, non si sa come. La giustizia di Dio non è retributiva, ma misericordiosa, e la misericordia di Dio ristabilisce sempre la giustizia. E’ giustizia che l’uomo sia perdonato gratis, e chi è perdonato gratis tende a ristabilire la giustizia, perdonando gratuitamente a sua volta. Perché la giustizia di Dio è “Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. La giustizia di Dio è: “amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”. La giustizia di Dio è; “non giudicate, e non sarete giudicati”.

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