Nei giorni del perdono d’Assisi la liturgia propone il Vangelo della parabola della zizzania di Matteo 13,36-43. Nella Divina Commedia Dante fa riferimento due volte alla zizzania, chiamandola loglio. La prima volta è all’inizio della seconda cantica, quando le anime purganti, intente ad ascoltare la canzone di Casella e dimenticando di salire il monte del Purgatorio, vengono sgridate da Catone, che le invita a non attardarsi per ottenere quella purificazione dal peccato tanto attesa. La similitudine dantesca li vede
«come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l’usato orgoglio» (Purgatorio II 124-126)
come i colombi che mangiano ma non sanno ben distinguere tra frumento e zizzania, fra buon grano ed erba cattiva. Pur avendo abbandonato l’orgoglio (e qui è incantevole l’immagine del colombo che per mangiare abbassa il capo e abbandona la sua posa pettoruta), le anime non sanno ancora prendere una decisione fra la passione per la musica cantata da Casella e la purificazione che le attende. Non è pure un caso che questo passo segua di poco il riferimento dello stesso Casella al Giubileo del 1300 che gli ha permesso di arrivare sulla spiaggia del Purgatorio.
In Paradiso Dante riprende poi il termine zizzania quando parla proprio dell’ordine francescano:
«La sua famiglia, che si mosse dritta
coi piedi a le sue orme, è tanto volta,
che quel dinanzi a quel di retro gitta;
e tosto si vedrà de la ricolta
de la mala coltura, quando il loglio
si lagnerà che l’arca li sia tolta» (Paradiso XII 115-120)
Per bocca di san Bonaventura da Bagnoregio, Dante scrive che la famiglia dei francescani è tanto volta, ha talmente deviato dal cammino del fondatore che ormai sembra andare all’indietro e presto si vedrà quale sarà il frutto raccolto da questa mala coltura: i frati cattivi, il loglio, si lagneranno di essere gettati fuori dall’arca, da quel granaio che è a un tempo l’Ordine, la Chiesa e il Cielo. Il riferimento alla parabola evangelica è evidente: alla fine del mondo gli angeli raccoglieranno la zizzania e la getteranno nella fornace ardente.
Due passaggi interessanti nei quali il loglio, la zizzania, si incrocia con quel cammino di purificazione che porta al Cielo: nel primo le anime purganti devono ancora imparare ad abbandonare l’orgoglio e discernere bene e male, in quella salita per la quale anelano l’indulgenza; nel secondo la zizzania sono i francescani stessi che divengono erba cattiva perché non seguono più il loro fondatore, che tanto volle un Perdono ad Assisi.
Proprio in questo incrocio di riferimenti Dante ci parla in maniera evangelica: con umiltà saper discernere tra erba buona e cattiva, essere erba buona, in quel percorso di purificazione che porta il cristiano al Padre; tutti noi in questi giorni di Perdono, in questo passaggio d’estate, siamo chiamati a scegliere fra biado o loglio.