Lasciare, andare

Un dialogo in famiglia, un canto "vintage", parole da prendere sul serio
31 Maggio 2020

Tutto inizia in tempo di quarantena. Mia moglie e la piccola di casa riprendono quello che si è detto nell’ora di religione, una piccola catechesi domestica se vogliamo. Alla fine: “Sai, su questa storia c’è una canzone. Poi papà te la trova e te la fa sentire”. Detto fatto, si cerca e si trova. La curiosità per le fonti mi fa scivolare verso la versione pubblicizzata come originale.

Evidentemente non è l’originale (datato 1973), ma la canta l’autore, Gigi Cocquio; dovrebbe essere quel signore maturo con una bella barba bianca. Sarà per l’età, o la fisionomia, mi sono figurato una bella storia di fedeltà negli anni. E’ stato un amico a farmi conoscere una storia che mai avrei immaginato: da Uggiate (CO), alle Filippine, per approdare alle Hawaii, con qualche momento di sterzata, più o meno brusca.

Finisce la quarantena e la domenica dell’Ascensione siamo tornati a messa. Io sono tornato alla tastiera, ci metto almeno la buona volontà. Dopo questa lunghissima sosta siamo impreparati: come canto finale, cosa potrebbe andare? Sai che c’è? La terza strofa di quel canto con la “storia di Abramo” ci può stare bene – ed è appropriata anche oggi,  festa della Chiesa che esce dal cenacolo. Il canto ormai non lo conosce più nessuno; pure io, da dilettante che sono, faccio pasticci. Ma, come in cuor mio desideravo, arriva il coretto con mia figlia, proprio raccontava Diego Andreatta nel suo post.it di una settimana fa.

“quello che lasci, tu lo conosci”

Le parole sono semplici, i fondamentali della sequela: lasciare e seguire. Ma, di fatto, noi adulti facciamo fatica pure a modificare qualche abitudine. Sarà per questo che ci riconosciamo nel “sorriso gonfio di cautele, il calcolo prudenziale di chi la sa lunga”. Cosa riusciamo a lasciare, noi, adulti disincantati, con opere e giorni che si ripetono sempre uguali?

Ma guarda, sarà orecchiabile, utile a richiamare ai bambini qualche passo della Scrittura, e invece, a ben vedere, si parla di dinamiche che non sono esattamente da bambini.

“quello che porti vale di più?”

Che cosa portiamo noi che non partiamo per terre lontane? Portiamo qualcosa il cui valore non è dato neanche a noi di comprendere: qualche frutto dei semi piantati in anni remoti, e qualche seme che ogni tanto proviamo a piantare.

“esci dalla tua terra e va’ “

È evidente che l’autore alludesse a partenze vere, invece, per la maggior parte di noi, il cammino di ogni giorno si svolge in una terra non lontana, non sconosciuta. Ma non è affatto detto che sia facile percorrerlo con rettitudine, senza perdere la bussola. Quello che portiamo, destinato ad essere condiviso, non è solo un sostegno vitale, è anche una mappa.

“sempre con te sarò”

Questo lo capiscono tutti, anche i piccoli; ed è bene che, con queste parole semplici, rimanga nel cuore. Per essere meditato e ricompreso “lungo tutto il migrare dei giorni”, man mano che le esperienze si accumuleranno.

 

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