A ferragosto pochissimi sanno che si celebra una festa religiosa: l’Assunta, cioè che Maria “terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo” (come dichiara il dogma del 1950). Per molti è una di quelle feste religiose di “appendice” di cui non sempre si coglie bene il senso. Ma poi ci pensa ferragosto a evitare che ci si ponga il problema. La teologia ci dice che Maria è il simbolo reale, personificato, della nuova umanità redenta da Cristo e della sua Chiesa, perciò, quello che accade a lei, in realtà è ciò che accadrà ad ogni credente.
In questa luce la festa di oggi ha una continuità sorprendente con il vangelo di domenica scorsa. Lì Gesù cercava di alimentare nei capi ebraici la speranza della resurrezione nella carne, perché tutto l’uomo intero è destinato alla vita eterna. Oggi, l’Assunta conferma questa verità e ci anticipa un segno, in modo che la nostra fede nella vita eterna, in carne ed ossa, sia più certo. Lei è già ciò che noi tutti saremo, e la sua “dipartita” dal mondo, anche nel suo corpo, ce lo viene a chiarire.
È come se questa festa aggiungesse uno step di credibilità alla nostra fede nell’aldilà. Siamo umani e abbiamo bisogno di segni visibili che sostengano la nostra fede. Anche noi diciamo di credere, ma poi, chiediamo a Dio di aumentare la nostra fede. E diventa, allora, interessante, il vangelo di oggi, perché ci mostra che pure Maria vive questa stessa dinamica di crescita nella fede, appoggiata a segni visibili.
Il testo del capitolo 1 di Luca che leggiamo oggi, fa seguito all’annunciazione e al sì iniziale di Maria. Ma curiosamente l’esplosione della gioia di Maria e del suo ringraziamento a Dio (il cosiddetto Magnificat) non arriva nell’annunciazione, ma nel testo di oggi, quello che si chiama la visitazione. Nell’Annunciazione Maria replica all’Angelo: “Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo? (v. 34) E l’angelo le risponde spiegandole il come, ma aggiungendo un dettaglio che lei non ha chiesto, cioè che anche Elisabetta, benché avanti negli anni, è incinta. Maria crede alla parola dell’angelo, ma la prima cosa che fa subito dopo non è quella di esultare e gioire magnificando Dio, bensì compie tre azioni assolutamente inusuali per una ragazzina di 12-13 anni, per di più incinta.
Intanto si alza e parte “in fretta” (v. 39). Lc usa qui una parola che si trova 12 volte nel N.T, ma di cui 10 sono in Paolo e significano zelo, dedizione totale, mentre questo passo (come quello di Mc) ha proprio il senso di chi affretta il passo perché spinto dal bisogno impellente di rispondere per bene ad un proprio desiderio vitale. Ciò indica che oltre all’evidente intenzione di Maria di andare a “servire” Elisabetta, c’è qualcos’altro che la muove. Come se quell’aggiunta dell’angelo (anche tua cugina Elisabetta…) avesse aperto in lei il desiderio di dare solidità alla propria decisione di fidarsi di Dio, quasi volendo toccare con mano le grandi cose fatte da Dio in Elisabetta.
Questa lettura è sostenuta anche dalle altre due cose strane che Maria fa: prende la strada più veloce, ma più impervia e pericolosa (verso la montagna v. 39, dove avrebbe attraversato la Samaria, territorio storicamente ostile, forse anche viaggiamdo da sola!), rispetto a quella della costa che era la via ordinaria, ma più lunga, per andare dalla Galilea alla Giudea. Poi, una volta arrivata alla casa di Zaccaria, fa saltare il rito tradizionale del saluto, ignorando tranquillamente Zaccaria, e andando dritta dritta a salutare la cugina.
Se fosse stata animata solo dal desiderio di servizio verso Elisabetta, forse si sarebbe comportata meno trasgressivamente, rispettando le forme e le prudenze della cultura ebraica. Perciò, il fatto che Maria esploda nel suo meraviglioso inno di gioia e ringraziamento a Dio, solo dopo che Elisabetta le ha confermato che anche lei è incinta e l’ha chiamata “benedetta” (v. 42), “madre del mio Signore (v. 43) e “beata” (v. 45), suggerisce che solo adesso Lei ha la certezza nella fede di ciò che le è accaduto. Solo ora si convince che Dio può davvero fare tutto (come l’angelo le aveva fatto capire v. 37).
Perciò qui capisce che è arrivata la “pienezza del tempo”, in cui le promesse del Dio dei suoi padri saranno finalmente realizzate e tutte le attese umane del popolo di Israele potranno essere compiute. Ma se Maria è il simbolo reale personificato della nuova umanità e della Chiesa, il suo inno di gioia a Dio può essere ricompreso come il “finalmente!!” che tutta l’umanità attendeva di poter dire con lei.
Finalmente, perché in lei possiamo tornare a dare spazio alla pienezza della gioia che tutti desideriamo e che mai immaginiamo possa realizzarsi davvero (v. 46-47), ma che inaspettatamente stavolta ha iniziato a realizzarsi: le persone, la storia, la natura, tutto ciò che esiste è destinato a vivere in Dio e come Dio!
Finalmente perché il nostro limite e la nostra piccolezza, che noi ancora pensiamo come impresentabile a Dio, hanno iniziato a diventate, invece, ciò su cui il Suo sguardo d’amore misericordioso si è posato, facendolo innamorare di noi, fino a trasformarli da limiti a valori (v. 48).
Finalmente perché, allora, possiamo incominciare il riconoscimento delle grandi cose che Lui ha fatto dentro di noi e di cui nemmeno abbiamo consapevolezza e che ora, invece, appaiono regali chiari e perfettamente immeritati (v. 49).
Finalmente perché l’attesa di misericordia, perdono, e giustizia dell’umanità intera e della storia, quella che sembra davvero non realizzarsi mai, a cui siamo spesso spinti a non credere, inizia ad essere realtà (v. 50).
Finalmente, perché i superbi che pensano di aver capito tutto, a partite dai teologi e da chi ha potere culturale, sono stati bloccati dentro ai labirinti del loro cuore chiuso (v. 51), e iniziano a non avere più parole solide da dire.
Finalmente, perché i prepotenti che pensano di essere come Dio sono d’improvviso caduti nel baratro generato dalla libertà dei sudditi, che inaspettatamente stanno iniziando a non riconoscerli più (v. 52), togliendolgli la terra sotto i piedi.
Finalmente, perché i ricchi sono stati costretti ad iniziare a cibarsi solo delle loro ricchezze, fino ad esaurirle. Mentre gli affamati stanno trovando quel cibo che desideravano da tempo e, perciò, non solo sopravvivono, ma vedono che possono avere ben di più di ciò che desiderano (v. 53).
Finalmente, perché le potenzialità che la creazione stessa contiene, che abbiamo sentito come promesse fin da quando siamo nati, e che i nostri padri hanno creduto possibili, adesso trovano l’inizio della realizzazione, che nessuno osava pensare così piena e perfetta (v. 54-55).
Maria Assunta in cielo è già tutto questo, lei è già la pienezza di questo e guardandola possiamo non dimenticarci che “quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano”. (1 Cor 2,9)
In questa Parabola tutta concentrata sul “personaggio “Maria” , si direbbe che per lo straordinario avvenimento che accade a una donna per opera di Dio, la maternità, tutto l’atteggiamento di Maria, rivela la sua umanità nelle reazioni che l’annuncio dell’Angelo provoca in una persona umana, sia pure di Fede. Si affretta ad andare dalla cugina, come prova della veridicità che le stava capitando, la notizia che la parente avanti negli anni a sua volta era persona cui Dio aveva guardato concedendo le di avere un figlio. Una conferma per Lei dell’avvenimento che in lei si stava compiendo. Da pensare l’ansia, la preoccupazione, di ciò che stava vivendo! Tutto al di fuori di ogni regola secondo la Legge, le tradizioni e il fatto nella sua umanità. Certo che per tutto questo ha cercato e non si è risparmiata di affrontare rischi e fatica per avere una altra conferma cui sentirsi rassicurata. Da donna tutta la mia comprensione e Gratitudine