L’acqua e la sete

La Quaresima rivela la nostra penombra e la nostra solitudine, accende un desiderio che si converte in preghiera: buio che invoca luce, solitudine che invoca compagnia, morte che invoca vita. Attesa di un Tu che plachi la sete dell’anima
12 Marzo 2023

“Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva” (Gv 4,10).

L’acqua: disseta, pulisce, feconda, pacifica ma anche distrugge; definisce l’essere umano come assetato, bisognoso di nettezza, attesa di una vita che porti frutto, speranza di divenire creatura pacifica e pacificante, consapevole che è sempre possibile decidere di essere invece ‘tsunami’ per sé, per l’altro e per il creato. Nell’ambivalenza dell’acqua ritroviamo la nostra ambiguità.
La sete: certo fisica, assediante, necessaria… ma anzitutto metaforica e interiore. Abbiamo sete di equilibrio psichico tra istinto, affetti e conoscenza, sete di trovare un senso alla vita in cui fiorire, sete di essere lavati dal male che ci infanga e di un fiume in piena che sradichi in noi la radice del male.

Entriamo da assetati nella pagina di Giovanni, come da assetati affrontiamo i giorni della Quaresima. E scopriamo che la sete è paradossalmente di Gesù (e lo dirà anche sulla croce): una sete ‘altra’, quella del suo spirito, a marcare un desiderio profondo di incontro, di liberazione, di piena umanità.

Il dialogo che ci viene presentato ‘cuce’ proprio il desiderio di Gesù con la vicenda della donna, che un po’ alla volta è condotta a riconoscere le scelte frustranti del suo passato e che cosa realmente vuole: amore e comunione. Lei, che offre l’acqua del pozzo, si accorge di aver bisogno di un’altra acqua, quella che sazia un desiderio del cuore finalmente riconosciuto; mentre Gesù, che – come un povero, senza distanza, pretese o preconcetti – chiede da bere alla donna, si rivela come colui che può dare la acqua vera, “viva”, che diventa «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». Ecco dunque: la sete di Gesù di porgere il dono di Dio che zampilla in lui, pozzo di Dio, alla donna e al suo profondo, la ‘ricrea’, a sua immagine, pozzo in cui zampilla l’acqua dello Spirito, dono del Messia a tutte le genti; e la sete della donna di un’acqua che la faccia fiorire a vita buona, a vita eterna, a nuova creatura.

Il dono di Gesù – che supera la logica (mezzogiorno, in mezzo al nulla), la differenza religiosa (il contesto samaritano), la convenienza (“si meravigliavano che stesse a parlare con una donna”) e la banalità (“dammi di quest’acqua così non dovrò più venire a attingere!”) – apre orizzonti inattesi e imprevisti. L’incontro con lui è ‘vangelo’, mai prevedibile o delimitabile: ti chiede di lasciarti condurre, di oltrepassare l’abitudine, di non rinchiuderti negli spazi angusti della rassegnazione che ti rassicura e opprime.

Come scrive Enzo Bianchi: «Ecco perché, “lasciata la sua anfora”, la donna corre in città a testimoniare quanto le è accaduto. Per la samaritana testimoniare è innanzitutto ricordare gli eventi, raccontare la propria esperienza: qualcosa di decisivo è avvenuto nella sua vita, e ciò ha provocato in lei un mutamento. E così, dopo aver ricordato i fatti, suggerisce un’interpretazione: “Che sia lui il Messia?”. Suggerisce più che concludere, e così accende il desiderio dell’incontro. “La fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), dirà l’Apostolo: dall’ascolto di Gesù è nata la fede della samaritana, dall’ascolto della samaritana è nata la fede della sua gente. E dalla fede procede la conoscenza, dalla conoscenza l’amore: questo è l’evento cristiano, mirabilmente riassunto nell’incontro di due persone assetate!».

Una risposta a “L’acqua e la sete”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Gesù affaticato per il viaggio, o non anche per la fatica il contatto con una umanità povera, bisognosa di aiuto? Aveva sete, il caldo del mezzogiorno e chiede a quella donna venuta a al pozzo a attingere acqua, da bere! ma la grande cosa è il rivolgere la parola, a una donna che anche era Samaritana, un popolo idolatra perciò estraneo. Gesù rompe dunque un tabù’ il dialogo che si instaura diventa opera in spirito di verità; le chiede di chiamare e tornare con suo marito e lei si è vista nella risposta negativa che gli ha dato. La donna scopre in Gesu uno che non era lì solo come assetato; aveva letto la sua vita la vedeva e trattava come persona, e per l’ammirazione si ricorda che di un Messia atteso chiamato Cristo, che annuncerà ogni cosa. Cristo si era già con lei fatto Parola del Padre, già all’opera! Ma noi che lo conosciamo beviamo acqua sorgente dalla terra, un mondo fattosi deserto della Sua la sola da cui trarre speranza di vita.

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