Dare sapore alle cose

Essere responsabili della propria testimonianza significa anche chiedersi quanto essa insaporisca e illuimini la nostra e l'altrui vita...
5 Febbraio 2023

Nel breve passo del Vangelo di oggi vediamo concentrata in poche e semplici parole di Gesù tutta la nostra responsabilità della testimonianza cristiana di cui parliamo tanto e di cui però, molto spesso, ci sfugge l’essenza più profonda. Argomentiamo facilmente di religione e di fede, ma non sempre riusciamo a dare sapore alle nostre parole, come se ci mancasse davvero il sale per “insaporirle” o non riuscissimo a rendere luminoso e comprensibile il messaggio che vorremmo lanciare agli altri, perché non abbiamo luce interiore per illuminarlo.

Ci mancano gli “strumenti” del “mestiere” del testimone, cioè sale e luce, perché li cerchiamo in noi stessi e ovviamente non li troviamo e, più ci accaniamo a cercarli fra le caratteristiche della nostra persona, più non li troviamo e pensiamo che sia un buon rimedio quello di offrire qualcosa di “nostra produzione” che, però, risulta “senza sale e senza luce”.

Quella contenuta nelle parole di Gesù, quindi, non è una minaccia, ma la tremenda conseguenza della nostra presunzione di poter agire in autonomia, senza il Suo aiuto, fornendo una testimonianza buia e insipida. Gesù è tassativo – il sale che non dà gusto non serve a nulla se non ad essere gettato via – e quindi il rischio dell’ipocrisia nei confronti di noi stessi, e delle persone in credito di una nostra testimonianza che abbia il “sapore di qualcosa d’importante”, è quello di essere messi da parte in quanto persone che si sono rese, da sole, insignificanti.

Se tutto quello che pensiamo di fare è cercare di migliorare noi stessi, mettendo in campo solo le nostre misere risorse umane, questo non serve a molto, perché essere sale e luce del mondo non dipende da noi, come crediamo erroneamente, ma dalla grazia di Dio. Essa, per poter essere utilizzata, deve essere riconosciuta ed accolta con lo spirito giusto, con la disponibilità a comprendere correttamente il rapporto che esiste fra le nostre capacità umane, che Dio ci riconosce e che intende utilizzare per i Suoi scopi, e quelle grazie particolari, anche di tipo carismatico, da Lui concesse abitualmente per amplificare l’effetto delle nostre doti umane.

In ogni caso è necessario un intenso lavoro di discernimento che ci faccia comprendere bene come si fa ad essere testimoni credibili, operando lungo quella linea di confine che c’è fra il contributo umano e quello divino, ricordando che il nostro peccato di superbia è il frutto malato del consiglio dello “spirito cattivo” che ha come unico effetto quello di dividerci dalla luce.

Quando si vuole testimoniare Gesù non si può liquidare il problema, né limitandosi a dire “faccia tutto Dio”, aspettando inerti il Suo intervento, né credendosi capaci di poter fare da soli ciò che invece esula dalle nostre capacità. Quello che siamo chiamati a fare non è “predicare” con la presunta autorità del nostro pensiero, ma è “proclamare” ciò che ci è stato rivelato, con l’autorità insita nel contenuto del messaggio stesso.

I passi da fare sono, prima di tutto, quello di prendere coscienza che abbiamo un grande dovere di testimonianza che ci impegna ad essere “sale e luce” per il mondo; in secondo luogo, quello di cercare di capire esattamente cosa questo significa in termini di nostro contributo personale e di grazia divina; infine, impegnarsi a farlo, sapendo che, data la nostra fragilità, è un lavoro continuo di verifica sia dei presupposti che delle conseguenze.

Il criterio fondamentale della nostra azione pratica di testimoni si deve basare sulla constatazione che per essere “sale e luce del mondo” bisogna fare affidamento su un unico modello di riferimento che è al di fuori di noi e che è Gesù stesso. Tutti i precetti, le norme e le convenzioni, a cui siamo abituati a rapportarci, devono essere riviste ed interpretate in base all’unico criterio dell’imitazione di Gesù e al principio ispiratore di ogni Sua azione che è stato l’amore per il prossimo.

Per comprendere la concretezza di tutto questo discorso bisogna sottolineare il fatto che Gesù articola la Sua proposta non sulla base di ipotesi, ma su un dato ultimativo: “Voi siete il sale della terra…”. Ciò significa che questa prerogativa ci è già stata data per il fatto stesso di essere cristiani battezzati e, quindi, manca solo il nostro assenso ad operare conseguentemente.

In questo senso, dobbiamo essere consapevoli che ci sono già stati dati anche gli aiuti necessari alla testimonianza, perché Gesù non se n’è andato lasciandoci da soli a combattere, ma ci ha lasciato lo Spirito Santo che, essendo l’espressione dell’amore fra Padre e Figlio, può animare, con la Sua potenza di amore, ogni nostro proposito che sia fatto nella logica dell’imitazione di Gesù.

Se allora abbiamo deciso di aderire alla Sua proposta e vogliamo dare gusto alla vita delle persone e illuminarla con la luce della parola di Dio, basta che ci affidiamo all’azione dello Spirito, con la stessa docilità con cui ci affideremmo ad una persona che sappiamo che ci vuole molto bene ed ha cura di noi e del nostro bene – consapevoli che l’azione subdola del demonio ispira pensieri di autonomia personale che ci vorrebbero portare lontano dall’influenza positiva dell’ispirazione dello Spirito.

 

 

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