Ci abbiamo costruito sopra un proverbio, sintetizzando il testo dalla versione latina della bibbia: “nemo profeta in patria”. Che viene spesso usato per autogiustificarsi quando riteniamo di aver ragione e non ci viene riconosciuto dalle persone della nostra cerchia. Il brano di Mc di oggi è, però, molto più largo, rispetto al riassunto di questo proverbio.
Ritornato a Nazareth, di sabato Gesù entra nella sinagoga e si mette a insegnare: ma la reazione dei suoi compaesani è l’incredulità. Cosa dice ai suoi questo brano e cosa dice a noi? La prima cosa evidente sembra: “non aspettatevi successi facili”. Cioè, se deciderete di raccontare cosa state vivendo con me, dovrete affrontare, come minimo, rifiuti e incomprensioni, perché l’arrivo del Regno sovverte le logiche umane. Voi potreste partire pensando di avere la verità e che anche gli altri dovranno riconoscerla, ma sperimenterete che non è così. E chi vi ascolta potrebbe davvero “scandalizzarsi (v. 3)”. E qui, per me, si mostra il centro del testo.
L’espressione originaria greca “scandalon” è molto densa. Indica la reazione di chi si sente “misurato”, verificato da qualcosa di inatteso che gli accade e improvvisamente si accorge di non avere la disponibilità mentale per accettare che quell’inatteso possa esistere. Di solito percepiamo questa parola sul piano morale. Ma in questo brano non è una questione morale, bensì spirituale. Gesù “misura la febbre” dei suoi compaesani mostrando loro la sua potenza amorevole che produce del bene. Nonostante questo loro non sono mentalmente disposti a credere che quel “modellatore di materia (etimo di falegname v. 3)”, parente a vario titolo di persone ben note a loro, abbia tale “sapienza” e compia opere “potenti” (v. 2). E trasformano subito quel blocco percepito in incredulità, impedendo così che il suo amore possa operare.
Oggi, in realtà non sembra esserci più una reazione di “scandalo” verso Gesù. Oggi come reagiamo al Vangelo?
Da una parte, per la maggioranza delle persone sembra ci sia una sorta di indifferenza, come reazione al vangelo, che si potrebbe tradure così: non mi sposto per nulla davanti a qualcuno che mi racconta l’amore gratuito e assoluto di Gesù per tutti, perché ho dato per scontato già da tempo, con conferme a più riprese, che questo è falso. Non esistono, né sapienza né potenza per togliere il male dal mondo. Uno scandalo già scontato in partenza. Conosco già Gesù Cristo e non è credibile, perciò il suo vangelo non mi sposta più, non mi scandalizza più. Con tutto ciò che ne consegue.
Per un altro verso, una parte sempre meno numerosa, ma che continua ad “abitare” più o meno nella zona della Chiesa, mostra anch’essa una specie di indifferenza, però diversa. Qui la persona sembra dire: sono abituato a credere al vangelo, non è una novità per me, perché l’ho già addomesticato dentro al mio schema mentale con cui leggo la realtà e quindi non mi sposta più. Anche qui lo scandalo sembra già scontato in partenza, ma nella direzione opposta. Conosco già Gesù Cristo e sta bene dentro alle caselle con cui organizzo la mia vita. Perciò il vangelo non mi sposta più, perché penso di averlo già compreso, anche se non totalmente. Con tutto ciò che ne consegue.
In realtà, questi due atteggiamenti non sono altro che uno scandalo già risolto. Se l’effetto immediato dello “scandalo” è quello di essere bloccati, intrappolati, questi due atteggiamenti sembrano aver trovato una veloce soluzione, in due direzioni diverse, ma con la medesima dinamica: proteggersi dalla novità del vangelo. I compaesani di Gesù, proprio su questo vanno in crisi, sull’impossibilità di accettare la novità della persona di Cristo. Ma lo scandalo evangelico è inevitabile e ha una funzione ben precisa nel cammino di fede: continuare ad interrogare la persona, evitando che si sieda e smetta di cercare.
Perciò la fedeltà al vangelo chiede di non risolvere immediatamente questo blocco, ma di avere il coraggio di restare con le domande aperte: “Da dove a lui tali cose?” (v. 2). Perché qualsiasi codifica esatta, che pretenda di essere definitiva, tende a limitare Dio dentro le logiche umane. Quando Dio, in verità, è costantemente di più di ciò che possiamo pensare di lui. E chi lo vuole seguire deve accettare di non essere mai arrivato, di restare sempre sul pezzo, camminando a vista.
E questo vale a maggior ragione tra i “suoi”, in quel luogo esistenziale in cui si può condividere lo stesso significato alla vita (etimo di patria v. 1.4). Perciò più che il primo tipo di indifferenza, a me preoccupa il secondo. Perché in esso, rischiamo di azzerare la spinta di novità del vangelo, in nome di una sua rilettura ormai precisa e definita, che poi diventa inamovibile. Un vangelo che non ci scandalizza più è stato svuotato, lo abbiamo addomesticato, e probabilmente la nostra fede si è fermata. Ma la fede se si ferma, muore.
Da questa prospettiva la presenza di Francesco nella Chiesa e nel mondo assume una luce interessante. I suoi modi, le sue parole, le sue azioni, scandalizzano. Per alcuni nella direzione del blocco che poi si fa rifiuto, perché non sono disponibili ad uscire dal vangelo già codificato. Per altri nella direzione del blocco del pregiudizio verso il vangelo, perché, improvvisamente, si rendono conto che la Chiesa, forse è ben di più e altro da ciò che normalmente vedono. Chi dei due ha più fede?
Lo skandalon diventa predominante nella volontà di essere: essere una persona all’interno di una comunità, essere una comunità, essere ciò che si vuole essere e ciò che la comunità ci indica o impone di essere.
Il messaggio che Gesù porta con sé come figlio di Dio è proprio quello di essere il figlio di Dio e così, noi come lui, essere figli di Dio come egli ci ha insegnato.
Il messaggio è rivoluzionario per la libertà interiore che ci concede dalla volontà o necessità o obbligo di essere persona e comunità lasciando la volontà al fare.
Lo skandalon colpisce anche lui come membro della comunità, la quale non può tuttavia impedirgli di comunicare se stesso e il suo essere figlio di Dio come insegnamento per noi.
Il Vangelo e’ Parola di Dio, si apre alla mente umana, a un ragionare di ogni intelletto in qualunque alfabeto si esprima, e in qualunque stato si trovi, proprio perché in Parabole. Perciò anche se da una mente illuminata, può la sua “traduzione “ solo in parte l’ascoltatore il quale per una diversa sensibilità o anche una cecità, o come i compaesani di Gesù, non riconoscerlo per uno di loro, e per questo non essere accolta. , la Parabola e efficace in quanto e “Parola che non muta” parla al cuore della singola persona, la raggiunge e si incarna, ciò dipende dalla disponibilità all’ascolto. “Sei tu più grande del ns. padre Abramo che è morto. Chi credi di essere? Anche oggi tra uomini questa domanda corre quando esiste diverso modo di intendere, così e anche per il Vangelo. L’uomo non è Dio e può avvalersi della sua parola in modo strumentale, per fini o un intendimento che non è da Essa.