200 anni… e non sentirli

La fede nasce nel rapporto con Cristo, e il rapporto col mondo è la condizione imprescindibile per l'esistenza del senso della fede. E ciò fa si che la lettura teologica della fede cambi col cambiare della cultura in cui la fede si radica.
13 Gennaio 2020

8 agosto 2012. Milano. Georg Sporschill e Federica Radice Fossati Confalonieri intervistano il Card. Martini. E’ agli sgoccioli, ma lucido. E forse anche finalmente libero di poter dichiarare (sarà l’ultima volta), con grande sincerità, il suo amore per la Chiesa. Di quella intervista restano scolpite nella memoria, sia di chi lo amava, sia di chi lo temeva, sia di chi non ne era attratto, alcune parole che pochi giorni fa papa Francesco ha ripreso alla lettera, a conclusione del suo discorso alla curia romana, nel tradizionale incontro per gli auguri natalizi.

“La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni”. Sembravano dimenticate e sepolte, ma dopo la “riesumazione” da parte di Francesco hanno ricominciato a produrre effetti. George Weigel, esponente di spicco del cattolicesimo americano pro life e pro pena di morte ne ha tratto motivo per esprimere la sua totale contrarietà ad una chiesa che dovrebbe “assimilarsi” al laicismo imperante della post – modernità. Sono assolutamente d’accordo con lui. E credo che lo sarebbe stato anche Martini. Nella stessa intervista, il cardinale richiamava la Chiesa a convertirsi alla Parola di Dio e ai sacramenti, a riconoscere che la fede è dono di Dio e non produzione culturale – pastorale dell’uomo, a ritrovare generosità come il buon samaritano, fede come il centurione romano, entusiasmo come Giovanni Battista, ad osare il nuovo come Paolo, ad essere fedeli come Maria di Magdala.

Sono assolutamente certo che Weigel sarebbe d’accordissimo con queste richieste di Martini. E allora perché tanta “difesa”, tanta levata di scudi, non solo di Weigel, contro queste parole riprese da Francesco? Weigel tenta di appoggiare il suo ragionamento su un dato per lui sufficiente a invalidare la lettura di una Chiesa “indietro di 200 anni”. Dice: “dalla morte del cardinale Martini, sette anni fa, alcuni fatti empirici sono diventati inconfondibili: le Chiese locali che si sono sforzate di mettersi alla pari con la “storia” e i “tempi” stanno crollando”.

Ora, a me non risulta che prima di Martini, prima di Francesco, le Chiese locali fossero piene e in salute. La crisi della Chiesa è iniziata ben prima, e coloro che, dallo stesso versante ecclesiale e teologico di Weigel, sono poco più rigorosi nell’esame dei dati di realtà lo affermano decisamente. Ma quando è iniziata?

Ci sono almeno tre linee di pensiero attorno a questa domanda. La prima vedrebbe l’origine della crisi nella “virata”, (casuale? voluta? programmata?) progressivamente sempre più anticonciliare, che nell’ultima parte del magistero di GPII, e poi in quello di BXVI, si sarebbe compiuta, ai danni dei nascenti effetti positivi del Vat. II. La seconda fa risalire l’origine della crisi un po’ prima, alla diatriba immediatamente post-conciliare, sull’interpretazione del Vat. II: rottura o continuità con la tradizione? La frattura tra queste due linee sarebbe responsabile del mancato risultato positivo che ci si attendeva dal Concilio. La terza invece risale al Concilio stesso, ritenuto responsabile, secondo alcuni, di scelte pastorali e teologiche che avrebbero tradito il solco principale della tradizione cattolica.

La cosa che accomuna tutte queste possibili risposte è di ipotizzare che la crisi della Chiesa è il frutto solo di un processo interno alla Chiesa stessa. Le cause sarebbero endogene, nella infedeltà alla “vera teologia” intervenuta in massa all’interno della Chiesa, pur se in momenti diversi, in direzioni diverse e per cause diverse. In sostanza la Chiesa sarebbe in crisi perché ha tradito. Chi san Pio X, chi l’interpretazione autentica del concilio, chi lo spirito del concilio, pur continuando a citarlo.

Ora è evidente che la Chiesa non vive su un altro pianeta. E chi un poco conosce, in modo intellettualmente onesto, la storia della Chiesa, sa che le sue svolte, i suoi cambiamenti, le sue crisi e le sue riprese, sono sempre avvenute nell’impatto con le trasformazioni della cultura e della società in cui essa viveva e vive. Anche quando la Chiesa poteva avere l’impressione di essere la protagonista della storia cultura e sociale di un epoca, in realtà essa era profondamente intrisa e contaminata da ciò che Chiesa non era. Ed è naturale che sia stato così e lo sia tuttora: la fede non è un insieme di idee stabilizzate una volta per tutte, da conservare il più gelosamente possibile dall’impatto con mondo. La fede è la relazione personale con Cristo, e come tale, da quando Cristo è venuto nel mondo, non esiste fede fuori da una relazione col mondo.

Perciò, quando ipotizziamo che la relazione col mondo sia un pericolo per la fede, stiamo già andando fuori dalla fede, verso l’ideologia che riduce Cristo ad un insieme di idee immodificabili, identificando la fede con la lettura teologica che noi diamo di essa. La fede nasce nel rapporto con Cristo, e il rapporto col mondo è la condizione imprescindibile per l’esistenza del senso della fede. E ciò fa si che la lettura teologica della fede cambi col cambiare della cultura in cui la fede si radica. Se non fosse così perché il magistero, nel corso della storia ha cambiato posizione molte volte, anche su questioni basilari per la teologia e l’etica? Il nucleo della fede, la relazione con Cristo morto e risorto, resta sempre quello, ma questo nucleo non può essere vissuto senza una suo “traduzione” storica che, come tale, è sempre declinata rispetto ai caratteri dell’epoca in cui i cristiani vivono.

Perciò tutte e tre le possibili risposte a quando è iniziata la crisi della Chiesa soffrono di un peccato originale, quello di accusare sempre la Chiesa stessa, creando così un pregiudizio che non consente di leggere in modo libero le dinamiche culturali e sociali che avvengono nell’epoca in cui viviamo. “200 anni” di ritardo… e non sentirli, purtroppo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)