In forza di questa esigenza, perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione. (“Misericordia et misera” n. 12)
Cito subito il punto tanto discusso, emerso dall’ultima lettera apostolica di Papa Francesco, dove viene estesa a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere il “grave” peccato d’aborto , come il papa stesso lo definisce nel documento.
Le parole di Francesco sono state a tal punto travisate che lo stesso Mons. Fisichella ha sentito il bisogno di precisare: “Voglio dire una cosa nei confronti dei giornalisti: due giorni fa in sala stampa ne ho sentite di tutti i colori… c’è la volontà di qualcuno di voler denigrare e trovare quello che non c’è. Il papa ha detto chiaramente e lo ha scritto: il peccato di aborto è uno dei peccati più gravi che esistano , perché si pone fine a una vita innocente…” . I media invece, per quello che ho sentito, hanno parlato un po’ di tutto… di aborto, di cliniche abortiste in Italia, di numeri statistici su aborti effettuati… , con l’effetto subdolo di esaltare quasi questa pratica e di affermare che adesso la Chiesa ne riduce la gravità grazie ad una misericordia continua ed estesa.
Questo, nella maggior parte dei casi, è passato purtroppo tramite telegiornali e pagine di quotidiani tanto che alcuni, non solo teologi, ma soprattutto cristiani semplici della porta accanto, hanno pensato che il papa avesse voluto con questa misericordia a oltranza alleggerire il peso della gravità morale di tale peccato.
Personalmente, sentendo la decisione in merito di Papa Francesco, ho immediatamente ricollegato queste parole ad altre recentissime che ha pronunciato in un’intervista rilasciata a TV200 e INBLU Radio per la chiusura del Giubileo della Misericordia (quella stessa per intenderci dove afferma anche di “dormire per sei ore ogni notte come un pezzo di legno”…). Parlando proprio di aborto, e della gravità di questo gesto, il papa quasi si commuove citando la sua visita in un reparto di neonatologia dove aveva incontrato una mamma che, partoriti tre gemellini, ed essendone sopravvissuti solo due, continuava a piangere per aver perso il terzo senza riuscire a consolarsi per avere pure comunque gli altri due: non potevano infatti sostituire quello perso! E ha aggiunto nell’intervista con la voce rotta: “… il dono della Vita!”.
Ecco, modestamente, sono convinta che il Papa abbia avuto una grande intuizione nell’accostare due situazioni apparentemente così diverse tra loro (la non colpevole sofferenza di una mamma di prematuri e la “colpevole” perdita di una mamma che ha voluto per scelta abortire). Forse anche avendo fatto l’esperienza di aver avuto un figlio prematuro si può, a mio avviso, comprendere cosa leghi queste due situazioni entrambe bisognose della misericordia infinita di Dio Padre… Entrambi sono luoghi di uno “spazio bianco”! Questa citazione è infatti il titolo di un film molto bello di Francesca Comencini uscito qualche anno fa, dove Margherita Buy interpreta la madre di una bimba nata estremamente prematura.
Il film narra i tre mesi di attesa vicino ad un’ incubatrice e si snoda delicatamente a descrivere le fasi di vita del cuore ( e della vita concreta) di questa mamma stranita che abita appunto una sorta di sospensione definita come “spazio bianco” (dell’ospedale, del limbo della sua attesa…), nella speranza che la sua bambina ce la faccia a crescere e sopravvivere. Maria, questo il nome della protagonista, a un certo punto punzecchiata telefonicamente da un amico che vorrebbe farla reagire e uscire da questa apnea auto-provocata, dirà delle parole che, a mio avviso, Papa Francesco ha compreso molto bene nell’intimo. Alla domanda: “Ma che fai in ospedale sempre vicino a lei?” Maria risponderà: “Aspetto che viva, o aspetto che muoia… “.
Ed è proprio così, perché quel che accade di fronte all”avvenuta perdita di un figlio o alla sua imminenza è sempre uguale per ogni donna, sia che sia stato un fatto involontario oppure provocato dalla propria volontà di “sbarazzarsene”. Provo a immaginare che, qualunque sia stata la motivazione che possa portare una donna a compiere un gesto così grave come quello di interrompere la propria gravidanza, quanto segue poi sia in ogni caso una sorta di spazio bianco, dove dapprima rimane tramortito e frustrato proprio il corpo di una “mamma” in attesa, capace di portare scritto in maniera incancellabile il bisogno-desiderio che quel bambino nascesse e venisse guardato, riconosciuto e coccolato dopo il primo vagito. Non ho certo la presunzione di scandagliare le mille risposte che ogni donna può darsi in merito, ho solo l’esperienza di varie conoscenti e amiche, anche le più atee, che in molti casi ancora a distanza di anni, parlando di un loro aborto cercato mi dicono magari “questa cosa la sai solo tu, a te solo l’ho detta…” e piangono nuovamente dicendo a occhi bassi “non ci posso pensare a quello che ho fatto… se oggi ci fosse il mio bambino… vorrei tornare indietro, ma…”.
Ecco che torna profetica la risposta della nostra protagonista del film della Comencini: probabilmente anche in un pentimento “laico”, come quello delle mie amiche, si aspetta per anni che il figlio viva o che il figlio muoia, o meglio lo si fa rivivere dentro in uno struggimento di rimpianto e senso di colpa, perché è stato profondamente frustrato il bisogno di una mamma di conoscere, abbracciare e vedere il bambino che portava in grembo… E questo a prescindere dal fatto che quella mamma allora, in preda a una qualche sua sorta di giustificazione razionale, abbia deciso volontariamente di sopprimere quella vita dentro di sé. Il Papa, con un vera intuizione dello Spirito, ha capito questo: una donna, che ha fatto un cammino di fede tale da dare un nome nuovo a quella mancanza atroce iscritta nel suo corpo, prima ancora che nella sua mente e nel suo cuore, è pronta a capire che quello è stato un gesto terribile contro un figlio che Dio aveva affidato alle sue cure, e allora è tempo per lei di incontrare davvero la Misericordia di Dio nel Sacramento della Riconciliazione, secondo la modalità più semplice e accessibile.
E’ qui che Francesco ha deciso di percorrere dei passi solleciti all’interno di quello spazio bianco, spesso rimosso o mal gestito nel cuore femminile, ma sempre tanto assurdo e alienato, per rialzare ogni donna che abbia capito la gravità del gesto compiuto, per soccorrere appunto la “misera” con tutta la “Misericordia” possibile. E ancora Francesco vuole che tanta accoglienza ci sia subito per quella donna che, col cuore piagato, entra nel primo confessionale che trova per chiedere perdono del suo gesto… Il Papa vuole teneramente ridare colore a quello spazio bianco, come la Misericordia immensa del Padre impone sempre a oltranza: vuole inondare la vita di quella donna certo prima del viola del pentimento, ma subito anche del rosso del Suo amore infinito di Padre e dei tanti colori vivaci impensabili che avrà una nuova vita perdonata dal momento che si potrà risentire quel dolore, sempre presente, ma ormai consegnato e fasciato da quel Dio che si piega su ogni Sua creatura.
Auguriamoci davvero che ogni uomo abbia la forza di attraversare il proprio diverso “spazio bianco”, senza che in molti ci si scandalizzi ancora se la Misericordia di Dio è infinita.