Sacra famiglia, quadretti astratti e schemi disumanizzanti

È tempo di rivedere certe immagini disincarnate della sacra famiglia per ritrovare una lingua che possa dire qualcosa di concreto ai credenti
1 Febbraio 2024

Domenica scorsa la liturgia ambrosiana celebrava la “festa della famiglia”, che in rito romano è invece inserita nel tempo di Natale. Quello che mi ha colpito, più di altre volte, è il tono generale della liturgia, in particolare a riguardo della prima orazione e del prefazio.
Questi i testi, a partire appunto dall’orazione di “inizio dell’assemblea liturgica”:

O Dio onnipotente,
che hai mandato tra noi il tuo unico e dilettissimo Figlio a santificare i dolci affetti della famiglia umana e a donare, con la sua immacolata condotta e con le virtù di Maria e di Giuseppe un modello sublime di vita familiare, ascolta la preghiera della tua Chiesa: concedi ai coniugi le grazie della loro missione di sposi e di educatori e insegna ai figli l’obbedienza che nasce dalla fede.
Amen

E questo il prefazio:

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre, qui e in ogni luogo, a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Il tuo unico Figlio, venendo ad assumere la nostra condizione di uomini, volle far parte di una famiglia per esaltare la bellezza dell’ordine da te creato e riportare la vita familiare alla dignità alta e pura della sua origine. Nella casa di Nàzaret regna l’amore coniugale intenso e casto; rifulge la docile obbedienza del Figlio di Dio alla vergine Madre e a Giuseppe, l’uomo giusto a lei sposo; e la concordia dei reciproci affetti accompagna la vicenda di giorni operosi e sereni. O famiglia nascosta ai grandi della terra e alla fama del mondo, più nobile per le sue virtù che non per la sua discendenza regale! In essa, o Padre, hai collocato le arcane primizie della redenzione del mondo.
Per questo disegno di grazia, mentre guardiamo con venerazione e speranza gli esempi della santa famiglia, eleviamo a te, o Padre, la nostra lode di figli.

I testi sono chiari nel tono estremamente astratto, devozionale e quindi, sostanzialmente, disincarnato. Il tema, non nuovo, è quello della concretezza e della realtà che la liturgia molte volte ignora, in un ‘classicismo’ concettuale che non ha polvere e terra, a favore di un puro verbalismo senza radice nella vita quotidiana e reale delle persone. In questo caso Maria e Giuseppe vengono presentati come ‘angeli’: quello che si dice dell’amore di coppia è che esso era «intenso e casto»; che Gesù «rifulge» per «docile obbedienza», quasi contasse solo quella nei rapporti tra genitori e figli; si dice, inoltre, che regna la «concordia dei reciproci affetti», in «giorni operosi e sereni». E si noti: la scelta di Gesù è di stare in una famiglia per «riportare la vita familiare alla dignità alta e pura della sua origine».

Ne emerge un «modello sublime» che è totalmente perfetto, altissimo, purissimo. In quella famiglia mai un contrasto, una delusione, un’incomprensione, una frustrazione, un disaccordo, una fatica profonda, anche nelle relazioni tra persone? Nel timore di porre l’accento su una concretezza che rischia di sfiorare uno scivolamento verso un implicito sessuale, si esalta la castità massima, la purezza somma, la sublimità angelica e sorridente, quasi proponendo un affresco anafettivo. Ma come ci si voleva bene in quella famiglia ‘particolare’? Eppure, è lecito pensare che anche quei due genitori avranno commesso errori, avranno avuto delle mancanze, si saranno imbattuti in momenti di incomunicabilità.
Per fortuna il Vangelo si incarica di restituire un po’ di vita vera alle dinamiche di una famiglia peraltro ‘strana’, a partire dall’episodio di Gesù tra i dottori per finire con le tensioni tra Gesù e i parenti (madre compresa).

Mi chiedo, però, se alla base di tale astrattismo familiare non ci sia ancora la fatica, l’ostacolo che i cristiani sperimentano nel sostare davvero sull’incarnazione di Gesù, insieme al sospetto con cui per troppo tempo si è guardato alla relazione di coppia (sessualità compresa). Oggi però, per fortuna (e per grazia), sono maturati un’altra sensibilità e un’altra teologia sulla coppia e sulla famiglia: perché non fare che tutto ciò penetri anche nella liturgia? E perché non riabbracciare anche in questo caso l’incarnazione di Dio nella sua interezza?
Astrarre, rendere lontani significa rendere silenziosi, e quindi provocare indifferenza, se non sofferenza.
A quale famiglia concreta oggi parla un ritratto come quello che la liturgia propone in relazione a Maria, Giuseppe, Gesù? E soprattutto — mi pare qui stia il cuore — è sano proporre un ritratto di questo genere alle famiglie reali, quelle che si arrabattano tra affetti e mancanze, tra ferite e gioie, tra delusioni e fallimenti che tutti gli uomini e le donne incontrano in ogni relazione profonda, perché così è la materia umana, carnale, di cui siamo fatti? Onestamente credo che non sia sano e non faccia bene insistere su un quadretto edificante di Sacra Famiglia.
Lo dobbiamo anche alla realtà di Maria, di Giuseppe, di Gesù.

Papa Francesco ha recentemente espresso quanto l’Atto di dolore in italiano non sia corrispondente all’immagine del Dio rivelato. Forse è tempo anche di mettere mano a orazioni e similia: parlano lingue e traducono immagini non buone per chi è in cammino in questa fragile complicata esistenza.

3 risposte a “Sacra famiglia, quadretti astratti e schemi disumanizzanti”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Però è proprio da questa la Famiglia di Nazareth trarre ispirazione di coraggio, di perseveranza,, Quel SI, ha significato affrontare un futuro di incognite vicende, di difficoltà da superare, di dolore patito!! Un esempio di perseveranza alla Fede in quel Dio che non ha manifestato a quei coniugi Maria e Giuseppe di tutto quanto il futuro avrebbe loro riservato. Un figlio diverso, speciale. Hanno dimostrato esemplare senso di responsabilità ripetendo il loro SI in tutte le prove! Si pensi cosa significhi per una madre anche di oggi avere un figlio nato con una disabilita che avrà sempre bisogno di amorevoli cure!? O quando in una regione non c’e lavoro e devi cercare altrove? E accettare uno. anche diverso per superare crisi economica avendo famiglia a carico! Realtà, che e’ nel tempo di oggi, esempi di innumerevoli povertà sopportate, sacrificio e difficoltà sono pane quotidiano.per queste famiglie! Un vivere che molto ha in comune con quella santa Famiglia

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    Da qualche tempo ho messo a focus le parole/i messaggi di GIOIA presenti nelle nostre preghiere, santi vari inclusi.
    Ne ho trovati ben pochi.
    Al primo posto sono i msg in cui ci si riconosce PECCATORI E si invoca il perdono.
    Msg in cui ci si umilia. A parte che x me TIMOR di Dio non significa un dio vendicativo. Vuol dire altro.
    Ma che cosa differenzia a sto punto il ns modo dai Tdg? O da tante sette?
    Già nel Padre nostro manca.
    Quasi sempre si chiede per se stessi cose terrene.
    Ma il msg non diceva di mettere al centro l’altro? Magari lo Spirito?
    Difficile capire che é qs stesso format ad allontanare dalla confessione??

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma già si è verificato questo gap, questo vuoto e la causa in cui tutto si sta disfacendo anche nella famiglia è proprio perché manca lo spirito di quella di Nazareth, manca la presenza di quel Dio al quale nessuno o solo chi ha mantenuto la Fede ancora si rivolge. E’ quel Vangelo che viene rifiutato; quelle 10 Parole ad iniziare, e quel concetto di amore che santifica la vita della persona umana insegnato, chiarito, dimostrato da Cristo , malgrado Dio si sia fatto carne proprio perché essere meglio compreso dall’uomo, che non è gradito all’uomo moderno il quale lo è di se stesso, del suo modello di vita, interessato a raggiungere altro benessere qui in terra, costruendo cose specchio e idolo di se stesso in cui rimirarsi, provare soddisfazione in avere e possedere secondo il suo concetto di amore a libertà. Nazareth e reale in quelle di oggi che emigrano, nelle povertà dei senzatetto, e in quell’amore profano che ha preso il posto del sacro

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