Un vescovo per il XXI secolo

La notizia di un'ordinazione episcopale, in Algeria, è l'occasione per qualche riflessione sulla vita delle comunità cristiane, qui in Europa, nella prospettiva offerta dalle terre di missione.
26 Gennaio 2024

Diversi anni fa avevamo scambiato qualche mail, a margine di un progetto di “sostegno a distanza”. Poi, quando aveva cambiato destinazione, non c’eravamo più sentiti e avevo perso le sue tracce, fino al 22 ottobre scorso, Giornata Missionaria Mondiale, quando è arrivata la bella notizia della sua elezione a vescovo. Sto parlando di padre Davide Carraro, 47 anni, missionario del PIME, originario della provincia di Treviso. È stato eletto vescovo di Orano, in Algeria: oggi riceverà l’ordinazione episcopale e “prenderà possesso” della sua chiesa cattedrale.

Quella del vescovo è una posizione apicale nelle gerarchie ecclesiali e, di riverbero, nella compagine sociale; in termini mondani si direbbe che padre Davide “ha fatto carriera”.

Per uno come me, un boomer cresciuto in provincia, con una discreta frequentazione di sagrestie, il primo ricordo del vescovo è quello del cerimoniale che lo accompagnava: l’inginocchiatoio che veniva preparato davanti al tabernacolo quando veniva in parrocchia (un paio di volte all’anno, per amministrare le cresime e poi a conclusione delle Quarantore). Ricordo pure il brusio di disapprovazione delle nonne qualche volta in cui non si è presentato, facendosi sostituire dal vicario. Ci si teneva a vedere il vescovo, e i vescovi sapevano tenere la scena, benedicevano e porgevano la mano per il bacio dell’anello. Quando sono arrivati i miei anni giovanili, il vescovo ha continuato a tenere la scena, ma in modo completamente diverso: i tempi rapidamente cambiavano e don Tonino Bello portava una ventata di profezia, accompagnata da nuovi segni eloquenti e un tocco di amabilità personale che scaldava i cuori.

Ed oggi? Le chiese si riempiono meno, ma sicuramente le sagrestie vanno ancora un po’ in fibrillazione quando arriva il Vescovo: si tirano fuori i pezzi migliori del corredo, si vuole fare bella figura. In fondo il vescovo è sempre il capo, quello a cui si deve rendere conto. Il cerimoniale si è snellito. Mi chiedo se davvero sia indispensabile la talare violacea, e invece, prima o poi, quasi tutti finiscono per cedere alla consuetudine di indossarla, senza accorgersi che si tratta di un segno vuoto, inutile e fuorviante, al pari di altri messaggi, verbali e non, del nostro ecclesialese.

Accompagnato da questi ricordi e pensieri, ho cercato qualche notizia sulla nuova destinazione del caro Padre Davide. Ho scoperto quello che altri più informati sicuramente già sapranno: la storia recente della Diocesi di Orano è segnata da una testimonianza importante, quella del beato Pierre Claverie, vescovo assassinato mentre rientrava nella sua residenza, il 1° agosto del 1996, ultimo dei cosiddetti diciannove Martiri d’Algeria.

Sono rimasto colpito anche delle informazioni “da annuario”: l’estensione della Diocesi di Orano è il quadruplo della Puglia; i cristiani sono nell’ordine di un migliaio, serviti da una dozzina di presbiteri e una sessantina di religiose e religiosi. Tutto questo a fronte di 10 milioni di abitanti. A questo punto si capisce bene che non ha alcun senso parlare di “carriera” e il discorso prende altre direzioni.

Ovviamente il confronto con le nostre diocesi è stridente: qui noi cristiani siamo maggioranza, con un passato di rilievo: dalle opere d’arte alla vita culturale, dalle opere assistenziali alla vita sociale e politica. Qualche mio amico ritiene che l’influenza (o ingerenza) del cattolicesimo nella vita pubblica continui ad essere insopportabile per i “laici”. Ma il presente racconta una storia molto diversa: come dicevo sopra, le presenze nelle chiese vanno diminuendo, le strutture (conventi, monasteri, seminari) vengono a poco a poco dismesse e destinate ad altri usi; almeno le opere d’arte rimangono nelle chiese e nei musei, anche se la matrice culturale che le ha ispirate rimane sempre meno conosciuta. E, noi cristiani, che vita faremo? Non siamo ancora alla sproporzione delle terre di missione, e tuttavia, prima o poi, saranno queste terre, più o meno lontane, con una presenza residuale di battezzati, ad insegnarci nuovi modi per stare, come l’anima, nel mondo secolarizzato, a contatto con una maggioranza di persone non praticanti, che hanno dimenticato pure i fondamentali della fede cristiana (ogni tanto mi chiedo per noi stessi quali siano i fondamentali).

La seconda considerazione è legata alla prima: per lo sparuto migliaio di battezzati della Diocesi di Orano il Papa decide di mandare un vescovo. È un segno importante, che in un certo senso ci provoca (senza scadere in paragoni impropri, ad esempio con la nostra nazione, che vede in atto un processo di accorpamento delle diocesi). Qui, in Europa, dovremo imparare in fretta un nuovo modo di essere cristiani, in regime di (relativa) scarsità di clero. Eppure, tra i fondamentali c’è proprio questo, la costituzione gerarchica, anzi ministeriale, della Chiesa; la nomina di un vescovo per Orano ce lo ricorda. Io non sono esperto, eppure desidero sottolineare quanto sarebbe importante ripensare, per questo XXI secolo, in che cosa è essenziale, indispensabile, il ministero ordinato; di che cosa possono non occuparsi i pochi preti, e in che cosa devono necessariamente impegnarsi.

In definitiva, la prospettiva spaziale della missione ad gentes, recuperando l’attenzione a quello che succede oltre il perimetro segnato dall’ombra dei nostri campanili, restituisce a noi, cristiani per tradizione, una maggiore prontezza rispetto alle probabili prospettive nel tempo. E, in tema di attenzione e cura a quello che succede lontano, desidero concludere con un omaggio personale.

La signorina Iolanda era vicina di casa dei nonni materni e amica di famiglia. Classe 1924, era più giovane dei nonni e più anziana di genitori e zii, anche se la mia memoria bambina l’ha sempre associata alla generazione dei nonni; infatti, i suoi fratelli più grandi erano stati anche datori e compagni di lavoro di mio nonno. Un pezzo della memoria che mi rimane cara, molto più di quanto sia giusto palesare. La signorina Iolanda ha raggiunto l’estuario della vita poche settimane prima di compiere cento anni, in una giornata che, per decenni, l’ha vista impegnata in prima linea: l’Epifania, festa dell’Infanzia Missionaria; oggi dovremmo dire Giornata Missionaria Mondiale dei Ragazzi. Nella parrocchia dei miei nonni ricordo festose processioni di Gesù Bambino, con le mitiche bandierine, che lei gelosamente custodiva e distribuiva raccogliendo le offerte. Erano momenti di letizia, per cuori che rimangono giovani; ricompensa anticipata per il bene che, da qualche parte del mondo, quelle offerte avranno sostenuto, forse anche in Algeria.

E così, dopo questo ricordo e questa attenzione missionaria da rinverdire, inviamo auguri di cuore al giovane vescovo Davide. Sarebbe bello se, prima o poi, volesse raccontarci qualcosa del suo ministero nel XXI secolo, alle frontiere della Chiesa.

 

Nel titolo: Basilique Santa Cruz, situated in Oran (di Yokaso LK – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=82709907)

Una risposta a “Un vescovo per il XXI secolo”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Interessante il caso; un giovane “vescovo originario di Treviso, per un migliaio di fedeli in una Diocesi Orano in Algeria che vanta 10 milioni di abitanti, l’ultimo dei diciannove vescovi assassinati in Algeria l’11 agosto 1996! Perché per pochi fedeli una figura ministeriale della Chiesa? Un atto di coraggio visto la storia che lo precede, un tenere alta la luce di Cristo mandando un Paolo perché la stessa Parola incida a ridare forza e coraggio agli esistenti inermi tra il grande numero di altra Fede? Ma la Fede oggi trova anche nel nostro Paese ricco di testimonianza religiosa nell’arte in cattedrali musei, opere, ma che sembra registrare un numero impoverito di fedeli circondato da più’ vasta laicità nel, popolo che muove insidiosa a contrastare questo resto che vuole ostinatamente tenere alta la luce di Cristo. Se bastava un singolo fedele, un monaco,rete di umana comprensione, a conforto ,dei propri pesi, Oggi tanto popolo cerca altro pane

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