Dopo l’invasione russa, tutti gli uomini ucraini, tra i 18 ed i 60 anni, devono rimanere in patria per combattere al fronte. Ma la settimana scorsa sei ragazzi hanno ottenuto un permesso speciale per poter partecipare all’Eurovision Song Contest a Torino.
Un’occasione importante, dal grande impatto visivo e mediatico.
Questi ragazzi, la Kalush Orchestra, sono saliti sul palco con sguardi fierissimi e severi, anche se la canzone ha il nome di una donna.
Non è una canzone romantica, no. E’ una canzone d’amore certo, perché dedicata ad una madre, ma ha dentro una potenza ed una forza che mi colpiscono moltissimo. E’ un folk intrigante, che intreccia suoni tradizionali ad un rap contemporaneo, che si sposano incredibilmente bene scivolando in balli e coreografie intense.
Guardo, ascolto e mi sento travolta.
Stefania è il nome di questa madre, la mamma del leader della band, Oleh Psiuk, quello col cappellino rosa fucsia.
Stefanìa, dove la i diventa il grido di questi uomini, su cui il ritornello folk insiste come cullandolo, è una donna che a Torino per la prima volta ascolta questo brano, e raccoglie alla fine l’ovazione di tutto il Pala Alpitur.
Suo figlio affermerà, dopo la vittoria, che il testo era stato scritto per dedicarlo a lei prima che scoppiasse la guerra, ma poi in questi mesi ha capito che stava diventando un inno con uno sguardo più ampio, non solo rivolto alla sofferenza di tutte le madri ucraine, ma ora più che mai, alla madre patria Ucraina.
Come una grande matrioska che custodisce una ad una tutte le piccole, le più nascoste matrioske.
Fino al seme.
Protetto da tutte, ma il più forte di tutte.
La ragione del loro amore.
Ho guardato il videoclip ufficiale girato tra le rovine di alcune città ucraine, come Bucha ed Irpin ed ho cercato di stare nelle parole del testo sotto tradotto:
“mi ha cullato,
mi ha dato forza,
non ha preso, ma ha dato”
E proprio dentro la tenerezza di questi versi, parte il suono della telynka, un flauto armonico primitivo e particolarissimo. Non ha i fori per le dita e il ragazzo lo tiene rivolto verso l’alto e il suono viene modulato semplicemente ostruendo il buco all’estremità più o meno parzialmente. Qui la melodia popolare viene fuori con una sorta di ninna nanna coinvolgente e appassionata.
E’ una ninna nanna struggente e drammatica, tragica.
Quella che molti figli ucraini al fronte vorrebbero sentirsi ancora sussurrare e quella che tante madri sepolte nei bunker o scappate lontano non riescono più a cantare.
E’ un urlo potente questa canzone, scuote e lancia messaggi di grande portata. E’una ballata d’amore e questi sei ragazzi, nei loro gilet tradizionali, sono i nostri figli che ci chiedono sostegno, aiuto, solidarietà e appoggio. “Aiutateci” dice Oleh alla fine dell’esibizione, andando di certo contro le regole della gara canora e rischiando anche la squalifica. Ma vola solo chi osa farlo ci insegna Sepulveda ne “La Storia della gabbianella e del gatto”.
E questi ragazzi nell’osare sono proprio dei campioni.
“Troverò sempre la strada di casa,
anche se tutte le strade sono distrutte”
… promette con speranza e sicura fierezza.
I giorni del permesso in Italia sono finiti presto, la Kalush Orchestra è già in Ucraina, e i sei ragazzi sono tornati su queste loro strade, stanno ancora difendendo le loro madri e la loro grande madre patria. Ecco qui il valore di ciò che non riesci a studiare in nessun libro, in nessuna legge o discorso…
Madre Patria è libertà, è dignità della persona, delle sue relazioni affettive, della terra che ami, che ti ha cresciuto, su cui hai lavorato, investito e sognato, sognato di vivere in pace.
Non avevo mai sentito una canzone ucraina, non credevo che una lingua a me totalmente sconosciuta potesse parlarmi tanto.
Stefanìa mama ha un linguaggio forte che passa, resiste e incoraggia.
Incoraggia a difendere la pace, sempre.
Non ho seguito la trasmissione, né ascoltato la canzone, ma attraverso le tue parole, Lella, ero lì… con l’emozione e la forza che la Madre Terra patria ci infonde in ogni tempo, che sia di guerra o di pace. Grazie
Sinceramente di fronte alla loro vincita ho pensato che fosse una cosa scontata……..scontata tanto da non riuscire a gioire per loro, quasi come se invece di averli premiati, il pubblico gli avesse offerto un atto di pietà per la loro situazione. Poi ho cercato di guardare oltre, ho cambiato punto di vista, e ho visto quello che Lella ha raccontato nel suo scritto. Beh, se mi chiedete se il mio sentimento è cambiato, la mia risposta è no…..dentro porto sempre quel nodo per tutto quello che sta accadendo, forse perché mi ero illusa che nel terzo millennio nessuno avrebbe più dovuto associare “sirene” a “fuga”……. E resto nella costante attesa che qualcosa cambi!
Trovare la strada di casa, percorrendo anche strade distrutte, mi sembra un’immagine bellissima della ricerca del proprio “Perchè” e del proprio “Come”. L’energia di questo pezzo mi dice anche che questa ricerca ha un motore, che si accende quando le cose non vanno lisce come vorremmo e la vita chiede lotta e determinazione.
Grazie per aver messo a fuoco i contenuti che sostengono una vittoria che, inizialmente, mi era parsa un po’ scontata.
Grazie mille anche per quest’ultimo racconto meraviglioso!!! Ogni volta le tue parole mi aprono un mondo…