ANNO C – DOMENICA FRA L’OTTAVA DI NATALE – SANTA FAMIGLIA DI GESU’, – Lc 2, 41-52
Il fatto narrato nel brano di oggi ha un contesto abbastanza chiaro, anche se lascia qualche dubbio sulla sua verosimiglianza. Giuseppe porta la famiglia a Gerusalemme per la celebrazione della pasqua, adempiendo una delle tre volte l’anno (assieme a pentecoste e capanne) in cui il buon ebreo doveva salire “alla presenza del Signore” (Es 23,14-17). Si viaggiava in carovane numerose, quasi sempre fatte di parenti e conoscenti. Questa festa durava sette giorni. Al rientro i suoi genitori, dopo un giorno di cammino, si accorgono che lui non è nella carovana. Ritornano di corsa a Gerusalemme e li, dopo tre giorni di ricerche, lo trovano nel tempio a discutere con i teologi.
Solo Luca ci riporta questo episodio, incastonato tra due riassunti in cui mostra la crescita umana di Gesù (Lc 2, 40.52), quasi a volerci dire qualcosa del suo periodo di “sviluppo”, costruendolo sul racconto della vocazione del profeta Samuele (1 Sam 2, 21.26). Il tema del viaggio e dei tre giorni spesi per ritrovare Gesù, rimanda chiaramente al grande viaggio di Gesù verso la pasqua, e ai tre giorni tra la sua morte e la resurrezione, che occupa tutta la seconda parte di questo vangelo.
Per tutti questi motivi sembra davvero che lo si debba interpretare più in modo simbolico, che non come dato storico. Perciò, per chiarire il suo significato bisogna seguire con attenzione i segnali del testo che ci rivelano l’intenzione di Lc.
I personaggi del brano non sono mai chiamati per nome, tranne Gesù, ma solo con il ruolo o il pronome. Quando i personaggi evangelici non vengono nominati esplicitamente, spesso ricoprono un ruolo simbolico. Il brano è visto tutto dalla parte de “i suoi genitori” (v. 41.43), soggetto grammaticale alle frasi di metà esatta del brano. Chi sono? Chi rappresentano simbolicamente? L’ipotesi più accreditata è che siano il simbolo dei buoni Ebrei, osservanti della legge, quindi anche Giuseppe e Maria, che non riescono a comprendere cosa sta accadendo con la nascita di Gesù. Loro cercano di comprenderlo dentro alle categorie ebraiche usuali, ma il suo agire sfugge ad esse.
Perciò non lo “conobbero” (v. 43). Il testo sembra dire che sono loro a non averne più percezione, a “perderlo”, non lui che si smarrisce. Lui sa bene dov’è e perché è lì (v. 49); loro invece sono sbigottiti e angosciati (v. 48). Alla lettera, nell’originale greco, dovremmo dire che sono colpiti nel plesso solare e provano un dolore così intenso da sentirsi sprofondare nel vuoto. Cioè devono fare i conti con il loro fallimento esistenziale e il senso di morte che li invade.
Dentro a “i suoi genitori” possiamo ritrovare noi stessi? Non è forse esperienza di tutti i credenti di non riuscire, spesso, a comprendere come Dio si muova per amore, usando le nostre categorie usuali? Quanta resistenza, allora, mettiamo in campo, quanto ci viene da chiedere e rimproverare Dio, esattamente come dice “la madre”: “Perché ci hai fatto questo?” (v. 48). Altro che la famiglia del “mulino bianco! La San(t)a Famiglia si mostra qui in tutta la sua tensione interna e fatica relazionale, molto più reale di tante descrizioni moraleggianti e idealistiche.
Ma come mai? Il testo mette un segnalino interessante: “la madre” appella Gesù con una parola, tradotta con Figlio (v. 48), che ha dentro il senso del possesso e del potere su di lui. Alla lettera “ciò che io ho prodotto e perciò un mio valore” (incredibilmente imparentata con la parola “tecnica”). Anche nella San(t)a Famiglia c’è il problema della libertà generazionale che i genitori devono riconoscere ai figli.
Che a noi dice: fino a che stiamo nell’idea che Dio sia ciò che la nostra mente “produce” pensandolo, lo vedremo al nostro servizio, uno strumento che posso utilizzare per i miei desideri e obiettivi, ma non lo comprenderemo e non lo troveremo. Solo se accettiamo che lui sia libero rispetto alle nostre aspettative, se accettiamo di camminare verso la morte delle nostre categorie e la resurrezione delle sue sorprese, se accettiamo il travaglio di sentirci “sprofondare nel vuoto” di senso, per averlo “perso”, possiamo farci raggiungere dalle sue primissime parole dette nel vangelo di Lc.
Che sono parole di presa di distanza da ciò che “i suoi genitori” vorrebbero: “Perché mi cercate? Non sapevate che è necessario che io sia nelle cose del Padre mio?” (v. 49) A dire che la sua vita è relazionata totalmente (che io sia!) al Padre celeste, come il profeta Samuele era stato consacrato totalmente a Dio. Una risposta davvero senza empatia da parte di Gesù verso i suoi.
Ma una risposta che ci suggerisce che se vogliamo seguirlo c’è solo una possibilità: accettare di farsi spostare e sorprendere dalla sua costante novità rispetto a quello che noi pensiamo umanamente di sapere su di lui e sul nostro tentativo di contenerlo dentro alle nostre categorie. Anche quando questo ci produce una “meraviglia irritata”, come nel caso della reazione dei teologi con cui discute nel tempio. (v. 47). Il vangelo chiede di restare sempre nella “apertura” del cuore e della mente. Chiede di continuare a mantenere aperto il viaggio, perché solo così ci può essere crescita in “sapienza, età e grazia” (v. 52).
E qui prende spazio, allora, la figura della “madre”, mostrandoci come in una sana relazione educativa anche i genitori imparano dai figli. Dopo aver provato a ritrovare Gesù nei suoi schemi, e aver ricevuto da lui una porta in faccia, “la madre” accetta di “serbare tutte le parole nel suo cuore” (v. 51). Espressione molto densa che andrebbe esplicitata con un “accetta di non capire e continuare a mantenere aperta nella sua coscienza la domanda sul senso di ciò che le sta accadendo”. L’atteggiamento finale della “madre” apre quella che può essere la nostra condizione rispetto a Gesù. Il suo arrivo nella carne non produce quello che umanamente spereremmo: la luce splendente che chiarifica tutto. Anzi complica tutto, e chiede di seguirlo pur senza poter controllare più la nostra vita. Tutte le volte che ci fissiamo in modo rigido su un certo modo di “leggere” Gesù, lo stiamo tradendo.
Non dobbiamo, allora, farci trarre in inganno dall’espressione “stava loro sottomesso” (v. 51). Anche qui il termine usato rivela come si tratti di una accettazione delle regole umane prodotte dalla cultura (ebraica in questo caso), non di un riconoscimento di una supremazia esistenziale dei “loro genitori” su di lui, cosa assente in una San(t)a Famiglia. E ciò viene a dire che Dio si può incarnare in ogni cultura, in ogni “famiglia” umana, senza timore di nessuna condizione storica, di nessuna regola umana. Ma in tutte le culture lui resterà sempre un pungolo affinché quella cultura, quella famiglia si apra al di più, all’altro e all’Altro. Non possiamo divinizzare nessuna forma culturale in cui il vangelo si è incarnato, pensandola insuperabile, anche quando essa svanisce e perciò ci “sorprende irritandoci” o ci angoscia fino a sentirci “sprofondare nel vuoto”.
Il Natale chiede di essere aperti continuamente alla novità del vangelo, mai compiutamente esauribile una volta per tutte.
segue Ecco cosa scriveva Nietsche:
“Cosa abbiamo fatto quando abbiamo liberato qs.terra dal suo sole?
Dove va adesso?
E dove andiamo noi?
Lontani da tutti i soli?
Non è il nostro un eterno PRECIPITARE?
Avanti, indietro, di lato, da ogni parte?
Esiste ancora un alto e un basso?
NON STIAMO ERRANDO IN UN NULLA INFINITO?
NON ALITA SU DI NOI LO SPAZIO DESERTO?
E non si è fatto più freddo?
Non si fa sempre più NOTTE, sempre più NOTTE!!??
—————————————————
Mi chiedo:
CHI mi ha messo davanti qs. brano?
che a me dice:
ragaa, stiamo perdendo la REALTA’!!!
e con essa ogni appiglio.. per NON sprofondare!
riconosco che sto esagerando ma ne vale la pena. Mi riferisco allo “sprofondare” del mio ms che richiamava qs di Gil:
“……….. se accettiamo il travaglio di sentirci “sprofondare nel vuoto” di senso, per averlo “perso”, possiamo ………”
Poi così Gil chiudeva:
“Non possiamo divinizzare nessuna forma culturale in cui il vangelo si è incarnato, pensandola insuperabile, anche quando essa ….. ci “sorprende irritandoci” o ci angoscia fino a sentirci “sprofondare nel vuoto”.
Inizio l’ultimo di Vannini e trovo Nietsche così:
scusate max oversize lo posto in nuovo msg…
Caro Alberto, fratello come me con l”ansia di Lui, io avevo postato sulla spinta di Gil, che sta diventando sempre più Vino maturo, ma anche alla Luce di Giovanni, prima lettura:
“Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.”
Poi ho DOVUTO tagliare x oversize..
Ma quel “+vedremo” alle mie ricerche é parso una conferma che saremo nella Luce, ancora noi. con il ns io, persona, ma che il senso della Morte é un ∆ di stato, il passaggio dall’ESISTERE all’ESSERE..partecipare. al Suo ESSERE… ( che nn significa diventare Dio!!!)
PS.ti confido che la Scolastica ed anche tanta Teologia moderna mi ha deluso.
MA come conciliare certi post,teisti attuali con la CC attuale????
Caro Alberto, fratello come me con l”ansia di Lui, io avevo postato sulla spinta di Gil, che sta diventando sempre più Vino maturo, ma anche alla Luce di Giovanni, prima lettura:
“Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.”
Poi ho DOVUTO tagliare x oversize..
Ma quel “+vedremo” alle mie ricerche é parso una conferma che saremo nella Luce, ancora noi. con il ns io, persona, ma che il senso della Morte é un ∆ di stato, il passaggio dall’ESISTERE all’ESSERE..partecipare. al Suo ESSERE… ( che nn significa diventare Dio!!!)68/
PS.ti confido che la Scolastica ed anche tanta Teologia moderna mi ha deluso.
MA come conciliare certi post,teisti attuali con la CC attuale????
Sono giorni e giorni che mi chiedo, gli chiedo, vi chiedo come sarà e come è la relazione UomoDio.
Dio col suo FIAT ha dato libertà all’Universo, al Bios, a me.
Escludo una Sua azione individuale ( tipo: nell’incidente IO mi sono salvato…l,’altro no! Quindi Dio mi vuole bene!! )
No, non posso credere ad un dio ingiusto e partigiano.
Io sono quello che sono x EVO/DEVO + le mie scelte. Riduzionismo puro.
Ma Dio?
* Dio è apofatico cioè ” Dio ę.” full stop. Nessun predicato nominale è possibile..
* Dio NON é in ogni luogo. Dio é senza spazio.
* Dio NON é eterno. Dio é senza tempo.
Allora dove ci incontreremo o Dio? e sprofondo vieppiú…
So che sta a me… a che pro il libero arbitrio?
Per me deve essere un cambiamento di stato.. che coinvolga REALTA’ VERITA’ ESSERE LUCE
Perché per vedere noi abbiamo bisogno della TUA LUCE
La Tua Luce che mi veda NON sprofondare ma librarmi finalmente nella + piena LIBERTA’…
Ciao Pietro, nel confronto tra domande filosofiche ed esegesi biblica, l’aspetto comune è la fonte, per entrambe la potente base cristiana. Secondo me l’esegesi ha ancora molto margine di crescita essendo stata tenuta in secondo piano nella fede cattolica, agli inizi della sua storia a favore di riti e ripetizioni di formule data la prioritaria urgenza di affermarsi ma anche successivamente a favore del pensiero filosofico più rigoroso ma anche tutto sommato più superficiale rispetto alla sua fonte. La filosofia dà un fantastico contributo razionale ma trovo che interpretare la parola la superi in profondità, capacità di senso e di rivelazione.
Per i genitori Gesù si è comportato, come si usa dire, da incosciente dove per coscienza si può intendere dare un significato agli atti che si compiono e ai fatti e il significato rientra in ciò che si conosce, ciò che è familiare.
Gesù agisce secondo una coscienza incomprensibile ai familiari perché non concerne il ristretto conoscere ma il credere, unico modo possibile per conoscere l’essere ed in particolare l’essere figlio di Dio.
Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e la tua mente….” Gesù si rivela in questa distrazione durante il viaggio con i suoi di aver sentito un richiamo alto, un interesse nuovo, una risposta al Padre celeste, il quale lo apre a interesse verso la futura missione. E’ comprensibile il quasi rimprovero dei genitori Maria e Giuseppe di averlo dovuto cercare e l’ansia patita, non potevano immaginare quel cambiamento evolutivo, e anche pe loro inizia una storia dove Dio si fa presente come Padre di tanto Figlio. Anche per Maria continua la sua originale storia con un figlio che non le appartiene e inizia a conservare questo nel suo cuore. E’ un insegnamento per ogni umana famiglia, il figlio e’ dono anche da Dio creatore di vita, egli deve essere curato e fatto crescere secondo un insegnamento nel quale Dio e fatto presente, per questo la persona del figlio deve conoscere la vera libertà godere nelle scelte, questo come segno di vero amore vicendevole.per tutti.