Sono stati loro, questi tre alberi, che domenica scorsa mi hanno proprio invitato a fermarmi durante una magnifica passeggiata sulla neve.
Camminare in montagna, nel silenzio rotto solo dai miei passi, è sempre un bisogno fortissimo di far spazio dentro, di rileggere, con un tempo un pò più lento, tutto ciò che vivo ed il poco che mi sembra di costruire.
È la necessità di dare significato alle mille cose che incastro giorno su giorno, di capire, di dar loro una direzione sensata, di provare ad ascoltare il profondo che troppo spesso chiudo e che rischio si trasformi in vuoto.
Erano lì, i tre alberi, in una radura immacolata di neve.
Nessuna impronta da seguire.
Nessun sentiero tracciato.
Assenza di rumore, di voci, di parole.
Un’assenza che libera.
In questi giorni, dove il parlare è assordante, eccessivo e invadente, dove anche dopo i dolori e le violenze più grandi, non si riesce a dar spazio al silenzio, dove forse se ne ha paura, non si rispetta e non si insegna neanche più come valore, oggi in questo silenzio liberante, questi tre alberi mi aiutano a riflettere.
Sono tre alberi, soli e ben staccati da tutti gli altri del bosco intorno, bosco che sembra far da cornice e racchiudere qualcosa speciale. I due grandi abeti in mezzo, sempreverdi e carichi di neve custodiscono sotto i loro larghi rami un piccolo larice, nei colori caldi e bruciati dell’autunno ormai agli sgoccioli.
È un presepe.
Maria e Giuseppe, soli col Bambin Gesù.
Mi fermo a guardarli e penso che quest’anno a casa non sono ancora riuscita a fare il mio presepe. Eccolo, questo che oggi mi parla, voglio sia il mio presepe.
È un presepe di silenzio.
Un presepe che mi apre il cuore in questi primi giorni di Avvento, in cui sento che per andare incontro al Signore, per allargare il mio cuore, il mio tempo, il mio cammino, ho bisogno di un presepe così.
Un presepe con Giuseppe, uomo del silenzio, un passo sempre indietro, ma ponte solido e affidato nel disegno dell’Incarnazione.
Un presepe con Maria, donna che custodisce, con coraggio e fiducia smisurata oltre l’impossibile, che dà vita alla Vita.
Un presepe con un Bambino, piccolo e spoglio come questo fragile larice.
Tre, Silenziosi ma Potenti.
Il Verbo si fece carne.
Il Verbo, l’unica parola che conta, oggi.
Leggevo pochi giorni fa queste parole di Sabino Chialà, priore della Comunità di Bose, tratte dal suo libro “Silenzi”:
“Il prodigio del silenzio è giungere a parlare tacendo,
ad essere espressivi senza usare parole,
ad avere una vita silenziosamente eloquente.
Il silenzio è un modo diverso di comunicare e, più in profondità, un modo diverso di essere e di vivere”.
Torno a casa, gelida nei miei scarponi, ma col cuore sereno.
La preghiera per questi giorni verso il Natale di Gesù è proprio tutta in questo impegno.
Solo così il Verbo di Dio saprà trovare dimora dentro di me, farsi vita nei miei giorni, essere portato nel mio modo di comunicare e di stare al mondo.
Scendo a valle e sul pratone in paese un gregge accompagna questi miei pensieri. Queste pecore infreddolite sono mansuetudine, mitezza e compostezza.
Ecco cosa manca al mondo … e che io in questo Avvento voglio cercare.
Si, un presepe che la Famiglia di Nazareth ha con la sua vita suggerita la creazione in ricordo ai posteri. Nel predisporre i personaggi della storia, questi in silenzio ci parlano, ci trasmettono vita, in umiltà lo percepiamo pensando alla nostra, e senza pretesa osiamo però attingere dalla loro tutto ciò di cui abbiamo bisogno, a trarre insegnamento da come hanno affrontato le difficoltà, non poche e grandi: essere emigrati, essere annoverati tra i poveri per non avere denaro sufficiente a trovare un tetto dove far nascere un figlio, provare il freddo del sentirsi rifiutare aiuto e comprensione. Ma ecco, il Soccorso dal Cielo, ecco il calore da coloro che meno possono in denaro ma si manifesta dal cuore di coloro che provano amore e lo donano. Ecco perché avere Fede, gioire del dono grande di quel Bambino luce per noi anche oggi, dono grande di vita, speranza nella Pace
Il lento incedere nel paesaggio innevato e silenzioso, quasi una camminata meditativa… l’incontro con tre alberi che stanno lì, solidi e radicati… e poi il ritorno… col desiderio di mansuetudine, mitezza, compostezza. Grazie, Lella, per aver tracciato un sentiero percorribile!