I testi di questa Via Crucis sono ispirati dall’esperienza di volontari anonimi e dal discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lo scorso 3 febbraio a Trento, per l’anno 2024 Capitale europea del Volontariato (foto di Gianni Zotta).
Stazione 1 – Gesù è caricato della croce
Poi giunsero in un podere detto Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedete qui finché io abbia pregato». Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e cominciò a essere spaventato e angosciato. E disse loro: «L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate».
Mc 14,32-36
Se anche Gesù ha provato paura, questa “tristezza mortale”, perchè non dovremmo provarla anche noi? E ci può capitare quando siamo al fianco di fratelli o sorelle in una fase critica o con una malattia cronica. Oppure quando ci imbattiamo in una situazione angosciante in cui la nostra buona volontà appare impotente (anche se non è inutile).
E’ comprensibile, umanissimo, avvertire un peso dentro o sopra di noi, mentre ci dedichiamo agli altri. Allora ci aiutano il silenzio e il raccoglimento – come avvenne per Gesù nel Getsemani – ma anche la vicinanza di amici che ci tengono la mano sulla spalla e “vegliano” insieme a noi.
Vederti fragile nel Getsemani, Tu che sei l’Onnipotente!
Scoprirmi fragile, quando ho paura di ciò che non controllo,
della malattia e della morte, soprattutto.
Donami di saper accettare questa fragilità come hai fatto Tu,
di affidarmi alla tua volontà di bene per la mia vita.
Rendimi così più umano, capace di un’accoglienza piena
del fratello e delle sue esigenze.
Stazione II – Gesù cade la prima volta
Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
Eb 2,17-18
Non siamo più bravi e più forti degli altri, non siamo supereroi solo perchè indossiamo l’uniforme del servizio. Talvolta basta un’incomprensione organizzativa o una delusione relazionale per farci cadere la prima volta. E per ritrovarci a terra qualche giorno o qualche settimana dopo. Per rialzarci è decisivo ritrovare e rinforzare i motivi della nostra scelta libera, della nostra vocazione di avere cura degli altri esseri umani. Così riusciremo a sostenere anche gli altri nelle loro cadute, sull’esempio di Gesù e dei suoi discepoli.
Tu sei fedele alle promesse, Signore,
fino a soffrire le nostre sofferenze, fino a cadere sotto la croce.
Ci insegni a rialzarci, nella fedeltà e nella tenacia.
Donaci la fiducia, perché speriamo in Te.
Stazione III – Gesù è aiutato dal Cireneo
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Lc 23,26
In quel “certo” – quasi anonimo – Simone di Cirene ci rispecchiamo volentieri. Anche a noi capita l’improvvisata, la chiamata d’urgenza, la disponibilità a oltranza. Pensavamo di aver completato l’orario di lavoro, di aver finito giornata ed ecco che qualcuno ci chiede ancora qualcosa, di accompagnarlo per un miglio ancora, anzi due, come vorrebbe il Vangelo. Non si dice l’età di Simone, nemmeno la forza fisica e la sua resistenza, ma in questa predilezione di poter aiutare il Figlio di Dio nella sua salita al Calvario, l’uomo di Cirene ci risulta complice, simpatico, un modello vicino.
Anche tu Gesù hai avuto bisogno
che un fratello ti aiutasse a camminare nella sofferenza,
a percorrere fino in fondo la tua strada.
Insegnaci a chiedere aiuto, a fidarci del prossimo,
ad affidarti le nostre fatiche, dalle più piccole alle più grandi.
Rendici a nostra volta capaci di accompagnare i fratelli.
Stazione IV – La Veronica asciuga il volto di Gesù
Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
Mt 15,8
Non è questione di genere, l’amore ai fratelli. Nel gesto della Veronica – più eloquente forse di quello del Cireneo – c’è il simbolo di una relazione segnata dall’umanità, dal cuore caldo, dalla tenerezza. Non si tratta solo di fare, asciugare, rimarginare. Ma di andare oltre l’intervento concreto, per offrire ascolto empatico, comprensione sincera, disponibilità duratura. Guardare al volto del nostro prossimo ci chiede di provare ad accogliere tutta la sua vita, non solo il bisogno concreto, “tampona e scappa via”. Ci educa ad una solidarietà lunga, ad una fedeltà esigente.
Il tuo volto, Signore io cerco, dove troverò il tuo volto per darti onore?
Nel volto del fratello, mi rispondi, mi indichi la strada dell’incontro,
mi chiedi di aprire la mente e scoprire insieme agli altri nuove vie di pace.
Aiutaci Signore a costruire la pace!
Stazione V – Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Ma Gesù, voltatosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli.»
Lc 23,28-31
Non siamo artigiani solitari della beneficenza. Il nostro servizio spesso silenzioso e nascosto conserva sempre un valore fortemente politico: siamo dentro una comunità e della sua storia che va avanti. Per questo c’invitano a privilegiare il lavoro di rete, a promuovere e favorire interventi legislativi che possono migliorare strutturalmente la condizione dei più deboli. Dovrebbe già essere così, visto che la solidarietà è la pietra angolare degli ordinamenti e la nostra Costituzione la riconosce come presupposto di uno sviluppo davvero civile. Come cittadini, non solo come cristiani, dobbiamo batterci per i diritti e per il bene comune.
Grazie Signore per l’esempio delle donne, che anche nel dolore
sanno riconoscere e celebrare
quanto nella vita è fecondo di bene,
quanto rigenera la società e le dona orizzonti più grandi.
Aiutaci ad essere sentinelle del bene comune, per vegliare sulle nostre comunità, sul nostro Stato. Insegna a ciascuno la riconoscenza del cuore,
da cui può nascere nuova forza per proseguire nell’impegno.
Stazione VI – Gesù è inchiodato alla croce
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
Is 50,6-7
Alla base della nostra scelta di volontari e di cristiani non dovrebbero esserci calcoli, tornaconti personali, ma soltanto la motivazione del dono: libero, gratuito, generativo di altri doni. Contribuisce a costruire una “cultura del dono”, esprime una visione del mondo, contagia. Un servizio umile che non si sporca con la ricerca di visibilità o di rendite di posizione; altrimenti, finisce per essere una controtestimonianza, una retorica vuota e offensiva verso chi il volontariato lo vive sino in fondo.
La coerenza radicale può anche non essere compresa o addirittura deriva nella società del “tutto e subito e gratis”. Eppure Isaia esalta colui che “non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi…”
Un amore più grande del nostro è il tuo amore per noi, Signore.
Noi non ne siamo capaci, la paura ci può sovrastare.
Solo deponendo il dolore in Te possiamo camminare avanti,
trovare il coraggio di ricambiare l’odio con l’amore.
Stazione VII – Gesù muore in croce
Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio». Detto questo, spirò. Il centurione, veduto ciò che era accaduto, glorificava Dio dicendo: «Veramente, quest’uomo era giusto». E tutta la folla che assisteva a questo spettacolo, vedute le cose che erano accadute, se ne tornava battendosi il petto. Ma tutti i suoi conoscenti e le donne che lo avevano accompagnato dalla Galilea stavano a guardare queste cose da lontano.
Lc 23,44-49
In Terra Santa, in Ucraina, in tante altre guerre a pezzetti si continua a morire. Un’emergenza umanitaria, davanti alla quale siamo chiamati a spalancare gli orizzonti del nostro servizio: con una preghiera universale, una solidarietà a lunga distanza, non circoscritta solo al nostro ambito locale. Altri fratelli, altri volontari – pensiamo anche agli operatori sanitari negli ospedali sotto le bombe – perdono la loro vita per salvare o curare quella degli altri. Riconosciamoli come “giusti”, preghiamoli come martiri.
Chi guarda e chi commenta da lontano.
Chi scappa e chi muore. Siamo fratelli, Signore.
Vicini o lontani ci hai posti come custodi gli uni degli altri.
Reciprocamente. Come non urlare davanti all’ingiustizia?
Facci sentire il dolore del mondo. Siamo fratelli, Signore.
Stazione VIII – Gesù è deposto dalla croce
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.
Gv 19, 38-42
L’ultimo atto della Passione di Gesù ci presenta come protagonista un altro volontario quasi sconosciuto, Giuseppe di Arimatea. Va a compiere l’ultimo gesto con discrezione, di nascosto, come spesso facciamo noi. “Era discepolo di Gesù”, sottolinea l’evangelista, e prende la forza di andare da Pilato per fare la sua richiesta non scontata. Questa determinazione ci dà la forza per sperare contro ogni speranza, per cercare di portare a termine i nostri impegni, per non perdere mai una virtù oggi rara: la costanza.
Nel prenderci in consegna il tuo corpo morto, o Signore, impariamo l’attenzione all’integralità della persona di cui ci prendiamo cura.
Meditando sull’azione pietosa del volontario di Arimatea vogliamo prometterti
la stessa delicatezza e la stessa determinazione nel fare fino in fondo del nostro meglio. Amen.