Il cuore è fontana

Leggendo un prezioso libro di Chandra Candiani in tempi di inquietudine.
16 Luglio 2022

«Coltivare il cuore significa prima di tutto essere consapevoli di cosa sentiamo, essere onesti fino ad arrossire»: è questa la cifra profonda, intima di un agevole libro di Chandra Candiani, Questo immenso non sapere. Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano (Torino, Einaudi, 2021, 159 pagine, € 12). Un libro scritto durante la pandemia, edito alla fine dell’anno scorso, che può far bene a molti, perché l’autrice, nota poetessa, restituisce quello che sono stati il suo dolore e il suo smarrimento, in un generale momento di smarrimento e dolore, insieme alla cura da lei trovata per lenire la sofferenza. Così, secondo la sapienza buddista, Candiani scende nei recessi dell’io alla ricerca di cuori vivi, ma soprattutto per rendere vivo il suo cuore. Nella consapevolezza di antiche (e nuove) ferite e di antiche (e nuove) custodie, che non sono oblio, non sono abrasione o fuga: bisogna stare sulle proprie ferite, curarle ma anche difenderle, porre dei confini: «Bisogna salvare le ferite. Non lasciarle sole, sperdute nell’idea fisa della medicazione e della guarigione. Bisogna interrogare le ferite e aspettare le risposte».

In un viaggio verso l’interiorità, che ha le coordinate biografiche della scrittrice (l’infanzia infelice, la solitudine, la scoperta del buddismo), risuonano passi che possono compiere tutti: così, ad esempio, ognuno può circoscrivere spazi di silenzio, nutrire il cuore di meditazione e riflessione, dilatare le proprie risonanze in una compassione verso ogni essere vivente: «Karunā, la compassione, significa letteralmente il trasalimento del cuore alla vista delle sofferenza. La sofferenza degli altri, ma anche la propria». Emerge, dunque, un movimento di armonia nei confronti della natura, dagli animali (i gatti, l’asino bianco, il fringuello) agli alberi (il vecchio castagno, le querce): in un momento in cui il pianeta patisce i danni causati dall’uomo, per un antropocentrismo che è espressione di egoismo e sfruttamento, la strada indicata da Candiani, secondo la saggezza dell’Oriente, è quella del rispetto, della ricerca di comunicazione, dell’armonia, della misura. Queste sono ‘piccole virtù’, direbbe Natalia Ginzburg, che possono alimentare un quotidiano più equilibrato, più umano. Da qui la scelta, prima quasi casuale e poi voluta, di lasciare Milano per andare a vivere nella campagna piemontese, ai margini di un bosco (e poi nel cuore del bosco), perché la natura guarisce (come insegnava Leopardi, citato nel testo), attenua il dolore, insegna il passo non travalicante e il valore dell’attesa.

In questa cura del cuore, bisogna anche avere il coraggio della dimora nel proprio lato oscuro: «solo conoscere la propria capacità di nuocere e addestrarsi a non esercitarla può far accedere alla bontà fondamentale, o intelligenza del cuore». Risuonano echi di liberazione interiore e di libertà, colonna sonora di una cura del sé che cuce insieme dedizione, costanza, serenità e pace, per essere autenticamente se stessi, in franchezza, in lealtà: «arriva il momento in cui è importante scavare i propri solchi, fare una fatica nuova, più rischiosa, mettendo in gioco la propria capacità di errare». E l’errore, ricorda Candiani citando Sklovsij, è orientamento e occasione se riletto, accettato, integrato nel proprio cammino: esiste una ‘energia dell’errore’ (Tolstoj) che è spinta necessaria per ogni tentativo, per ogni mossa che implichi costruire una via propria. E c’è anche un modo giusto di dare il cuore agli altri, nei limiti che ognuno sente, nel rispetto reciproco, nel dono che non annulla ma riconosce vite, volti, storie, singolarità: «il cuore non è spugna, è fontana». Si giunge al cuore, si dona il cuore per attingere, per far scorrere, per condividere vita. E quando non si può agire, rimane la ‘preghiera’, o permanenza nel pensiero di bene per gli altri (compresi se stessi).

In questo modo, riannodando e rattoppando, scavando e educando il cuore a uno sguardo buono e rispettoso sul mondo, anche sull’oscurità, si tracciano coordinate di esistenze ricomposte, capaci di reggere anche attacchi imprevisti di gioia, consapevoli di vivere l’oggi: «Il cuore pensa continuamente. È una realtà che non si può cambiare. Ma i moti del cuore, cioè i pensieri, devono limitarsi alla situazione immediata. Ogni pensiero che vada oltre non fa che ferire il cuore».

Una risposta a “Il cuore è fontana”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Poco fa, passandogli vicino, ho accarezzato un fiore di geranio, pianta comunissima
    ..
    Non vi dico cosa ho provato..
    Fatelo anche voi!

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