Pensare e cercare incessantemente. La testimonianza di Michela Murgia

La maniera “murgiana” di essere credente è strettamente legata alla capacità di generare libertà e quindi di pensare e di cercare incessantemente...
13 Febbraio 2025

Devo confessare che prima della morte di Michela Murgia, avvenuta ormai quasi un anno e mezzo fa, non mi ero mai particolarmente interessato alla sua figura, alle sue considerazioni, ai suoi libri. Forse l’alone mediatico e “social” connesso alle sue riflessioni pubbliche – interpretate come un dogma da alcuni e criticato a priori da altri – mi manteneva lontano dalla densità e dalla rilevanza del suo pensiero. Qualche settimana dopo la scomparsa della Murgia, un caro amico mi faceva dono del volume God save the queer. Catechismo femminista (Einaudi, 2022) nel quale la scrittrice elabora una sorta di ragionamento teologico postmoderno non formale o accademico ma decisamente esperienziale e passionale. Dopo quella lettura mi ero ripromesso di studiare altri suoi scritti ma le contingenze della vita, e della formazione, mi hanno condotto verso altri studi. Così quando qualche giorno fa ho intravisto in libreria l’ultima opera su Michela Murgia della biblista Marinella Perroni (Colloqui non più possibili con Michela Murgia, Piemme 2024) mi sono persuaso che era giunto il momento di tornare ad approfondire la prospettiva dell’intellettuale sarda. In poche ore ho divorato le pagine di questo volume che, sulla scia di un’intensa amicizia fra la biblista e la scrittrice, consente una riflessione ad ampio raggio sulla fede, sulla teologia e sulla Chiesa in Italia oggi.

L’operazione editoriale della Perroni è lucida e feconda poiché, intanto, mostra che il colloquio con chi non c’è più – come sostiene il teologo Antonio Autiero nella prefazione – può continuare attraverso la contaminazione delle idee, l’allargamento del circuito dei saperi, il ripercorrere le questioni al fine di offrire maggiore profondità e al contempo sostanza. Discutere di e su Michela Murgia, poi, significa recuperare le sue idee, la sua forza, la sua fede e la sua speranza destinate a divenire lascito significativo per chi resta e per chi si affaccia alla vita. Un’eredità anche per la Chiesa italiana chiamata a vivere questi nostri tempi complessi ma allo stesso tempo aperti a svariate possibilità e, pertanto, colmi di grazia.

Michela Murgia era una donna di fede. Il libro scandaglia la maniera “murgiana” di essere credente. Per la scrittrice italiana la fede è tale solo se capace di generare libertà e quindi in grado di pensare e di cercare incessantemente. Come registra la Perroni, questo movimento è fondato sulla ferma convinzione della chiamata all’esistenza voluta da un Dio amante della vita, rivelatosi nella storia umana. Nella testimonianza della Murgia, Dio affiora dalla valenza pubblica del discorso teologico. Quest’ultimo, originato dal cuore e della mente di ogni battezzato anziché in modo esclusivo dall’accademia, è destinato a contribuire alla «manutenzione della felicità comune» (p. 41) cioè alla ricerca del bene di tutti e di ciascuno. Una fede, perciò, dalla spiccata valenza sociale, culturale e politica e al contempo adibita a costruire senso per le donne e gli uomini di ogni tempo. Una fede, ancora, invitata a partecipare alla formulazione di modelli umani più giusti per i quali la riflessione teologica è convocata al fine di dialogare con i diversi saperi e con la dimensione politica.

Come annota la Perroni, l’esperienza credente della Murgia era radicata nella Bibbia intesa come un punto fermo da cui muoversi per ricercare nel mondo e nella storia la verità e la liberazione. Una vera e propria passione spingeva la narratrice a cercare costantemente di rendere ragione della propria fede poiché «è impossibile che Dio mi abbia dato un cervello per non usarlo» (p. 26). L’approccio biblico ha consentito al ragionare teologico della Murgia di affrancare la sua visione da fastidiose supponenze moralistiche e ideologiche per tentare di scorgere la verità sull’uomo attraverso il disegno d’amore divino ovunque presente e operante. Un Dio che tramite la sua eccedenza è capace, in tal modo, di ospitare tutto ciò che è diverso, poliedrico, multiforme.

Infine Michela Murgia era una donna cresciuta nella Chiesa cattolica e, sino alla fine, decisamente convinta di appartenere alla comunione ecclesiale. Formatasi nell’Azione Cattolica postconciliare, ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose della Diocesi di Oristano e insegnato religione cattolica. Tramite questo percorso ha assorbito i principi di laicità e di democraticità che l’hanno caratterizzata per tutta la vita. Un’esistenza vissuta all’interno della cattolicità con l’intento sia di favorire un approccio reale e veritiero ai problemi degli uomini e delle donne comuni, delle famiglie, dei giovani sia di evitare di caricare i credenti di pesi che nessuno è in grado di portare.

Il libro della Perroni è, allora, uno strumento utile per ripercorrere la testimonianza credente della Murgia. Da questa scaturisce una dimensione teologica e culturale dalla quale ripartire per offrire un apporto al rinnovamento del cattolicesimo italiano.

5 risposte a “Pensare e cercare incessantemente. La testimonianza di Michela Murgia”

  1. Maria Crasso ha detto:

    Perché santificate la Murgia?
    Non è stata una buona figlia, nemmeno una buona moglie né una buona madre. Ha fatto sempre quello che ha voluto: è questa la libertà cristiana?Credeva che c’è Dio? Ma pure i demoni – come scriveva san Paolo – ci credono. Solo che Cristo si fece obbediente fino alla morte, e alla morte di croce.

  2. emio cinardo ha detto:

    felice di leggere il commento del caro ROCCO sul l’eredità che MURGIA ci ha donato. Una eredità che “scomoda” il tradizionalismo catechetichistico verso una rinnovata esperienza di fede

  3. Sergio Di Benedetto ha detto:

    Rimane il rammarico nel chiedersi: quanto ha perso il mondo ecclesiale ufficiale nel non aver accolto e valorizzato una figura come Michela Murgia? C’è troppo sospetto ancora con chi, pur credente, è poco allineato.

    • Giuliana Babini ha detto:

      non ha perso, sta perdendo, vuole perdere forse ancora di più, perchè i testi di Michela sono alla portata di tutti e aprono splendide discussioni, se si volessero fare. Non solo lei, anche tante altre credenti pensanti sono emarginate…. è vero anche al maschile, ma gli uomini non erano così presenti….ora anche noi donne credenti di una certa età siamo a disagio… abbiamo studiato e pensato: la fede non è solo recitare preghiere…..

  4. Angelo Bertolotti ha detto:

    Condivido appieno la lettura dell’autore, anch’io sono rimasto entusiasta del libro in parola. C’è quel passaggio nell’articolo in cui si dice “… Bibbia intesa come un punto fermo da cui muoversi per ricercare nel mondo e nella storia la verità e la liberazione”, espressione feconda per una Chiesa che non deve essere al passo con i tempi, ma profetica.

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