Aboliamo i seminari!

La necessità di abolire i seminari e di trovare altre vie per la formazione dei preti nasce dal cambiamento epocale in cui siamo e dalla necessità di una nuova evangelizzazione
28 Luglio 2021

Aboliamo i seminari, sì! La necessità di mettere le mani nei seminari non nasce appena da problemi di distorsione sessuale dei preti, che semmai sono un effetto e non una causa, ma è molto più antica.

Quando nel 1563 il concilio di Trento prende la decisione di istituire i seminari, come luoghi deputati alla formazione dei futuri preti, vuole ottenere due cose: l’aumento del tasso culturale medio dei sacerdoti e una loro maggiore profondità e uniformità spirituale. Siamo in un momento storico molto importante per la Chiesa. La pervasività culturale del cristianesimo è totale, in Europa, ma è necessario reagire ai movimenti protestanti per salvaguardare la retta dottrina. Non c’è abitante dell’Europa che non sia chiamato a schierarsi e in ciò si dimostra come il cristianesimo abbia un ruolo culturale, sociale e politico assolutamente primario rispetto a qualsiasi altra visione del senso della vita. La fede cristiana è il riferimento sociale con cui fare i conti, anche se, con l’arrivo della modernità, non è più così scontata come nel medioevo e deve in qualche modo accreditarsi di fronte alla ragione, che lentamente diventa sempre più il vero motore della vita umana.

Ha perciò un suo senso, prendere per cinque anni un ragazzo e farlo vivere nelle regole dell’istituzione seminariale, fortemente riconosciuta dalla società stessa, affinché lì possa formarsi uno spessore culturale e spirituale tale da essere in grado di dare risposta proprio a questa doppia necessità: riaccreditare la fede agli occhi della ragione e ristabilire la retta dottrina. Finiti, poi, questi cinque anni, egli si ritrova la medesima società di cinque anni prima e ci entra con una posizione ben chiara, riconosciuta non solo ecclesialmente, ma anche socialmente: essere la guida dei fedeli sulla retta fede e sul cammino spirituale.

Sappiamo come è andata. Almeno tre effetti vanno sottolineati.

Primo. Nel corso dei quattro secoli successivi il seminario è ben presto un luogo di “garanzia” di sopravvivenza economica per moltissimi figli di famiglie che non hanno altre possibilità, che vi entrano perciò con motivazioni non del tutto vocazionali. Secondo. Contemporaneamente non viene meno l’abitudine  delle famiglie potenti a mettere le mani sulla chiesa per farla diventare strumento del loro potere sociale e politico, finendo per “distrarre” gli obiettivi ecclesiali.

Qualcuno dirà: distorsioni accettabili, che sui grandi numeri dei seminaristi di quei quattro secoli, hanno ugualmente permesso ai migliori di aumentare effettivamente il proprio tasso culturale e di approfondire la loro spiritualità. Vero sì, generando anche grandi santi. Ma sono distorsioni che, grazie a Dio, sono finite attorno alla fine degli anni ’60 del novecento, quando la società europea ha iniziato a cambiare profondamente volto e condizione economica e i seminari si sono improvvisamente quasi svuotati. Da lì in poi, il seminario è sempre meno riconosciuto socialmente, ma continua ad esserlo ecclesialmente. Ma dopo la metà degli anni ’80, la Chiesa perde gradualmente il suo ruolo di riferimento unico sul piano del senso della vita e la società inizia a cambiare drasticamente e velocemente.

A fronte di ciò, invece, il seminario resta praticamente se stesso e ciò continua a perpetrare un terzo effetto, già presente agli inizi e che permane tutt’ora: i futuri preti sono educati alla diversità e alla separatezza rispetto ai fedeli comuni, e soprattutto a pensarsi come guide (spesso: un uomo solo al comando), perciò in un livello di potere più alto di quello dei fedeli. Questo è, di fatto, la consegna del potere della comunità di fede tutto nelle mani del prete, che è alla base del dramma attuale del clericalismo e dell’insignificanza dei laici.

Da tempo penso che la crisi delle vocazioni sacerdotali in Europa e America sia opera di Dio e non della mancata risposta degli uomini (come la maggior parte della gerarchia pensa), e nemmeno del diavolo (come molti cattolici ultraconservatori sostengono). Forse Dio sta provando a mandarci un segnale per smontare il clericalismo, e per ripensare come poter essere comunità di fede che sa essere presente ed efficacie nel mondo di oggi.

Nella logica tridentina, infatti, aveva un suo senso costruire i seminari così come sono, ma oggi non ce l’ha più. Perché oggi il cristianesimo non è più il riferimento primario per il senso della vita degli europei. Ci può dispiacere, ma non si può negare. Perché un seminarista, dopo cinque anni, rientra in una società diversa da prima e il suo ruolo di guida ecclesiale è quasi sempre dissonante rispetto a comunità ecclesiali che spesso non sono comunità, svuotate della fede e abitate da persone che fruiscono sempre più in modo individualizzato del “servizio religioso”. Perciò non si può continuare a pensare che un prete abbia un posto riconoscibile nella società attuale e che la comunità ecclesiale sia un luogo effettivo di vita cristiana in cui lui possa sentirsi riconosciuto. Oggi la comunità non va guidata, ma rifondata, perché la fede deve riaccreditarsi non tanto rispetto alla ragione, ma rispetto al mercato della felicità e alle dimensioni emozionali e corporee, sulle quali non c’è quasi nessun “percorso” educativo all’interno dei seminari.

Allora, isolamento, intellettualizzazione, e sentirsi guide sono dimensioni che per un seminarista, oggi, sono controproducenti. L’isolamento lo farà sentire solo, l’intellettualizzazione lo spingerà a non trovare canali comunicativi con quei pochi fedeli che ancora lo potranno seguire, il sentirsi guida finirà per essere il modo più diffuso per procurarsi compensazioni umani inevitabili.

E questo è il quarto effetto con cui dobbiamo fare i conti. I seminari di oggi, dalla metà degli anni ’80 in poi, rischiamo sempre più di essere luoghi di “rifugio” o “compensazioni” di storture umane che non trovano altre vie di uscita nell’esperienza del singolo. In particolare di quelle sessuali, o quelle implicate nella gestione del potere e del denaro.

Credo che ora sia abbastanza chiaro che clericalismo, forma di vita comunitaria e formazione dei preti sono strettamente connessi tra loro. La necessità di abolire i seminari e di trovare altre vie per la formazione dei preti nasce dal cambiamento epocale in cui siamo e dalla necessità di una nuova evangelizzazione, già da tempo annunciata, ma che sempre più fatica a prendere corpo, perché una delle resistenze maggiori sta proprio, ancora, nei seminari.

20 risposte a “Aboliamo i seminari!”

  1. Ciro Cozzolino ha detto:

    Analisi ineccepibile. Di fatto oggi ci troviamo in una chiesa che manca di coraggio. Due verbi bisognerebbe declinare: rischiare e sbagliare.

  2. Giovanni Giorgio Venzano ha detto:

    Clericalismo = prete guida, amministratore, rappresentante legale. Presbitero significa anziano: vorrà dire qualcosa?

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Una base comune di partenza:
    La Parola
    La realtá e le strutture della Chiesa
    Panorama delle religioni
    Storia della Cristianità, Movimenti inclusi.
    Analisi della attuale società e antropologia.
    Due anni dovrebbero bastare.
    Anche a selezionare i percorsi successivi da scegliere tra Missione/territorio/governo/studio&ricerca

  4. don Stefano Venturini ha detto:

    Un ripensamento è possibile e necessario. Ma dall’articolo sembra apparire all’orizzonte una formazione iperindividualistica che non è la soluzione ma il problema. Una qualche forma che incarni lo “li scelse perché stessero con Lui e anche per evangelizzare” deve restare. Restare prima e dopo l’ordinazione. La Chiesa è sempre rinata nella storia attraverso forme di vita comune, soprattutto del clero.

  5. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Non mi spiego però come mai Cristo abbia scelto i 12,? Se è stato per portare il Vangelo in tutto il mondo doveva nascere una comunità numerosa. Lui li ha istruiti, ha parlato loro a parte, e dunque fatti Maestri di fede per insegnare, e dunque tirocinio di approfondimento per trasmettere Parola e fede.” Da chi andremmo, Signore, solo tu hai parole di vita eterna”ha detto Pietro. Ma la persona qualunque non direbbe oggi la stessa cosa se non conoscessi la Persona Cristo? Cosa manca oggi al prete e la mancanza di spiritualità. Sembra uno che solo ripetono il libro, ma senza essere interessati a dialogare con la persona di fede vissuta, e senza avere questa conoscenza umana dove a sua volta fare esperienza di spiritualità, quella che anche lui ha imparato dal Maestro, che prete e? Il Santo a Padre parla al mondo, ma è un Prete diventato Sacerdote del Maestro, per cui

  6. Andrea Sarto ha detto:

    Il Seminario come tempo di preparazione e formazione si. Come luogo separato non ha più senso se non dannoso. Formazione teologica parallelo ad un percorso universitario laico, maggior presenza nelle comunità parrocchiali, ordinazione sacerdotale almeno dopo i 30 anni. Non è una ricetta ma solo un suggerimento

    • Remo Quadalti ha detto:

      Andrea. Condivido in toto quanto dici/suggerisci. Aggiungerei favorire la vita in comune fin dal tempo degli studi prepatori all’esercizio del ministero presbiterale in piccoli case-appartamenti con la presenza di formatori. Per preparare a fare del vivere insieme una forma normale di vita per i presbiteri in attività pastorale.

  7. Gabriele Capitanio ha detto:

    “la crisi delle vocazioni è opera di Dio”..così, perfetto! con questa frase ci si fa un sinodo. Per fortuna il calo delle presenze nei seminari non significa calo dei cristiani. Molti laici in parrocchia vivono il Vangelo, studiano, leggono la parola e la portano con efficacia.

  8. Roberto Beretta ha detto:

    Uomini speciali, potere nelle mani…. anche nei pedofili? Anche nei carrieristi? Anche in quelli che farebbero volentieri a meno di essere “speciali” per avere un po più di calore umano? Finché penseremo così, il clericalismo è al sicuro. E i seminari sono perfetti così come sono

  9. Luca Weiss ha detto:

    Sono stupefatto da questa presa di posizione. La migliore risposta è questa citazione del Santo curato di Ars, jean Marie Vienner: ” che potere hanno queste povere mani di prete!!!. Ogni giorno, durante la messa, strappiamo dal cielo il Signore e lo portiamo in terra, in mezzo a noi” . Il Seminario, che ha storicamente affrancato la Chiesa dai ricchi e potenti, forma degli uomini speciali, che con il sacerdozio mettono in relazione il cielo con la terra. E per quello che conta la mia personale scarsa esperienza, ho sempre incontrato sacerdoti colti, sapienti, umanissimi, ricchi di esperienza, di cuore e di cultura. Qui si vuole distruggere tutto, non riformare e adattare ai tempi nuovi.

  10. Franco Agnesi ha detto:

    Sono sorpreso dalla genericità dell’intervento. Il seminario descritto non esiste, oppure serve a costruire l’immagine da demolire…
    E soprattutto come si fa ad abolire senza immaginare? Prima si immagina e poi si cambia, o si abolisce. Nell’altro caso è cosa da irresponsabili. Da un po’ di tempo, e sicuramente in questi mesi, il seminario è tema di confronto, e lo sarà ancora. Perché indubbiamente va ripensato. Ma vanno custodite alcune situazioni positive. La serietà della proposta culturale teligico.

    • Alberto Farina ha detto:

      Trovo la replica del vicario della Diocesi di Milano, a meno che non si tratti di un’omonimia, piuttosto sconfortante. Invece di raccogliere gli stimoli contenuti nel testo, si chiude a riccio in una difesa d’ufficio che è l’ultima cosa di cui c’è bisogno. Per altro in Diocesi di Milano si continua a fare tattica pastorale (nuovi decanati, unità e comunità pastorali), ma di strategia non se ne vede. La mancanza di rapporto con la realtà (vedasi il Nuovo Lezionario ambrosiano, costruito in modo intellettualistico e senza tenere conto dei bisogni del popolo di Dio) è palese…

  11. Raffaele D'Antuono ha detto:

    Si parla spesso di nuove strade per evangelizzare. Ma non riusciamo ancora a distaccarci dal: “si è fatto sempre così”. La novità spaventa molte volte, perché ti immette in una dimensione di insicurezza. L’istituzione ecclesiastica se vuole vivere deve cambiare linguaggio. Non solo i seminari vanno chiusi ma anche tante forme di clericalismo vanno abbandonate.

    don Raffaele D’Antuono
    Dott. in Scienze e tecniche psicologiche

  12. Efisio Bova ha detto:

    Condivido pienamente la riflessione.
    Aggiungo però che prima ancora dei seminari sarebbe utile una riforma radicale delle “curie”.
    Per rimettere Cristo al centro della vita della Chiesa bisogno “spostare” le curie che di fatto ne stanno occupando il posto.

  13. paolo bernuzzi ha detto:

    la questione è seria, la mia piccola esperienza (sono stato sei anni direttore spirituale in seminario) mi dice che, ad oggi, i vari rinnovamenti nella formazione dei seminari sono stati solo nei dettagli ma la struttura è sempre quella, e non ci sono esperienze alternative un po provate, (che ne è stato delle varie comunità a tempo?) in italia poi siamo troppo legati al passato e rischieremo di farne solo una questione di numero, viviamo (soprattutto i vescovi) nel panico del seminario vuoto. il guaio è che non riusciamo a formare perchè siamo ingabbiati in vecchi schemi e in vecchie e nuove paure; e fatichiamo anche a suscitare nei candidati il desiderio di diventare protagonisti della loro formazione (capaci di discernere e scegliere). anch’io credo che in questa difficile situazione il Signore ci sta parlando ma noi sappiamo ascoltarlo?

  14. Iosif Husaru ha detto:

    I seminari attuali generalmente sono luoghi di formazione teologica, ma di deformazione umana. Andrebbero chiusi seduta stante, anche perché sono già quasi vuoti. Ci sarà un perché? Ma i responsabili ecclesiali non si pongono neanche il problema del discernimento dei segni dei tempi. Loro devono continuare a deformare i giovani che servono allo scopo. Dovranno prima o poi rispondere davanti a Dio per quanta sofferenza hanno causato nella vita di tantissimi giovani. La teologia si può ugualmente studiare alle facoltà di teologia esistenti nelle università attuali.

  15. maurizio SPERANDEO ha detto:

    penso che potrebbe essere utile un rinnovamento della formazione dei futuri presbiteri a partire dalla constatazione del clima di competizione che talora si instaura tra i seminaristi e impedisce di fatto lo sviluppo di un clima di cooperazione che sarebbe fondamentale per un approccio moderno alla società e alla Chiesa. Dovunque oggi è indispensabile saper lavorare in squadra e i seminari devono avere questo obiettivo. Se così fosse sparirebbero come d’incanto problemi come la scarsa attenzione al mondo femminile e il clericalismo, altra faccia di un potere che viene esercitato già nel seminario e si esprime al massimo una volta completato l’iter formativo. I seminari potrebbero essere piccole scuole di vita, aggregate a parroci virtuosi, (ce ne sono tantissimi, grazie a Dio) dove si vive la comunione e l’esperienza pastorale di servizio, illuminate da studi seri e moderni con percorsi di scoperta di sè e degli altri.

  16. Alessandro Parolin ha detto:

    La provocazione di Borghi è condivisibile. Le conseguenze descritte sono coerenti con l’analisi storica puntuale e le ricadute pastorali altrettanto evidenti, almeno in questa parte di Europa in cui si stenta ecclesialmente a scindere “ministerialità” da “potere”. Aggiungerei altri elementi da considerare nella formazione-preparazione dei presbiteri: elevare l’età canonica per l’ordinazione, sganciandola dal completamento degli studi di teologia. Rendere “pubblico” l’insegnamento della teologia, come avviene in altri contesti europei. Riconsiderare la ratio studiorum, permettendo ai candidati al presbiterato un maggiore approccio biblico-spirituale con adeguati percorsi di “tirocinio” nelle comunità.

  17. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Bisognerebbe abolire molte cose , non solo i seminari. Bisognerebbe abolire ,a quel che si sente , il celibato dei preti, bisognerebbe abolire le parrocchie, bisognerebbe dare ruoli di potere alle donne, bisognerebbe forse abolire il Catechismo ai bambini , l’ora di religione a scuola, l’otto per mille.
    Insomma de-strutturare la struttura della Chiesa cattolica che è:ancora quella tridentina. Il problema e’che detto questo nessuno ha idea di cosa fare , siamo nel vuoto assoluto di idee. Aboliamo i seminari e poi? I cattolici oggi hanno forse idee migliori, slancio, fede , di quelli del Concilio di Trento? Se no, teniamoci prima di distruggere quello che hanno costruito i nostri avi.

    • Floriana Raga ha detto:

      Caro Gian Piero Del Bono, come “ci resta il vuoto”? Non crediamo più nella forza del vangelo vissuto? È quello che ha creato la Chiesa, ed è quello, e solo quello, che la porta avanti

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