I frutti della santità

La santità di Oscar Romero ha portato frutti tangibili in quella terra in cui il cammino dei cristiani è spesso martoriato?
1 Novembre 2022

Il 7 ottobre è uscito su Internazionale la versione italiana di un articolo (in spagnolo) del giornalista Roberto Valencia che descrive la preoccupante situazione sociale e politica in El Salvador, terra che ha vissuto la profezia e il martirio di San Óscar Romero e di tanti altri cristiani perseguitati. Per capire più da vicino cosa sta accadendo “quasi alla fine del mondo” abbiamo rivolto alcune domande a Mariella Tapella, missionaria laica di Pax Christi, che dal 1986 vive e lavora con le comunità cristiane di base salvadoregne.

 

Inizierei con due parole di presentazione: cosa fai in El Salvador? Cosa ti ha spinto a restare?

Sono da trentasei anni in El Salvador, ho vissuto sei dei dodici anni della guerra civile, imposta dall’oligarchia interna e strumentalizzata dall’imperialismo statunitense. Nel 1992, dopo la firma degli accordi di Pace, io e Padre Tilo Sanchez  abbiamo fondato Sercoba, per accompagnare, senza sostituirle, le comunità rurali e le comunità di popoli originari nel loro processo di liberazione. Il mio restare si deve all’amore per la mia gente ed alla convinzione che dal basso, dagli esclusi, o “descartables” come dice Papa Francesco, si incontra il Dio della Vita.

 

In questi anni sei stata testimone di molte fasi del paese. Che momento state vivendo adesso? Che trasformazione sta guidando l’attuale presidente Bukele, in carica dal giugno 2019, che si vanta di essere l’uomo nuovo della politica salvadoregna?

Persiste l’ingiustizia strutturale, la stessa già denunciata dal profeta-martire Romero, secondo cui il sistema capitalista andava cambiato alla radice. La situazione si aggrava ancora di più con il governo che abbiamo adesso, che è in un’alleanza nefasta con l’estrema destra politica e i movimenti religiosi fondamentalisti. Anche l’uso che fa della religione è pericoloso: si fa riferimento a Dio per giustificare una politica autoritaria, per mettere in pratica azioni repressive e persino per giustificare attacchi all’opposizione politica. Si presenta la figura del presidente come strumento di Dio, come se fosse il vero difensore dei valori cristiani. Tale pretesa è però smentita dai suoi discorsi, dalla sua prassi di odio contro la memoria storica e contro chi difende i diritti umani e della Madre Terra, contro chi svolge inchieste sulla corruzione, l’impunità e le menzogne. Questo governo difende una “teologia della prosperità” come legittimazione al sistema capitalista; nei fatti perciò è molto lontano dai valori cristiani come l’opzione per i poveri, la giustizia sociale, ecc.

 

La società salvadoregna in questi anni vive uno dei suoi periodi più violenti. La risposta del presidente Bukele è stata identitaria e muscolare. Vi sentite davvero più sicuri con l’esercito che presidia le città e le campagne?

No, non ci sentiamo più sicuri, anzi… Il “Piano di controllo territoriale” del governo, che è costato molti soldi, non ha funzionato e le comunità si sentono meno protette; con le campagne di terrore e di odio, il governo ha diffuso paura e paralizzato qualsiasi posizione critica. In più, con lo stato di emergenza, decretato il 27 marzo scorso e rinnovato di mese in mese, la cittadinanza ha perso i propri diritti: tutte le istituzioni sono state cooptate dal presidente, e in più si stigmatizza e si criminalizza la gioventù povera. Nelle nostre comunità rurali la quotidianità è peggiorata in tutti i sensi: il costo della vita è aumentato moltissimo, non solo a causa del cambiamento climatico e delle dinamiche internazionali, ma soprattutto per politiche sbagliate del governo. Tutto questo fa sì che la migrazione vada in aumento. Siamo ritornati tristemente e pericolosamente agli anni ’70 – ’80.

 

Cosa vuol dire per voi 9F?

Il 9 di febbraio 2020 è stato un giorno preoccupante, nefasto, un passo indietro nel -pur debole- processo di democratizzazione del paese. È il giorno in cui il presidente Bukele ha occupato militarmente l’Assemblea Legislativa, come si faceva nel periodo di governi militari per minare e indebolire i poteri dello Stato. È stato un tentativo di golpe che poi di fatto non si è consolidato. Purtroppo è stato solo il principio di ciò che stiamo vivendo in questi anni di presidenza Bukele, che dalla sua ascesa al potere ha dato sfoggio di misure autoritarie e dittatoriali di nuovo stile. In una escalation sempre più alta, ha neutralizzato tutte le voci dissidenti della società civile: tutti coloro che chiedono trasparenza per come si spendono i soldi, visto che mai come in questo governo il debito estero è esorbitante, o coloro che osano criticare in senso costruttivo la sua gestione di governo, siano essi mezzi di comunicazione, università (come la UCA, dei gesuiti), difensori dei diritti umani e ambientali, organizzazioni popolari, che reclamano il diritto di manifestare contro gli abusi di potere che questo governo fa. Dopo tanti anni sono riapparsi i prigionieri politici, arrestati attraverso il lawfare, ossia la guerra giudiziaria contro i leader democratici.

 

El Salvador è da sempre una nazione nell’orbita degli Stati Uniti: la vostra ambasciata statunitense è una delle più grandi del mondo e dal 2001 utilizzate il dollaro come unica moneta circolante. I cambi alla Casa Bianca incidono nella vita del vostro popolo?

Per noi l’avvicendarsi al governo USA di democratici o repubblicani non cambia niente! Per la politica estera dell’amministrazione nordamericana (gringa) siamo sempre considerati “il giardino di casa loro”: l’impero ha usato sempre e continua ad usare altri paesi per difendere i propri interessi. Certo, si deve dire però che Bukele si sentiva più in sintonia con Trump che con l’attuale amministrazione.

 

Un anno fa viveva la sua Pasqua Padre Rutilio Sanchez, con cui hai condiviso il percorso di fede e di vita accanto ai poveri. A pochi mesi dal martirio di San Romero, Padre Tilo scriveva: «credo nel sacerdozio come segno del servizio efficace nella comunità. Credo nel Gesù-Popolo-Cristo, capace di insegnarci a trasformare la società. […] Una guerra non si vince solo con gli spari: è necessario un impegno di tutti i cristiani». I cristiani salvadoregni hanno ancora la forza di impegnarsi per trasformare la realtà?

La situazione attuale dei cristiani in El Salvador non è facile. Però, chi cerca di vivere una fede incarnata nella realtà, di mantenere caparbiamente viva la fiamma dei martiri (del profeta Romero e degli altri) e stare attento alla presenza di Dio nella Storia continua a lottare ed accompagnare il processo di liberazione, senza permettere che questa fede sia ingabbiata in riti e miti. La fede si vive in comunità, e come cristiani continuiamo a resistere, persistere e mai desistere, per continuare a trasformare questa struttura socio- politico- economica e religiosa ingiusta, che è contraria al Regno di Dio; un Popolo che si libera scrive la propria storia di Salvezza. Prendere sul serio l’impegno per la costruzione del Regno non è per niente facile… del resto non lo è stato mai.

 

Secondo papa Francesco, tra le priorità della politica non possono mancare la tutela ambientale, la difesa della pace, l’accoglienza per i migranti e la redistribuzione di ricchezze, eppure in Italia i politici “cattolici” si concentrano su altro. In El Salvador questi temi trovano spazio nel dibattito pubblico? La Chiesa cammina a fianco dei poveri?

Le tematiche riguardo alla tutela dell’ambiente non sono priorità dell’agenda politica di questo governo, o -meglio- lo sono… per applicarle al contrario! Considera la natura come una merce. La Chiesa di base è impegnata con le altre organizzazioni della Tavola Ecumenica nelle lotte per la difesa di acqua e territorio, per impedire concessioni alle compagnie minerarie, contro gli agrotossici, contro l’introduzione dei bitcoin, contro la marginalizzazione dei popoli nativi e di altri progetti di morte. La Chiesa gerarchica invece soffre di “un’afonia profetica” ed avrebbe bisogno di un “espettorante di Spirito Santo”! Dobbiamo recuperare con forza la figura di San Romero, che è oggi un simbolo di cristianesimo liberatore. Il vescovo fatto popolo, che assunse l’opzione etica ed evangelica per le persone ed i collettivi impoveriti: Romero è pietra angolare nella costruzione di una cultura di pace, non solo per El Salvador, ma per il mondo.

 

 

Una risposta a “I frutti della santità”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Benedire un uomo in armi, p.es. i comandati a combattere, si intende Invocare Dio a difesa della persona; ad avere il suo aiuto per un successo alla causa che si vorrebbe vincere. ma Dio ama ogni uomo, come supporre che approvi la morte di un altro? Anche se si trattasse di una giusta causa, all’uomo di oggi cristiano chiederebbe di seguire le orme del Figlio Suo, l’ultima e sola Parola da seguire, per realizzare il vero bene. E’ questo messaggio che il Vangelo ha da essere accolto, essere salvezza, vita eterna di ogni uomo. Ci sono guerre in atto, c’e una natura in sofferenza camb.ti climatici tali,un caos alla sopravvivenza di esseri umani, della vegetazione,foreste insidiate da siccità, degli animali alla disperata ricerca di aria e acque in cui è stato tutto creato, questo è visibile, ogni voce di scienza conferma e ammonisce!.Dio è l’assente malgrado i santi, non è accolto da tutti,Lui ha creato la Vita è datore di doni ma appare ancora oggi da molti rifiutato

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