Dopo La fecondità della sofferenza (TAU Editrice 2020), in cui ha considerato la realtà del dolore scorgendo in essa anche valenze positive non immediatamente percepibili, Nino Sammartano ha ora fatto oggetto della sua ricerca di senso il tema della morte, dando alle stampe, per i tipi di Edizioni Segno, il libro Il coraggio di guardarla, che reca anche il sottotitolo Pensare la morte per vivere di più.
Se ha il sapore di una sfida culturale un saggio sulla sofferenza umana, lo ha ancor di più il suo recentissimo saggio sulla morte. Mentre la cultura sociale odierna marginalizza la realtà della morte, la rimuove e la ostracizza dal sentire comune, quasi dia fastidio già solo il pensarla, il pronunciarne la parola, facendo di essa un nuovo tabù (così Recalcati in I tabù del mondo, 2017), il nostro autore con questo testo si propone di “detabuizzare” la morte, di far rientrare la riflessione su di essa in quella ricerca interiore che può condurre alla maturazione di più sani e più saggi atteggiamenti esistenziali.
Non la rimozione, individuale e collettiva, della morte può favorire la guarigione dalle diffuse tanatofobie che angustiano con ansie crescenti i vissuti di tante persone, bensì la presa di coscienza della sua ineluttabilità, la “familiarizzazione” con la condizione di mortalità che caratterizza ogni esistenza umana. Lungi dall’infondere paura, la dimestichezza mentale con la realtà della morte porta ad atteggiamenti interiori di serena accettazione di essa e sviluppa l’attitudine ad apprezzare e a valorizzare il tempo della propria esistenza come kairós, come opportunità, salvaguardandolo sia dall’insignificanza della monotonia e del tran tran abitudinario, sia dalla frenesia ansiogena di una corsa inarrestabile.
Da Seneca al “Discorso escatologico” di Gesù, da Manilio a Bormolini, a Mancuso e ad Alberoni, passando per Don Bosco e la death education, il libro del professore e scrittore siciliano Sammartano si apre ad apporti di pensiero di varia provenienza, invitando ad una riflessione senza preclusioni, libera da preconcetti e dai condizionamenti del sentire prevalente e del “culturalmente” corretto.
Anche Eugenio Scalfari ha tratto da questo sentimento “potentissima molla per vivere una vita ricca e piena”. A e sembra che oggi questa non faccia davvero paura anzi basta guardare fatti come esista un buttarsi n ogni passione con sprezzo della vita, un aspetto del dimostrare il coraggio sfrontato, e succede nelle strade, nelle azioni in cui non si tiene conto di coinvolgere la vita di altri. Ma cosa non provare un minimo di umanità a vedere il costo di vite umane sacrificate per belligeranza o cause che si vogliono ritenere valide, ma per chi? Forse che tutti non meritano di aver salva la vita, compensare una madre con una zolla di terra. Ma quale Dio può trovare in questa giustizia umana giustificazione?. Oggi si commisera, si esternano sentimenti di commozione attraverso palloncini, quando dovrebbe calare un silenzio rispettoso e riflettere anche su come rimediare, esaltando la vita e a migliorarla là dove leggi e doveri dovrebbero essere presenti per il bene comune