Ad immagine del Dio-Trinità!

Quale enorme potere di distruzione, ma anche quale possibilità infinta di amore si apre davanti a questo compito affidato all'essere umano?
15 Giugno 2025
  • Andrej Rublev, La Trinità (Mosca, 1422)

SANTISSIMA TRINITA’ (ANNO C)

Con la riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II si volle dare centralità al testo biblico, che infatti viene letto quasi per intero nel corso di tre anni. Si voleva far crescere la fede biblica dei fedeli e fare della Messa un momento di catechesi biblica. Fu inserita una terza lettura (precedentemente erano solo due) e si volle fare in modo che la celebrazione liturgica fosse essa stessa una catechesi conclusa in sé stessa, pur essendo collegata anche con le altre celebrazioni settimanali.

Da questo punto di vista, le letture di oggi, solennità della Santissima Trinità, sono illuminanti. La liturgia odierna è un riepilogo della storia della salvezza in chiave trinitaria.

La prima lettura dal libro dei Proverbi presenta la sapienza di Dio, il logos, la parola creatrice: “Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra.”

La sapienza personificata di Dio rappresenta dunque la prima origine di tutte le cose create, la stessa azione creatrice di Dio. È pensiero, è parola, è forza creatrice: “Dio disse: ‘Sia la luce! ‘ E la luce fu.” (Gen 1,3)

Quella stessa parola-pensiero-azione viene attribuita a Gesù nel famoso prologo del vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.” (Gv 1, 1-3)

Siamo agli albori della storia del mondo e della salvezza, e l’autore dei Proverbi lo spiega bene in una pagina altamente poetica e ricca di immagini suggestive: “Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, / prima che fossero fissate le basi dei monti, / prima delle colline, io fui generata, /quando ancora non aveva fatto la terra e i campi / né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; / quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, / quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, / così che le acque non ne oltrepassassero i confini, / quando disponeva le fondamenta della terra, / io ero con lui come artefice”.

Sorprendentemente, questa immagine potente della fondazione del mondo si conclude con un riferimento al gioco e alla leggerezza:

Ero la sua delizia ogni giorno: / giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre, / ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”.

Dio pone le fondamenta del mondo e se ne rallegra – “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31) – e poi gioca con la sua sapienza (e quindi  con suo Figlio) e offre tutto ciò agli esseri umani. Vi è mai capitato di sentire sottolineare questo aspetto in qualche omelia o catechesi biblica? A me, onestamente, mai.

Procediamo con la celebrazione trinitaria, ed ecco san Paolo presentare la figura di Cristo, attraverso il quale abbiamo ottenuto “l’accesso alla grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo”, grazia che dona la pace, la pazienza nelle tribolazioni e quindi la virtù provata e la speranza. E ci spiega poi dove si fonda quella gioia, quella allegria giocosa di cui abbiamo sentito parlare nel brano dei Proverbi: “la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori “. Difficile pensare una gioia più profonda di quella di possedere un cuore ricco di amore, di pace e di speranza!

Nel vangelo, Cristo stesso presenta lo Spirito Santo, il Paràclito, cioè il difensore, il soccorritore, il consolatore, ma anche Colui che progressivamente ci guiderà verso la verità e la gloria divina.

Il quadro sembra completo, la Trinità ci viene presentata nella sua presenza attiva dall’origine del mondo fino alla nostra realtà attuale.

Eppure, in questa liturgia ricchissima di spunti e di contenuti, anche il salmo responsoriale aggiunge qualcosa di potente e di originale. Cosa manca nel quadro di insieme? Manca solo l’essere umano. Lo sguardo che si rivolge al divino nella sua pienezza trinitaria si concentra anche sull’umanità e il salmista con poetico stupore si chiede:

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, /la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, /il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Ci aspetteremmo a questo punto una riflessione sulla piccolezza dell’essere umano, e invece no, il nostro autore, a sorpresa, rilancia:

L’hai fatto poco meno di un dio, / di gloria e di onore lo un coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi”.

“Poco meno di un dio”: parole che fanno tremare. Come lo usiamo, noi, questo enorme potere che ci è stato dato? Non sempre bene, questo è evidente. Però abbiamo a disposizione una possibilità, la migliore, la più sensata: usarlo per essere immagine del Dio-Trinità (Gen 1,27), Dio di amore, di mitezza e di condivisione. E aggiungo anche: di (misteriosa) libertà, poiché la scelta di come usarlo spetta – drammaticamente –  solo a ciascuno di noi.

Una risposta a “Ad immagine del Dio-Trinità!”

  1. Alberto Ghiro ha detto:

    Lo spirito parte dalla parola e agisce attraverso la parola parlata tra gli uomini che precede la loro volontà di fare. Lo spirito, sempre presente, non lo percepiamo quando la parola è preceduta dalle azioni che la rendono superflua e rendono vana la volontà,
    come quando la guerra ha il sopravvento e vanifica ogni altra volontà: la parola da cui nasce la volontà lascia il posto ad una parola contenuta in vacui commenti e in prese di posizione che danno l’illusione di raggiungere un’agognata identità.

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