A proposito del post.it di Roberto Beretta del 24 febbraio 2025 faccio una riflessione ad alta voce.
Certamente Beretta, autore di una venticinquina di libri, quasi tutti di argomento religioso, non lo ha scritto per caso. Forse credo abbia un po’ estremizzato, ma che volesse dire in definitiva che il clero è un mondo a parte, distaccato dalla realtà che vive la gente normale.
Nella mia esperienza si incontrano perlopiù dei “funzionari della religione”, che hanno certamente a cuore la loro missione cercando di coinvolgere i laici, ma non hanno l’empatia nel sangue. Magari hanno provato ad impararla e ad essere sempre pronti alla battuta.
Ma ci sono parroci che sono rimasti nel cuore delle persone, non solo perché hanno passato lungo tempo in quel territorio pastorale oppure perché sono stati i fondatori della parrocchia.
Quello che rimane nella memoria delle persone, ieri come oggi, è la loro capacità di ascolto senza barriere fra credenti e non credenti e l’umiltà nella vicinanza con essi.
La relazione in genere fra preti e laici è stata però e rimane asimmetrica…
I preti hanno la mania del controllo e paura che la parrocchia possa sfuggire di mano per via di qualche “pazzo” laico che possa mettere in discussione il proprio angolo di privilegio nella Chiesa.
Abituati a dare e non a ricevere, qualsiasi intrusione da parte del laico (pur sollecitata da loro stessi!) è vista in qualche misura come una forma di competizione con essi.
L’unica forma di sopravvivenza di una relazione fra laici e clero è mettersi a disposizione del Parroco, come del delegato/incaricato Pastorale (ad esempio) seguendo le direttive – dette anche “insegnamenti” – loro come in una sorta di obbedienza cieca.
L’essere ‘Guida Spirituale’ ha dato una sorta di alone mistificatorio al clero, di protagonista assoluto nella vita della Chiesa, verso il quale guai ad opporsi.
Il paradosso di tutto questo è che nella stragrande maggioranza delle persone, va bene uno status quo siffatto.
Per cui la cosa più importante è portare avanti l’illusione che le cose vanno bene così e che ci sia una gerarchia alla quale noi tutti dobbiamo obbedire, in barba al nostro battesimo che ci vorrebbe tutti sullo stesso piano pur in distinti ruoli.
Tutti siamo responsabili di questa Chiesa senza distinzione, fra chi con il sacro sembra avere un privilegio e chi non ce l’ha.
Mi piace che un sacerdote, Franco Rozzi, ci invita a UMANIZZARE le relazioni tra clero e laici….o meglio tra tutti noi credenti. Ognuno deve fare la sua parte e consentire che ognuno possa fare la propria parte indipendentemente dai ruoli diversi che ovviamente ognuno ha. In una parola si dice COMUNIONE. Stiamo “lavorando” alla stessa vigna.
“…sono prete anche quando, accanto a questo, c’è la solitudine, il confratello che si allontana, i genitori che si fanno anziani, gli amici che si sentono trascurati… difficoltà che effettivamente non ci rendono diversi dai laici.”
Grazie Franco Rozzi!
Andare al di là dei ruoli! Questo dovrebbe succedere non solo all’interno della Chiesa, ma anche nelle associazione e in tutte le organizzazioni umane.
Perché altrimenti il ruolo che interpetriamo potrebbe essere il paravento attraverso cui nascondiamo le nostre fragilità.
In altre parole: rischiamo di essere solo degli interpreti del Ruolo e di quello che la gente si aspetta da noi, invece che essere semplicemente sé stessi e null’altro, con le nostre fragilità e le nostre mancanze.
Altrimenti il rischio vero è che tendiamo di apparire dei Superuomini inarrivabili in una relazione paritetica tendente a rispondere alla domanda: Cosa posso fare io per migliorare questa Chiesa?
Io so che quando esco dalla messa sono avvilita e amareggiata…
Non c’è alcuna condivisione né comunione orami si va come un abitudine… E al Don Franco direi che ho ricevuto tante porte in faccia da preti nonché monaci…altro che vicinanza…
Credo ci sia anche nel clero molta piccolezza e molta scarsità di spirito..una volta le guide spirituali erano cosa seria adesso non conoscono nemmeno la Weil o Bonhoeffer…
Io vado per fedeltà a…ma per anni ho evitato la frequenza…e poi la comunione è indispensabile..
Come disse il curato d Ars noi dovremmo essere dei “porta-Dio”quando facciamo la comunione…appunto… onestamente io mi porto anche dei vuoti enormi e parecchia amarezza…
Ciao Giovanna, ma noi che siamo qui su Vinonuovo.it non siamo forse una comunità?
Condividere le proprie idee ed esperienze, adesso qui e ora, non è essere comunità cristiana?
E poi perché ridurre la pratica cristiana all’andare a messa o parlare al tal prete/monaco, ecc…?
Coltivare la propria spiritualità personale non è forse essere Chiesa?
Oggi ci sono tante possibilità per personalizzare la propria fede e per tale motivo non mi sento per nulla afflitto o incompreso, perché so dove sto andando e mi do la direzione ogni giorno.
Per cui i preti possono fare quel che vogliono e il loro giudizio o la mancanza di una relazione vera e sincera a me non colpisce affatto.
Il mio sguardo è sempre avanti…
Ti abbraccio forte!
Se la chiesa è la gerarchia, ai fedeli, le pecorelle, che resta? La chiesa non dovrebbero essere le persone e le famiglie che vivono in comunione nei quartieri di paesi e città poiché amano Gesù sopra ogni cosa e si dedicano all’accoglienza e quant’altro di utile, anche come Associazioni, certo, e dedicarsi all’ “Ora et labora” di san Benedetto? Tutti certo portati al pascolo da Pietro e dagli apostoli, che però dovrebbero andare anche in giro per il mondo a predicare il Vangelo, convertire e battezzare. Certo, poi bisogna consacrare qualcuno nelle varie comunità a fare memoria del “Pane e del Vino”, l’Eucarestia, le “messe” (ma non le interminabili messe e concioni del cosiddetto celebrante). A proposito: perché non si usa più il vino, ma si “somministra” solo l’ostia, il pane? Cordiali saluti.
Ho conosciuto molti sacerdoti, uomini con i pregi e difetti di tutti i comuni mortali.
Oggi li fede indaffaratiin cento attività, per carità buone e lodevoli, ma che sono in secondo piano rispetto al loro ministero, che in primo luogo è quello della celebrazione della Messa e della confessione, poi la catechesi e formazione del laici di tutte le età e la missionarieta’. Queste situazione puó farli solo un consacrato, mentre le altre attività possono essere messe in atto anche da laici.
Inoltre in alcuni vedo scarsa empatia, disponibilità, presi come sono da attività per così dire più materiali, che, talvolta, fanno perdere loro il senso del trascendente e del mistero.
Il mio so che è un commento piccolo e semplice rispetto al vostro ma io ho incontrato almeno un sacerdote dal cuore grande che da anni si prende cura della mia fragilità come un secondo papà… Non sono tutti così purtroppo l ho vissuto ma ce ne sono anche così col cuore grande. Lui mi salva la vita ogni giorno con la sua presenza
Panem et circenses. Nella mia esperienza quando ero in parrocchia ricca con soldi potevo soddisfare i pallini di tuti i laici impegnati, dare sale, saloni, salette, campetti, fare incontri con o senza vito, ritiri, Grest, campi scuola, doposcuola. Tutti felici, che bravo prete, uno di noi. Poi sono arrivato in parrocchia povera piena di debiti del predecessore e non ho o soldi neanche per riscaldamento e candele. Ogni iniziativa pastorale devo chiedere un contributo.percio sono diventato poco empatico. Eppure sono sempre lo stesso che gioca a calcetto coi ragazzi, che visita i malati, ospita i carcerati, adotta i migranti, mangia con gli anziani,pulisce dove sporcano gli altri. Boh
L’esistenza del Clero non è tale in quanto fa riferimento ai 12 Apostoli scelti da Gesù a fondare la Sua Chiesa? Un Capo, a Pastore del Gregge non è stato scelto da Gesù,un Pietro oggi il Papà?. Con i fedeli battezzati non formiamo insieme la Chiesa? Il Vangelo non è stato diffuso attraverso di Essa in tutto il mondo? Se così è stato, malgrado il numero dei credenti appaia esiguo rispetto a altre Religioni la sua esistenza fino ad oggi si conferma Famiglia che ha resistito al tempo. Piuttosto sembra utile un Clero più dedito ad approfondire la Fede nella divinita proprio per saper parlare di Cristo all’uomo di oggi quell’aiuto necessario che il fedele necessità vivendo in una società pluralistica , tra valori diversi dal Vangelo in luce alla Fede. Il Cristo morto e Risorto, per assicurare a ogni uomo la vita eterna e l’amore come via a seguirlo, sembra verità difficile a essere creduta oggi
Tutti hanno avuto esperienze positive o negative con l’uno o con l’altro prete, ma è ovvio che se non si esce dal soggettivo è impossibile inquadrare il problema. Che secondo me esiste, oggettivamente. Da una parte i laici più capaci si sentono sottovalutati, trattati non da adulti, e non sono più disposti a sopportare questa condizione di minorita’ da parte di persone che spesso non sono né migliori né più preparate, quindi se ne vanno altrove; dall’altra anche i preti più sinceri si sentono probabilmente sotto giudizio continuo nonostante la loro dedizione ma non sono preparati a cambiare schema di rapporti, né a perdere la loro immagine di unici esponenti del sacro. Risultato: frustrazioni reciproche. Forse dovremmo imparare dai fratelli protestanti….
Molte osservazioni interessanti, ma manca forse la volontà a ” far scendere in campo ” tutti i credenti, responsabilizzandoli come unti del Signore, semplici umili, ma veri, testimoni del Vangelo.
Dobbiamo amare il Vangelo e cercare umilmente di testimoniarlo, sia come sacerdoti che come laici, abbattendo le barriere di casta, assurde per i seguaci di Gesù..
Sono un prete ormai sposato dal 1989 e non penso che la responsabilità sia di tutti.
La responsabilità specifica è, invece, purtroppo, di un “potere” che emargina chi non vuole o non può attenersi alle sue regole, sia esso il singolo individuo od il Dio dell’Amore che è morto per noi, indicandoci la risurrezione e l’eternità come unica possibile via d’uscita dal gretto egoismo che vuole porsi come legge assoluta.
Penso sia molto difficile non solo fare il prete oggi, ma soprattutto accontentare tutti: e le nostre parole lo hanno ben evidenziato. Con queste premesse in un non lontano futuro sicuramente le vocazioni diminuiranno e allora criticheremo i fedeli laici, ammesso che il buon Dio ne chiami ancora a far parte della Chiesa.
È indubbio che adesso fare il prete sia molto più difficile che 50 anni fa.
Ed quasi una certezza che qualche decennio fa si potesse accontentare tutti, intendo come cristiani cattolici.
Ma il mondo è cambiato enormemente e tende sempre più al cambiamento con una velocità impressionante che ha delle implicazioni per tutti…
Il tema allora è la formazione nei seminari per i preti del domani, in quanto vi è una profonda disarmonia fra la formazione dei preti e il mondo reale.
Come si fa a pensare all’oggi con il parroco che è al centro di un territorio e tutto ruota intorno a lui come unico responsabile?
Con una responsabilità così grande, è chiaro che rischia di essere schiacciato da una società così complessa.
Ho letto l’articolo e i commenti,non sono d’accordo su tutto di quanto ho letto,posso testimoniare di aver conosciuto tanti santi sacerdoti che mi hanno sempre guidato sulla via del bene al di là dei loro caratteri e ai quali sono grato e prego per loro vivi e defunti anche se…….ecclesia sempre reformanda.
Allora è giusto così!
È chiaro che ognuno di noi parla attraverso la propria esperienza.
Nel mio caso, mi rifaccio a un’esperienza, principalmente, di questo periodo, in una parrocchia – fra l’altro modello in diocesi – che è stata la causa scatenante dell’articolo.
…Fra un Giubileo a Roma e un’attività di Centro di Ascolto della Parola…
A proposito: ne vogliamo parlare dello stile “Giubileo 2025 della Parrocchia a Roma”?
Ce ne sarebbe da scrivere………..
Pienamente d accordo, aggiungo, , una parte oltre a questo lasciano ai successori e alle parrocchie debiti per centinaia di migliaia di euro, vivendo alla grande con aria condizionata in estate e riscaldamento a palla in inverno, pranzi in ristoranti e bella vita. La Chiesa ha bisogno di una profonda e coraggiosa riforma in nome della responsabilità e della serenità, basta funzionari del Sacro principini del proprio feudo
Sapevo che alcuni preti lasciano dei debiti in eredità al loro successore e sapevo che alcuni addirittura ristrutturano la loro canonica solo in base al loro benessere come dei reggenti di non si sa che cosa…
Ma non sapevo che addirittura altri avessero uno stile di vita al di sopra di un’opportuna convenienza…
Quando parliamo di clero e di regime di separatezza sacrale, intendiamo il risultato storico di un processo secolare di clericalizzazione che ha reso i presbiteri ed i vescovi un mondo a parte e che ha recato gravissimi danni alla chiesa. Oggi si rende necessario l’avvio del processo inverso. Occorre una convinta riforma strutturale (ovvero che attenga alla sfera dottrinale ed a quella giuridica) per declericalizzare le nostre comunità.
D’accordissimo con te!
Quel mondo clericale ha funzionato molto bene fino agli anni ’80 e ’90 del secolo scorso quando i ruoli nella società erano estremamente rigidi: il parroco ti faceva la referenza di bravo cristiano per immetterti nel mercato del lavoro… Ad esempio…
Che il mondo sia cambiato notevolmente negli ultimi decenni sembra che non tocchi Loro, anzi, è ancora un buon modo di arroccarsi dentro il fortino del sacro contro chi è diverso da noi.
Credevo che la Chiesa fosse stata fondata da Gesù Cristo… Permettetemi la battuta: Ecclesia semper reformanda sed non restructuranda…
” Il clero è un mondo a parte, distaccato dalla realtà che vive la gente normale.”
Leggo qui vicino di un ciclo quaresimali tenuto da 4 preti+1 Suora.
Ho partecipato ad un incontro simile nella mia Diocesi attuale, ottima preparazione.. tante pause di silenzio, troppppe… Ma alla fine mi sono sentito trattato de semplice pecora, anzi PECORONE, vista la stazza 🐏!
” Il clero è un mondo a parte, distaccato dalla realtà che vive la gente normale.”
MA… si può dire che la gente normale vive la SUA Realtà ? x me ricoperta di strati di carta e info INUTILI, assolutamente non partecipi della SUA Realtà… Sapete che avevo messo nel mirino la mancanza di RELAZIONE.
Mah. Forse i.e. la constatazione che viviamo in una realtà artefatta, virtuale, artificiale.
La questione è che le relazioni oggi passano tutte attraverso a: Come mi fai sentire.
Se a un Incontro, sia diocesano che in parrocchia, io sono pressoché invisibile e nessuno si accorge della mia esistenza in tale luogo/tempo, perché dovrei partecipare (meglio dire: assisterli!).
Se a me poi sta bene così, l’effetto è ancora più grave!
Agli eventi si partecipa innanzitutto e non vi si assiste!
Assistere agli eventi dovrebbe essere abolito!!!
Tanto varrebbe coltivare la propria spiritualità con dei webinar dedicati o incontri interrattivi in presenza: cose che paraltro io faccio.
Concludendo: se la relazione non inizia con “Come stai?” cosa ci stiamo a fare in questo mondo?
Da prete, quest’ultimo commento è ciò che più mi ha aiutato. Nella mia vita di sacerdote sono cresciuto e maturato molto grazie a confratelli e laici che mi piace mettere sotto unica parola: amici. L’amico ti chiede: come stai? Per me la questione non è semplicemente distribuire ruoli, ma rendere tutto più umano. Se il privilegio è avere a cuore e voler bene più gente possibile, si, sono un privilegiato! Ma, sono prete anche quando, accanto a questo, c’è la solitudine, il confratello che si allontana, i genitori che si fanno anziani, gli amici che si sentono trascurati… difficoltà che effettivamente non ci rendono diversi dai laici.
La mia non è una lamentela o una polemica, ma un invito ad umanizzare, più che a cercare quali sono i ruoli, un invito ad andare dai vostri parroci e a chiedere loro “come stai?”. Altrimenti il rischio è di spostare semplicemente il potere da una parte all’altra. Grazie a chi l’ha fatto con me e a salvato me e il mio ministero.