Quella quota di Pil venuta da lontano

I numeri parlano e ci dicono che non solo gli immigrati ci sono utili ma che non dovrebbe essere così difficile integrarli
2 Dicembre 2015

8% del Pil. È la percentuale del benessere economico del nostro Paese prodotto dagli immigrati, secondo il Rapporto Caritas Migrantes 2015. Lo producono 5 milioni di persone che sono arrivate da noi per rifarsi una vita, si sono messe a lavorare, spesso hanno messo su famiglia, comperato casa, pagato le tasse e le pensioni a una certa percentuale di “indigeni” di un Paese che non fa più figli.

Nel Veneto, culla del leghismo xenofobo, la percentuale del Pil prodotto dagli immigrati è del 10%.

Una buona percentuale di italiani non ama i migranti. Pensa che sono dei delinquenti, che rubano il posto agli italiani, che sono inaffidabili. E pure terroristi. Pensa questo degli immigrati in generale, e poi ammette che c’è qualcuno che fa eccezione: quello che conoscono personalmente, tipo la badante del nonno o il negoziante del Bangladesh che è così gentile quando ti porta la spesa a casa.

La verità è un’altra. È che non possiamo fare a meno dei migranti. Nelle nostre vite quotidiane, come a livello di economia generale. La solidarietà – qui declinata come capacità di accoglienza – conviene. Anzi, è necessaria, in un Paese che invecchia e che non crede più in niente.

Ma, certo, la solidarietà non è tale se non è accompagnata dal rispetto dei diritti. Sempre il Rapporto Caritas ci avverte che se la retribuzione media degli italiani è di 1326 auro al mese, quella degli stranieri arriva appena ai 990 se sono comunitari, a 950 se sono extracomunitari.

Siamo un Paese decadente: mandiamo i nostri giovani, qualificati, all’estero perché possano mantenere il livello di vita dei loro genitori, e attiriamo sempre meno immigrati (spesso qualificati) ma per fargli fare quei lavori malpagati che speriamo i nostri figli non debbano fare. Dice l’Istat che negli ultimi 5 anni le immigrazioni si sono ridotte del 38% (nel 2010 gli arrivi erano stati 488mila, nel 2014 sono stati 278mila) mentre le emigrazioni sono quasi raddoppiate (da 67mila a 136mila). In pratica, nel 2014 il saldo migratorio è stato di sole 141 mila unità. Tenendo conto del calo delle nascite – che non si ferma – la popolazione italiana è aumentata solo di 13mila unità.

I numeri parlano, e ci dicono che non solo gli immigrati ci sono utili, ma che non dovrebbe essere così difficile integrarli. Né dovrebbe essere così impensabile coniugare accoglienza e giustizia, perché «il salario dei lavoratori che hanno mietuto le vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente» (Gc 5,4). Lo sfruttamento dei lavoratori immigrati (e anche di quelli non immigrati) in agricoltura; lo spingerli nelle mani della criminalità organizzata, in mancanza di percorsi di integrazione nella legalità; la negazione dei loro diritti anche fondamentali, come quello alla casa; l’idea che ci devono essere grati se li facciamo lavorare in nero, perché comunque gli abbiamo dato la possibilità di lavorare… Sono tutte ingiustizie che compiamo sotto gli occhi di quel Padre che ci ha reso tutti fratelli. Sono anche cose stupide, perché ci rendono più insicuri e più poveri. Una giusta retribuzione significa dignità per loro e pensioni per noi.

Ma soprattutto, come scrive papa Francesco nella Laudato Si’, «rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato, è un pessimo affare per la società».

Foto: Flickr / Cristian

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)