Riflettori spenti: il “buio” dell’arte in tempo di pandemia

Cinema, teatro, pittura, danza…sono innumerevoli i settori dell’arte colpiti ferocemente dalla pandemia. E non si tratta solo di un colpo inferto al guadagno economico, bensì di una ferita al lato umano e creativo.
2 Gennaio 2021

Come hanno fatto? Gli artisti, intendo. Come hanno resistito e come stanno resistendo a questi tempi bui della pandemia? Con i cinema e i teatri chiusi da tempo, con molti Musei ancora a porte sbarrate, con i concerti possibili solo all’aperto e con un numero minimo di spettatori, come vanno avanti gli artisti? E non parlo solo delle difficoltà economiche – una piaga che ha colpito, in modo anche peggiore, moltissime altre categorie lavorative – ma mi riferisco alla dimensione umana e creativa dell’arte stessa. Un artista, infatti, ha bisogno del pubblico affinché la sua opera prenda vita, abbia un valore, un significato. Se un film, uno spettacolo, un quadro, un album musicale non viene visto, ammirato, ascoltato da qualcun altro che non ne sia l’ideatore, la sua valenza ne risulta fortemente decurtata. L’arte, infatti, è biunivoca: l’artista crea emozioni per il pubblico ed il pubblico restituisce all’artista quelle stesse emozioni, integrate con le proprie.

Certo, mi direte: un film, una pièce teatrale, un balletto o un concerto si possono vedere in tv o sul web; un cd si può ascoltare ovunque e molti Musei si sono attrezzati con i “tour virtuali”. Ma sappiamo bene che non è la stessa cosa del vivere l’arte dal vivo. “Se ti chiedessi sull’arte probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti – diceva Robin Williams a Matt Damon nel film “Will Huntig- Genio ribelle” – Michelangelo: sai tante cose su di lui. Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella Cappella Sistina. Non sei mai stato lì con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto, mai visto”. Ecco: questa è la verità dell’arte vissuta dal vivo, quella che ti scuote e ti cambia dentro, che ti imprime una scia di bellezza e ti regala orizzonti più ampi, a volte veri e propri frammenti di infinito.

Ma quando si parla di arte non bisogna dimentica un altro aspetto: il viverla insieme agli altri. In una sala cinematografica, in un teatro, in un museo, ad un concerto ciò che l’arte ci regala sono anche le emozioni degli altri che sono lì, insieme a noi. Sentire una sala che ride tutta insieme, o che applaude all’unisono, o che si commuove in contemporanea con noi, ci dona un senso di identità forte, ci fa sentire compresi fino in fondo. Riconosciamo le nostre stesse emozioni negli altri e sappiamo che loro le ritrovano in noi.

“Che cosa può ridare entusiasmo e fiducia, che cosa può incoraggiare l’animo umano a ritrovare il cammino, ad alzare lo sguardo sull’orizzonte, a sognare una vita degna della sua vocazione, se non la bellezza?”, diceva Benedetto XVI il 21 novembre 2009, incontrando gli artisti nella Cappella Sistina. Così dicendo, il Papa ora emerito sottolineava un punto essenziale: l’arte dona speranza perché entrambe non muoiono mai. E di questi tempi, abbiamo tutti un gran bisogno di arte, speranza e vita.

 

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