In occasione del recente lancio del suo ultimo libro, La porta stretta, il card. Angelo Bagnasco ha concesso un’intervista in anteprima ad Antonio Sciortino, direttore di Famiglia cristiana.
Ho trovato le risposte del presidente della Cei interessanti su molti profili, anche chiarificatrici e nuove nello stile su alcuni argomenti che trattiamo spesso su Vino Nuovo.
Tra le altre cose ho letto, però, un’affermazione che mi ha lasciato un po’ perplesso (mi riferisco a quella in neretto, nel contesto della frase): «Nel nostro Paese per altro è vistosa – specie a confronto con altri Paesi europei – l’assenza di politiche familiari adeguate e durature. Il loro scopo, mai ancora seriamente preso in considerazione dalla classe politica, è di riconoscere la funzione sociale non tanto della coppia, ma della generazione dei figli. Sono essi infatti che garantiscono l’apertura al futuro, che resta incerto se l’inverno demografico dentro cui l’Italia vive continuerà ancora».
Pur comprendendo il contesto, il senso dell’osservazione e il ruolo di Bagnasco, mi sembra un’espressione inutilmente limitativa rispetto al ruolo della coppia nella società. E quindi del matrimonio che si propone di valorizzare. E mi fermo alla società.
Senza donazione reciproca “per sempre” (che è il tempo di Dio, e non dipende dalle nostre fragilità) tra uomo e donna, non nasce nulla e non c’è futuro, manco per la società; figli o non figli, che ovviamente sono il primo frutto possibile per chi può averne. E, cristianamente parlando, il sacramento è tale e la famiglia è tale a prescindere dalla generazione (ma non dall’unione).
Gli sposi e la loro unione, quotidianamente rinnovata e offerta anche nel corpo, “dicono Dio” (teologicamente) e “mostrano Dio” (sacramento). Senza questo non c’è spazio (i “sì” di Maria e di Giuseppe, a Dio e all’altro) a nessuna potenza generativa, e a nessuna generazione possibile.
Non si potrebbe esprimere, anzi, enfatizzare lo stesso concetto di quella frase dicendo: «Se un uomo e una donna percepiscono come inutile essere uniti e non sono più in grado di osare e rinnovare il loro ‘per sempre’, tutti i giorni, che futuro (figli inclusi) possono avere il Paese e i suoi legami sociali?». Dai, forse ce la possiamo fare.