L’immacolata concezione, o della difficoltà della fede

Cosa dice a noi, come credenti, che Maria sia venuta al mondo in questo modo?
8 Dicembre 2024

SOLENNITÀ – IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – Lc 1,26-38

Nella festa di oggi si celebra una verità riconosciuta nella sua certezza solo nel 1854, ma creduta da sempre nella Chiesa: Maria, la madre di Gesù, è venuta al mondo senza essere stata “segnata” dal peccato originale e dai suoi effetti. Non esiste testo neo testamentario che sostenga direttamente ed esplicitamente questa verità, perciò oggi viene letto il brano dell’annunciazione, cioè della notizia data a Maria che rimarrà in cinta di Gesù, per opera dello Spirito Santo. Due avvenimenti distinti, separati da circa 13-14 anni, che la liturgia sovrappone, rischiando di generare, nella percezione sommaria di molti cattolici, confusione e incomprensione.

L’assegnazione di questo vangelo a questa festa consente, però, di intravvedere, al di là dei problemi concettuali di questo dogma, quale sia il senso di questa verità per la vita di fede dei credenti: cosa dice a noi, come credenti, che Maria sia venuta al mondo in questo modo? Ascoltiamo il testo.

La “forza di Dio” (Gabriel v. 26) raggiunge una giovane donna vergine di nome Maria, a Nazareth, città della Galilea. Questi nomi hanno un senso preciso rispetto alla domanda che ci guida. Maria è un nome biblico che, prima della madre di Gesù, compare solo una volta, durante la vicenda della liberazione dall’Egitto e dell’esodo successivo. È la sorella di Mosè ed Aronne, che per ambizione e attraverso intrighi, cerca di prendere il posto di Mosè e finisce per essere colpita dalla lebbra (Nm 12 ss). Nella società ebraica, quindi, questo nome era segnato dalla sventura ed evocava la maledizione di Dio, tanto che nessuna donna biblica, dopo l’esodo, verrà chiamata Maria. Scelta davvero strana, perciò, quella di Gioacchino ed Anna (nonni di Gesù), di chiamare la figlia Maria.

Non solo. Nazareth era una città mai nominata prima d’ora nella bibbia, che godeva di dubbia fama presso gli Ebrei di Gerusalemme e dintorni. Quando Filippo racconta a suo fratello Natanaele che ha incontrato il messia ed è nazareno, lui risponde: “Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46), perché questa città aveva la nomea di essere un covo di rivoluzionari, di terroristi che per zelo religioso si rivoltavano contro i romani. Ma anche la regione della Galilea non era ben vista nella cultura ebraica. “Galil” in ebraico significa semplicemente regione, perciò, come dire una zona senza identità, tanto che Matteo la chiama “galilea delle genti” (Mt 4,15), ad indicare che era una zona di confine, di immigrazione e di confusione identitaria per gli Ebrei.

Ebbene, proprio in queste condizioni che il papa chiamerebbe “periferie” la forza di Dio genera il “salto” essenziale per la storia della salvezza. Proprio là dove nessuno si aspetterebbe che Dio possa operare; proprio dove la logica umana non vede alcuna possibilità. Perché questa scelta? Per rendere ancora più chiaro ed evidente ciò che Paolo aveva già scritto 30 anni prima, parlando della propria esperienza di fede. Per tre volte aveva chiesto a Dio di essere liberato dalla famosa “spina nella carne” e la risposta di Dio era stata: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12,9).

A dire che la fede è dono di Dio e che noi, da soli, non siamo in grado di auto produrcela. I nostri limiti umani, da soli, non consentono di accedere alla fede e di crescere in essa. È necessario un intervento di Dio che faccia fare un salto a questa nostra condizione umana, affinché in essa si possa rendere presente la sua forza e il suo amore. Che Maria sia concepita senza peccato ci ricorda che è nelle mani, nei tempi e nei modi di Dio la possibilità di amarci “come lui ci ha amato”, e che ciò non dipende dal nostro sforzo di volontà, a cui viene chiesto solo di non ostacolare la “forza di Dio”.

Già questo ci segnala che la fede è qualcosa di difficile, che non si accoglie con leggerezza e facilità, ma richiede all’uomo di accettare un salto che vada oltre ciò che si vede e si riconosce in modo immediato. La postura adeguata, allora, è solo quella dell’attesa e dell’invocazione a Dio, che è ciò che l’Avvento ci sollecita: potenziare il nostro desiderio di credere e la richiesta a Dio che aumenti la nostra fede.

Ma c’è un secondo lato, in questo vangelo, che ci aiuta a rispondere alla domanda iniziale. A Maria viene rivolto un saluto “inusuale” nella cultura ebraica. Alla lettera andrebbe tradotto con una parafrasi ampia: “Gioisci, tu che sei la gioia di Dio” (v. 28). Ma la reazione di Maria è totalmente il contrario: “fu angosciata fino a tremare” (v. 29), perché non riusciva a comprendere il senso di quel saluto. Qui, forse, non c’è solo la paura dell’ignoto, ma anche un vago sospetto che la “forza di Dio”, per l’enorme sproporzione rispetto a lei, possa annientarla, come si vede bene in una decina di passi biblici, dalla genesi all’apocalisse.

Maria, cioè, deve fare i conti con il rischio e la paura di morire, di fronte a questo avvenimento. La sua risposta di fede, perciò, è ben di là da venire, ed è piena di difficoltà, per ora. Quindi ha bisogno di esplicitazioni che le vengono date (vv 30-33) per non essere soggiogata da questa paura. Potremmo immaginare che questo le basti. Ma invece, anche quando si rende conto che non morirà e che il “cosa” di questo avvenimento è che dovrà diventare madre del “figlio di Dio” (una bestemmia agli occhi degli ebrei), ancora non si “concede” e chiede un “come”, perché non ha “sperimentato alcun maschio” (v. 34).

Maria, cioè, ha i piedi ben per terra e non è disposta a credere senza comprendere in modo sufficiente, nelle sue categorie umane, ciò che le sta accadendo. E questa è la nostra stessa condizione. La fede richiede di attraversare le difficoltà di essere creduta. Non esiste a costo zero e finisce per impegnare le migliori forze dell’uomo, perché l’accettazione di qualcosa che ci sorpassa tende a procurarci il senso della vertigine e dell’impossibilità.

Forse, proprio per questo, la “forza di Dio” non dà a Maria solo una risposta al “come”, ma la mette in condizione di poter verificare concretamente che ciò che le viene detto è reale: “Elisabetta, la tua parente, anch’essa ha concepito (…) lei, chiamata sterile” (v. 36). La fede di Maria ha bisogno di poter essere toccata con mano, dentro ai normali limiti umani. Non è una fede facile, ad occhi chiusi, vissuta per fuggire alla realtà. Al contrario, Maria vuole una fede reale, anche a costo di dover riconoscere una realtà assolutamente “fuori schema”.

A questo punto arriva il v. 38: “Sia fatto a me secondo la tua parola”. E di solito ciò viene letto come il “sì” pieno di Maria a Dio. Ma qui non c’è ancora la gioia a cui è stata chiamata ad arrivare, non c’è la pienezza esuberante di chi ha deciso la consegna di tutto sé stesso. Perciò, forse, qui c’è solo l’accettazione dell’impossibilità esistenziale di sottrarsi alla “forza di Dio”, un livello di fede cioè ancora grezza e quasi fatalistica. Qui non c’è il canto di gioia di Maria, ma il suo rendersi “schiava” (v. 38). Solo dopo aver incontrato Elisabetta la sua fede sarà piena e gioiosa e si trasformerà nella meraviglia del “magnificat”. Cioè, lei decide di consegnarsi a Dio pienamente solo dopo aver toccato con mano e verificato che ciò che le è stato detto è reale.

Questo percorso di fede di Maria non può essere ignorato, in nome di una visione un po’ angelicata e sublimata di questa donna, che spesso ancora ci portiamo dietro. Perché, così facendo lei diventa un modello irraggiungibile e finisce per essere messa in una posizione quasi divina, inclinando verso una immagine femminile della divinità, tipica delle religioni precristiane, assente invece se si ascolta il testo nel suo dato reale.

Qui, infatti, ci viene detto che quella fede che è dono di Dio, si realizza solo e sempre dentro ai limiti umani, accettando la difficoltà di attraversarli, senza mai superarli o ignorarli. “Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio” (J.H. Newman – La grammatica dell’assenso, cap. 5). Perciò la fede senza difficoltà è “pericolosa”, perché significa che non abbiamo fatto tutti i passaggi di verifica che Maria ci mostra, rischiando così di “saltare” una parte dell’umano, i nostri limiti. L’avvento, allora, ci chiama ad avere il coraggio di riconoscere e accettare i nostri limiti e le nostre difficoltà di credere, come parte essenziale per prepararci alla venuta di Cristo.

I limiti, infatti, non sono frutto del peccato, ma della condizione creaturale, ben presenti anche nel paradiso terrestre, che perciò appartengono anche a Maria. Lo sviluppo di una fede sana, cioè, deve tener conto che, anche senza peccato l’uomo non è “naturalmente” all’altezza di Dio e che il Suo amore è possibile solo dentro a tali limiti, proprio perché Dio li vuole innalzare, quei limiti, non annientare. “La grazia non distrugge la natura, ma la suppone e la perfeziona” (San Tommaso d’Acquino –  S. Th. I, q. 1, a. 8, ad 2).

 

12 risposte a “L’immacolata concezione, o della difficoltà della fede”

  1. Luisa Colombo ha detto:

    Grazie per questo articolo! Da sempre fatico a comprendere Maria come ” regina” del cielo e della terra perché la allontana dalla sua e dalla mia umanità . E in una madre si cerca essenzialmente un grembo che accoglie e non una altezza che allontana… Accogliere Maria come Immacolata però è accettare quel ” salto” nel vuoto che ci proietta nell’ Oltre di Dio ( non è questo il significato della parola ” Santo”?) Ho sempre pregato il Magnificat come se Maria lo avesse rivolto solo ed esclusivamente a se stessa ; da quando lo prego come se parlasse di me, sperimento la forza della Grazia e sento la Madonna come mia madre, felice che anch’io mi senta prediletta da Dio.

    • Maria Crasso ha detto:

      Non ci piacciono i doni che il Padre (non un Papa) preparò per Maria?
      C’è un prima e c’è un dopo: sulla terra ci furono i patimenti e la fedeltà, nel Paradiso c’è la gloria e la felicità.
      Se potessi, scriveva Teresina del Bambino Gesù, io vi darei il doppio della gloria che avete, perché vi amo.
      Turetta non voleva che Giulia Cecchettin fosse più brava all’università e arrivasse prima al titolo. Diceva di amarla ma voleva solo possederla e nel suo narcisismo si sentiva sminuito dalla bravura della ragazza.
      Non dobbiamo temere di contemplare la gloria di Maria perché certo non si è insuperbita allontanandosi dall’umanità: sono i più grandi quelli che sanno avvicinarsi di più ai piccoli.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Sembra proibito per es. ritenere vere le apparizioni di Maria a più persone a Madjugorie. E c’è quel povero don Livio che da anni è divulgatore dei suoi messaggi, una fede provata che ha conquistato l’animo già di molti per quei messaggi ad avere fede in Gesù suo Figlio che Lei ha cresciuto, accompagnato in quel calvario di sofferenze immeritate, così come tante madri anche oggi provano sofferenze verso un proprio figlio. Solo In Lui vi è salvezza, perché ha insegnato cosa è Amore e come si ha la Pace, realizzarla seguendo la sua Parola, consentendo un diretto personale dialogo secondo la Fede e il sentire di ogni persona. Diamo fiducia dunque anche noi a questo sacerdote, vero Uomo di Fede, ascolto che ci da il coraggio di non sentirci soli nella tempesta e di guerre intestine e tsunami climatici. Non siamo come foglie caduche ma esseri viventi oggi è nel futuro, non una vita inutile se seguiremo i saggi ammonimenti di questa Madre speciale

  3. Rosa Vetrugno ha detto:

    Grazie!!! Abbiamo bisogno di una “Maria” più vicina alle donne alla loro umanità e fragilità, che come lei ha detto, non è un peccato, ma solo un limite umano. È ora di calare giù dagli altarini un’immagine di Maria troppo divinizzata e irraggiungibile e renderla compagna e modello di vita quotidiana per tutta l’umanità , proprio attraverso un linguaggio semplice , concreto e comprensibile .Nel Vangelo si parla delle tentazioni di Gesù…. Perché voi teologi non scrivete qualcosa anche sulle tentazioni di Maria e come, nel suo limite umano, nel suo essere creatura, è riuscita a vincerle? Ancora Grazie!

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E’ rilevante come Dio Padre abbia chiesto l’assenso alla giovane Maria ad accogliere la presenza del suo Figlio in lei, a diventarne Madre! Fatto umanamente fuori da ogni regola umana Un Dio che ha dimostrato quanto rispetti la libertà dell’uomo, malgrado Maria fosse stata preservata dal peccato originale, non l’ha considerata sua serva, ma “nuova Eva”. Maria dunque, si è dimostrata persona piena di umani sentimenti, con Fede matura secondo il suo tempo e ben incarnata nella storia e cultura del popolo di appartenenza. Ha mostrato di aver provato timori come da comune mortale ma piena di sorprendente coraggio per l’assenso che le è venuto da mente e cuore, da suscitare gratitudine ancora a noi oggi, Nei momenti difficili, Ella ancora viaggia, oggi tra cielo e Terra, Madre del divino soccorso, premurosa a noi cara a cui ricorrere con confidenza filiale, e ancor più da donna a donna! sicuri di contare sul suo aiuto. presso il Suo Figlio Gesù.

  5. Loretta Diga ha detto:

    ..se mi ricordo bene nostra Madre Maria è cresciuta in una famiglia semplice e devota a Dio ( ringraziando Dio per i viveri e le persone),perciò santa Madre aveva sempre il desiderio di piacere a Dio,.continuava vivere nella semplicità e pregando,..avere fede che Dio esiste non si discute, ma piacere e praticare le buone cose vuol dire tenacia e chiarezza ( vivere in mezzo alla musica prima piace e poi si rafforza di più),..ma poi Dio in ognuno di noi agisce, Lui quando ha visto che fai bene le adizioni ti farà imparare le moltiplicazioni e così via…nessuno sfugge a questo ordine, siamo i suoi figli non può essere altrimenti..

  6. Paola Meneghello ha detto:

    Sicuramente Maria ha fatto un Suo percorso, si è lasciata andare e attrarre dalla Luce intravista nel cuore.
    Ma allora è nata come tutti, che abbiamo in noi un punto immacolato, che dobbiamo solo fare espandere, senza paura delle conseguenze.
    L’anima di Maria era pronta per essere ricettacolo del divino, per poterlo riversare.
    Perché solo Maria nasce già pronta per accogliere il divino? Per volere di Dio: ma allora, perché non farlo per tutta l’umanità e finirla qua?
    Eppure Gesù dice: “và, la tua fede ti ha salvato”. non il volere di un Dio interventista..
    O c’è Relazione tra Dio e creatura, che gradualmente accoglie il divino in sé, e individualmente e collettivamente, grazie a questa accoglienza, il Regno prende forma, o secondo me, c’è qualcosa che non torna.

    • Roberto Beretta ha detto:

      È proprio quello che pensavo anch’io. L’Immacolata si presta a tante interpretazioni simboliche o devote, ma d’altra parte crea un sacco di problemi. Ad esempio allontana Maria dall’esperienza comune, ne fa un assoluto indebito. A che scopo? Se lei è senza peccato, è pure l’unica che non ha avuto bisogno di redenzione, cioè del sacrificio di suo figlio: un bel paradosso (o contraddizione?). Mi chiedo: non è meglio finirla con la storia del peccato originale?

      • Maria Crasso ha detto:

        Chi l’ha detto che Maria non ha beneficiato della redenzione ad opera del suo Figlio?
        È per il sacrificio di Cristo che è stata esentata ab initio dal marchio del peccato originale.
        Il peccato non è una storiella da lasciare perdere perché fu la più grande tragedia dell’umanità. Adamo ed Eva, mangiando il cibo satanico sono diventati simile a satana.
        È stato un rito satanico, un tradimento, un desiderio di essere ed avere di più adorando il serpente.
        Noi, mangiando nell’Eucarestia il corpo del Salvatore, martire risorto, ridiventiamo piano piano simili a Dio.

    • ALBERTO GHIRO ha detto:

      Non so se interpreto male ma io credo di non essere intollerante ai dogmi che si occupano di dare espressione a un sentimento religioso anche di origine popolare che aggiunge umanità ad una fede solo razionale e verbale. La fede è anche per fortuna un sentimento che ne umanizza il puro ragionamento.

      • Paola Meneghello ha detto:

        Secondo me, è proprio l’umanità di Maria che viene sminuita, in questo caso.
        Che meriti avrebbe avuto, se fosse nata senza peccato? La scelta, sarebbe stata davvero la Sua?
        Credo che considerare la nascita di Maria come quella di tutti noi, non tolga nulla alla devozione popolare, e nemmeno metta in dubbio la Sua anima eccezionale, anzi, a mio modo di vedere, la rafforza.
        Comunque credo che questo dogma non sia affatto banale e nasconda sicuramente una Verità universale, che come sempre può avere più livelli di lettura. Forse quella tradizionale, rischia di non nutrire più le coscienze, almeno secondo me.

  7. ALBERTO GHIRO ha detto:

    Anche in questo brano il tema dell’essere come chiave interpretativa unificante può essere applicato ma come eccezione che conferma la regola. Se ciò che accomuna gli uomini e ne completa la definizione è essere figli del padre sull’esempio di Gesù, l’unicità di Maria sta nell’essere madre, concepita per essere madre, immacolata in questa sua essenza, madre del Cristo e madre pertanto degli uomini, fratelli di Cristo e figli del padre.

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