Perfino Wikipedia considera “Fraternità” un termine obsoleto, almeno nel significato di “legame di parentela e di affetto tra fratelli”: in questo caso il termine giusto è “fratellanza”, che copre anche il significato di «amicizia, affetto fraterno; solidarietà fra classi sociali, popoli, ecc.», per esprimere la comunanza di ideali e aspirazioni… diventando quindi sinonimo di fraternità.
Wikipedia, in questo caso, riflette un sentire diffuso. La parola “fraternità” non piace più, non solo sul piano linguistico, ma ma anche su quello dei fatti, delle percezioni, delle opinioni. Dei tre principi della rivoluzione francese – Liberté, Égalité, Fraternité – è probabilmente oggi il più dimenticato, quando non esplicitamente vituperato. Anche l’egalité, in realtà, se la passa maluccio: c’è qualcuno che crede davvero che i poveri sono tutti uguali in dignità? che uomini e donne sono uguali dei diritti? che cittadini italiani e cittadini con background migratorio sono uguali di fronte alla legge?
Ma sul concetto di Fraternità c’è una vera guerra, che tende a colpevolizzare chiunque cerchi di tradurre questo valore in scelte concrete, tipo cercare di salvare chi sta per annegare in mare o dare il buono spesa a chi fa la fame, anche se non è italiano.
E questo vale anche per l’opinione pubblica cattolica, che pure ogni giorno recita il Padre nostro, cioè la preghiera in cui ci si riconosce figli dello stesso Padre, e dunque fratelli.
L’editrice Ave ha da poco pubblicato un libretto che si intitola “La fraternità, perché?“. Sottotitolo: “Resistere alla crudeltà del mondo”. Lo ha scritto Edgar Morin, intellettuale laico quasi centenario. Il messaggio che ci lascia è: attenzione, se non coltiviamo la fraternità, anche la libertà e l’uguaglianza affonderanno, e con essi la democrazia. E la nostra speranza.
Morin parte da una constatazione: si possono scrivere norme che garantiscano la libertà e norme che impongano l’uguaglianza. Ma non si possono dettare norme che impongano la fraternità. La fraternità infatti viene da ciascuno di noi, e va continuamente risvegliata e coltivata. D’altra parte, anche se tendiamo a dimenticarcene, essa risponde ad una nostra necessità: «Gli esseri umani hanno bisogno dello sbocciare del proprio “io”, ma questo non può prodursi pienamente che all’interno di un “noi”. L’“io” senza “noi” si atrofizza nell’egoismo e sprofonda nella solitudine. L’ “io” ha non meno bisogno del “tu”, vale a dire di una relazione da persona a persona affettiva e affettuosa. Pertanto, le fonti del sentimento che ci portano verso l’altro, collettivamente (noi) o personalmente (tu), sono le fonti della fraternità». Ed è da questa spinta che nasce non solo la nostra possibilità di realizzarci personalmente, ma anche l’impegno a costruire una società giusta, formata da individui uguali in libertà e dignità, al di là delle diverse appartenenze.
Non è un discorso idealistico. Morin sa che le società – e la natura dentro cui le società vivono – sono piene di conflitti, competizioni, incomprensioni. Ma sa anche che senza forme di fraternità – collaborazioni, mutuo aiuto, perfino simbiosi – la natura non sopravviverebbe. E così le società.
Per questo è necessario rigenerare continuamente la fraternità, perché «tutto ciò che non si rigenera degenera».
Ma come si fa? Uno dei modi è di ripartire dalle oasi fraternità che già esistono: forme di vita comunitaria; esperienze di stili di vita non consumistici; luoghi dove si sperimenta uno sviluppo sostenibile che si liberi dell’individualismo esasperato che sta alla base del neoliberismo; cittadini che si assumono responsabilità nei confronti degli altri e dei beni comuni…
Il mondo ecclesiale è pieno di oasi di fraternità, dove si coltivano rapporti interpersonali generosi, forze di solidarietà sostanziali e sostanziose; attenzione ai più poveri e ai più fragili; esperienze che educano a vedere nel volto dell’altro non solo un fratello, ma Cristo nostro fratello. Oasi di fraternità affettiva, ma anche economica e sociale allo stesso tempo. Valorizziamo tutto questo, anche facendolo diventare il nostro contributo al cammino di tutta la «comunità di destino terrestre» – anche quella laica, dunque – verso una società giusta in un mondo sostenibile. La fraternità, dice Morin, mezzo per resistere alla crudeltà del mondo, «deve diventare scopo, senza smettere di essere mezzo».
Che cosa succederebbe, se davvero chiedessimo anche ai nostri amministratori, ai nostri politici, ai nostri imprenditori, alle nostre comunità ecclesiali di avere la fraternità come obiettivo, oltre che come mezzo?
Il mondo ecclesiale è pieno di oasi di fraternità. ….Si può dire che la Chiesa nel mondo sia come una “oasi di umanità”, da essa si dipartono un fluire di opere di bene, i macchinari per respirare a ospedali dove c’è poverta di strumenti,il generare sollievo a genti vicine e lontane, tutto inni e di Fraternite’ e oltre la fratellanza. Ma se vero questo esiste anche chi la usa come mezzo senza avere sentimenti compartecipi dei fini per i quali si sono formate le “oasi”. Come il coronavirus, è nascosto, in osmosi, ma ad un certo punto emerge violento,aggredisce animato a causare Orte. Ecco perché è necessario avere uno strumento di difesa una carità che parli in verità,allo scoperto,chiamare male ciò che è male e bene ciò che sarebbe bene per ogni uomo vivente.,secondo il Vangelo del Maestro. “..non sono venuto a portare …..Oggi c’è bisogno di luce intellettuale…
Fraternite’, invocata,è esistita un tempo? Sembra più una virtù che una volta raggiunta, sfugge, qda ricercare,difficile da raggiungere perché ha ragione chi ha detto che Se solo tenendo viva Fraternite. si può aspirare a libertà ed eguaglianza. Anche Gesù fa intendere agli uomini del suo tempo ,quando rimprovera:”siete come bambini che seduti in piazza gridate gli uni agli altri:vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Dove era la fratellanza.?Forse è nel gesto di Papà Francesco quando ha firmato insieme al Grande Imam di Al-Azhar la Dichiarazione a far salvo il dialogo religioso tra fedi diverse per la necessità di dare priorità ai valori di convivenza umana. Quanto sono necessarie queste intese tra popoli a rifuggire da interventi bellici.Fraternite’ e via del cuore,e sentimento divino.
I principi dell’illuminismo hanno un baco, la fraternità appunto. Libertà ed uguaglianza sono legiferabili. La fraternità è quel di più che solo Dio dà, oltre la legge, come ci ha insegnato morendo in croce e risorgendo. Senza questo Amore tutte le leggi e gli ordinamenti anche i più apparentemente perfetti sono impossibili da realizzare per l’uomo, rimarranno utopie buoniste, vani tentativi per mascherare gli abissi dell’egoismo e tacitare le coscienze: “Senza di me non potete fare nulla”.
La fratellanza è un fatto di coscienza, quando le nostre leggi e i nostri stati penseranno “fraternamente”, avremo aperto un varco nella coscienza globale , avremo fatto un salto, spiccato il volo. Ma chi quel salto l’ha già fatto, ha l’obbligo di lavorare anche per coloro che per la paura che genera resistenza, rischiano di tornare indietro.
Affinché l’io si sviluppi in pienezza, non contro, ma con gli altri, nel rispetto della sua identità, bisogna prendere sul serio la paura di non sopra-vivere agli altri, di perdere la “battaglia” , perché siamo stati abituati a vedere sempre in maniera dualistica: di qua il mio, di là il tuo….la Giustizia è tale perché è equilibrio, è libertà, perché è uguaglianza, non un di più, non un di meno, ma un “come”..
“Ama il prossimo COME te stesso”, e tutto si gioca in quell’equilibrio difficilissimo che si chiama anche tolleranza, che se superata, viene percepita come ingiustizia..