Prendersi cura degli emarginati…

I clochard morti per il freddo, il supermatismo bianco, i femminicidi, la vicenda Bose, la malattia di Huntington, il fenomeno della tratta: questi i fatti di cronaca che, riletti alla luce delle Scritture, ci interrogano su come non dare scandalo emarginando il prossimo.
14 Febbraio 2021

In un tempo di crisi e frammentazione, difficile da analizzare e per ora impossibile da sintetizzare, la lectio personale delle scritture domenicali, alla luce della cronaca quotidiana, fa risuonare in noi più domande che risposte. Pensiamo perciò sia utile proporvi, con le parole del poeta Rilke, di sostare un attimo in compagnia di queste domande soltanto: «vorrei pregarla di avere pazienza verso tutto ciò che è irrisolto nel suo cuore, e di sforzarsi di provare amore per le domande in sé, come se fossero delle stanze chiuse a chiave, o dei libri scritti in una lingua straniera. Non si affanni, dunque, per ottenere risposte che ancora non possono esserle date, perché non sarebbe in grado di viverle. Ciò che conta è vivere ogni cosa. Viva le Sue domande, adesso. Forse così, un giorno lontano – a poco a poco, senza accorgersene – vivrà già dentro la risposta» (Lettera a un giovane poeta, IV).

 

Mostafa Hait Bella a Torino, Abdellah Beqeawi detto Filippo ad Arzachena, Edwin a Roma: tutti morti per il freddo, il secondo probabilmente dopo essere stato deriso e picchiato da alcuni minorenni, il primo dopo aver perso quel poco che aveva a causa della pandemia. Sembra che avessero detto ai servizi sociali o agli uomini della Caritas di non volere «trascorrere la notte in una casa di accoglienza». Questo significa che la morte per assideramento è avvenuta per “libera scelta” o “fatalità”? Certo che no, ma d’altra parte, possiamo sorprenderci di tali dinieghi se già nella Bibbia sembra che la legge di Dio comandasse ai lebbrosi di portare vesti strappate – gridando “immondo, immondo” – e di vivere da soli, lontani da tutti (Levitico 13,45-46)?

 

Robert P. Jonesha, direttore del Public religion research Institute (Washington) e cristiano battista, ha raccolto i documenti storici che attestano il profondo radicamento nel cristianesimo evangelico statunitense del supermatismo bianco: «l’idea secondo cui per volontà stessa di Dio, che avrebbe marchiato i discendenti di Caino col colore scuro della loro pelle, i bianchi sarebbero stati destinati a stare in cima alla piramide sociale, politica e culturale». Robert P. Jonesha ha condotto questa ricerca nonostante – o forse proprio perché – solo da adulto si è accorto del radicamento di tale idea e di quanto essa fosse rimossa dalla comunità religiosa di appartenenza. Possiamo dire che, in questo caso, egli ha veramente messo in pratica quanto dice il salmo: “ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe» (Salmo 31,5)? E veramente, in questo caso, possiamo esclamare: “beato l’uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato” (Salmo 31,1)?

 

Sempre in tema di uomini (maschi) violenti, come non parlare di quello che Dacia Maraini chiama giustamente “l’assurdo silenzio sui femminicidi”? Non certo perché non se ne riporti ogni volta la notizia, ma perché se Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Tiziana Gentile, Victoria Osaguie, Rosalia Garofalo, Ilenia Fabbri fossero state “un uomo ucciso dalla moglie, accoltellato, sgozzato, bruciato, strangolato, fatto a pezzi, gettato nel cassonetto o in fondo a un burrone” e “queste donne, assieme al marito, [avessero] ucciso anche i figli, strangolandoli o sparando loro in testa”, sicuramente “si leverebbero voci scandalizzate, urla, denunce, grida di «torniamo alla pena di morte»! I giornali si scatenerebbero. Qualcuno certamente teorizzerebbe che le donne sono malvage per natura, nemiche dell’uomo e tendono a distruggerlo. Verrebbero fuori decine di psichiatri a dire che le donne sono incapaci di vincere la gelosia, portate al crimine e oggettivamente pericolose”.  In questa tragedia, quanti di noi uomini (maschi) potrebbero rientrare – anche solo per aver evitato il peccato di omissione – tra coloro di cui si dice “beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male e nel cui spirito non è inganno” (Salmo 31,2)? Tra coloro di cui si dice “gioite nel Signore ed esultate, giusti, giubilate, voi tutti, retti di cuore” (Salmo 31,11)?

 

Nella vicenda di Bose, chi ha dato e sta dando motivo di scandalo ai credenti e ai non credenti, a chi è dentro o fuori la Chiesa di Dio (1Cor 10,32)? Quelli che si riconoscono nell’entusiasmo de Il Foglio quando scrive che “una buona parte della chiesa italiana, quella che da tempo auspica rivoluzioni e ribaltamenti nel nome del Papa delle periferie, si trova così senza più un leader spirituale”? O che si riconoscono in quello che scrive Francesco Antonio Grana su Il Fatto Quotidiano, parlando di “disobbedienza” di Enzo Bianchi e di “resistenza” sua e degli altri tre fratelli destinatari del provvedimento originario? Oppure chi, come Massimo Recalcati, descrive l’atteggiamento del delegato pontificio (padre Cencini) usando espressioni quali “acidità aggressiva”, “ferocia dei più biechi controriformisti”, “scure medioevale”, “complicità invidiosa”, dipingendo invece Enzo Bianchi come “l’inerme”?

 

Nella vicenda di Bose, chi ha fatto, invece, lo sforzo di cercare l’utile non proprio ma dei molti (1Cor 10,33)? Quelli che – come Melloni e Recalcati (su La Repubblica e La Stampa) – identificano nella cosiddetta “dottrina Cencini” (che, secondo loro, vedrebbe in ogni carismatico fondatore delle nuove comunità religiosa un abusatore psicologico degli adepti da esiliare) ciò che ha minato ogni vero dialogo tra le parti e quindi ogni possibilità di loro riconciliazione unitaria? Anche perché tale dottrina – come evidenziato sempre da Melloni e Recalcati – si affianca alle teorie di padre Cencini sull’omosessualità quale “patologia strutturale o non strutturale” dalle “singolari…’prognosi’”? O similmente – e forse ancor meglio – chi, come Fabrizio Mastrofini (su Il Riformista), sostiene che “se il Visitatore Apostolico avesse avuto qualche nozione di psicologia delle differenze individuali, forse avrebbe trovato il bandolo della matassa”, dato che “la psicologia relazionale di impostazione sistemica (che non è la psicologia del profondo (pericolosa!!!) e che in Italia ha esponenti di rilievo, tutti laici però!) avrebbe sicuramente portato fuori dalle secche invece di allargare questa palude fino all’ingestibile”? Lo stesso Mastrofini non ha ragione ad affermare che “la Chiesa in generale non è capace di affrontare i conflitti relazionali, prima di tutto perché li nega sempre”? Mentre, invece, “i conflitti si affrontano, (…) l’accordo va cercato a fatica con pazienza e con metodo. Non va coperto dall’ideologia buonista del siamo tutti parte di una stessa Chiesa e che bisogna essere buoni e pazienti in quanto cristiani … I sentimenti negativi di invidia, gelosia, avidità, odio, rancore, esistono e vanno gestiti mentre di solito si mimetizzano … Poi però siccome non ce la facciamo, allora a parole ci dichiariamo buoni e comunque peccatori, però nei fatti la facciamo pagare cara ai nostri oppositori o rivali”…

 

Come un tempo i lebbrosi, oggi altre malattie sono segnate dallo stesso “stigma sociale”. Pensiamo alla corea di Huntington, rispetto alla quale però non è possibile ancora una procedura di guarigione (Marco 1,40-42). Ciò nonostante, non ha fatto qualcosa di analogo alla divulgazione del miracolo da parte del lebbroso (Marco 1,44-45) il giovane don Marco Salvadori, viceparroco a Scandicci, fondando “NOI Huntington”, per riconoscere e sostenere la fragilità di altri giovani che convivono con i loro cari affetti da questa malattia neurodegenerativa rara, poco conosciuta e accettata con estrema difficoltà dagli stessi familiari?

 

Grazie al “sistema anti-tratta” sappiamo che molte donne provenienti da diversi Paesi dell’Africa e dall’Europa dell’Est sono vittime dello sfruttamento sessuale (reale o attraverso il cybercrime), mentre i bambini dell’Africa occidentale, Asia meridionale, America centrale e Caraibi vengono sfruttati nel lavoro nero dei campi o delle piccole industrie manifatturiere. Donne e bambini, poi, sono spesso segregati e mantenuti ottimamente per procedere all’espianto degli organi richiesti sul mercato nero. Forme di guarigione di queste persone altrimenti emarginate (Marco 1,40-42) non sono realizzate, ad esempio, dalla Rete internazionale della Vita consacrata contro la tratta di persone, nata nel 2009 con il nome di Talitha Kum e diretta dalla comboniana suor Gabriella Bottani, la quale porta avanti progetti di liberazione di queste donne e bambini? E similmente non opera l’orsolina suor Rita Giaretta che a Roma ha fondato Casa Magnificat grazie alla parrocchia di San Gabriele dell’Addolorata, mentre a Caserta già da anni lavora in questa direzione presso Casa Rut e la cooperativa New Hope di sartoria antica? A tal proposito, testimonianze di liberazione come quella della ventitreenne nigeriana Joy, non sono analoghe alla positiva ‘violazione’ dell’obbligo al silenzio che Gesù aveva chiesto al lebbroso guarito (Marco 1,44-45)?

 

3 risposte a “Prendersi cura degli emarginati…”

  1. Dong Dagley ha detto:

    Questo post sul blog è eccellente, probabilmente per il modo in cui è stato sviluppato l’argomento. Mi piacciono anche alcuni commenti.

  2. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Io non sono mai stato un fedele di Bose e di Enzo Bianchi tuttavia questi metodi non mi piacciono ,sia che siano usati su Enzo Bianchi, sia che siano usati su ordini di tipo tradizionalista come i Francescani dell’ Immacolata. Punire e sopprimere, senza un pubblico processo, senza dire nulla di chiaro sulle motivazioni, e’ un esercizio di potere ecclesiastico veramente odioso.

  3. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Le interpretazioni di Massimo Recalcati e di Fabrizio Mastrofini sono interpretazioni psicologiche, di psicologia relazionale. Ma Bose e’ una comunita’ monastica, quindi spirituale, e la figura di fratel Enzo Bianchi ha ( o dovrebbe avere )una dimensione spirituale. Possibile che non vi sia , nessuno, proprio nessuno nella Chiesa che si faccia carico del dolore dei fedeli per questo ennesimo ” scandalo” , ma si voglia ridurre tutto allo psicologico o alla politica ( Melloni).
    E Papa Francesco non dovrebbe dire qualcosa su questo dolore dei fedeli di Bose?

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