«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» Non mi sembra che questa frasetta sia riportata negli altri sinottici, è propria di Marco. Dunque la ascoltiamo una volta ogni tre anni, in tempo di ferie, e ciascuno la sente rivolta a se stesso. Quelli che le ferie fuori casa possono permettersele e quelli che, per una qualsiasi ragione, rimangono a casa. Del resto, chi non lo desidera un po’ di riposo? Bello così, che la parola del Signore, anche in questi aspetti minimi, anche per libera interpretazione, risuoni come una parola sapiente rivolta singolarmente a ciascuno. E l’accoglienza di questo seme buono, sparso con generosità, può funzionare come invito a rimanere nell’ascolto, di cose sempre più profonde.
In realtà, se dovessimo stare esattamente alla lettera del brano, l’invito al riposo ha dei destinatari molto precisi: i discepoli che sono tornati dalla loro missione, quella di cui ci ha parlato il brano di domenica scorsa.
La narrazione di Marco ha la consueta efficacia: Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Ce la immaginiamo la situazione: il gruppetto di persone stabilmente intorno a Gesù e gli altri, tanti altri, che vanno e vengono. Vanno e vengono per curiosità, perché desiderosi di una parola buona, perché sperano la guarigione nel corpo o nello spirito.
Nella realtà il perimetro che individua i collaboratori stabili non è poi così evidente: ci sono persone, senza un ministero riconosciuto, che rimangono nascostamente innestati a trasmettere instancabilmente la linfa nell’organismo ecclesiale, e magari ci sono anche ministri ordinati impegnati “con orario d’ufficio”.
Torniamo al Vangelo. Gesù sta nel mezzo. “Vede” la folla e, contemporaneamente, tiene d’occhio il gruppetto di quanti fanno vita comune con lui. Deve saziare, in tutti i sensi, la folla (segue, infatti, la moltiplicazione dei pani e dei pesci) e, contemporaneamente, è attento a non stremare quanti collaborano con lui.
Gesù vede la folla esattamente così com’è, pecore senza pastore, ciascuno segue la sua strada: così abbiamo letto nella prima lettura di Geremia e così leggiamo in Isaia, ogni Venerdì Santo. Ciascuno segue la sua strada, mosso dalle motivazioni più varie, e Gesù ne ha compassione. La sua compassione prescinde dalle motivazioni di chi è lì intorno per vederlo, ascoltarlo, chiedergli un miracolo. La sua compassione sta in primo piano rispetto alla censura dei pastori inadeguati, che troviamo in Geremia e pure in altri passi dei vangeli.
La frase di chiusura del brano odierno sottolinea implicitamente questo atteggiamento: e si mise a insegnare loro molte cose. Che cosa insegnò Gesù in quei giorni? Molte cose, ma non è dato di sapere quali; subito dopo, infatti, c’è il racconto del miracolo. Forse non erano cose importanti? Mi sembra, dunque, che pure in questa frase, apparentemente innocua, possiamo trovare un insegnamento per noi. Il cosa, i contenuti, importano, ma fino ad un certo punto. Quello di cui rimane traccia è l’atteggiamento di dedizione del Pastore ed è quello che noi possiamo imitare. Vale per quanti ricevono un ministero istituito; vale per tutti, pure per i ministeri anonimi, come quello del “settimo evangelista”, di cui scrivevo nel 2019, dopo il Sinodo sull’Amazzonia.
Per chiudere questa spigolatura, comunque, vorrei tornare al punto di partenza. Anche se, alla lettera, il momento di riposo sembrerebbe riservato ai discepoli, quelli che hanno lavorato per Lui, è la Chiesa stessa che suggerisce una lettura estensiva, che allarga lo sguardo e il cuore. In questa domenica ci viene riproposto il bellissimo Salmo 22: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla… Il Signore conduce le vite di tutti noi, attraverso giornate serene ed anche valli oscure.
In attesa di essere accolti nella sua casa, alla fine dell’andirivieni terreno, tutti, ogni tanto, abbiamo bisogno di pascoli erbosi ed acque tranquille, almeno per un momento di sosta. È il sentimento di questi mesi estivi, purtroppo ancora segnati dalle preoccupazioni per la circolazione del virus. Ciascuno sente il proprio bisogno di riposo, di essere rinfrancato; magari possiamo provare a vedere, e non solo vedere, anche il bisogno di sollievo dell’altro.
C’è però da considerare che il silenzio come qui specificato come da eremiti, forse è possibile perché ha una fede esercitata, da credente. Ma se solo si fa caso camminando per strada, ormai non stupisce o ( come i primi tempi, faceva trasalire sentire monologhi da persone che camminano, da balconi, seduti o in piedi affaccendati. Sono abituati a monologhi, a risposte rapide, a interloquire servendosi di apparecchi tecnologici che inducono a sottostare ai processi delle application. Perciò, mi domando, come suggerire quel tempo di riflessione intima ormai abituati a essere sollecitati esternamente. Forse invece un aiuto può servire quando magari vengono organizzati incontri in presenza, dove come per uno studente, è importante vedere e sentire gli altri con quanto di sentire viene reso manifesto..Di sicuro così è stato tra Cristo e gli Apostli, un dialogo dell’umanità con il divino.oggi però la scelta è stata fatta, le pecore hanno conosciuto e anche rifiutato il P.
Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò perché in esso…… È ancora oggi, giorno nel quale la Chiesa raduna il popolo lavoratore a far riflettere sulla Parola di Dio, quanto di essa conosciamo e necessitiamo chiarezza, che Cristo ci propone, a ricondurre noi al Padre, il gregge affidatogli. Oggi malgrado più messe, il settimo giorno è dedicato a molto altro. Il fedele sembra necessitare un ascolto di Parola più mirata a riflettere dell’oggi vissuto, per meglio capire i problemi alla luce evangelica , a meglio discernere circa le proprie scelte. Forse Cristo li ha chiamati a parte proprio per lo stesso motivo, a loro volta sapere di come insegnare più tardi, alla sua dipartita. Forse nell’oggi che viviamo, La volonta di vaccinarsi non solo perché il bene verso se stesso, ma anche a quello di non recare danno ad altri! È così nell’impegno di operare in molti altri campi la comunità beneficia della logica di questo Dio che onoriamo.