Voglio una sollevazione popolare, le manifestazioni di piazza, con gli striscioni.
Voglio un’interrogazione parlamentare che chieda conto di ciò che il nostro paese fa a livello diplomatico per protestare contro quest’atrocità.
Voglio vedere personaggi famosi dare voce e volto all’indignazione.
Ma soprattutto voglio che si gridi forte: basta!
Mi sento frustrata, e impotente. So bene che non accadrà nulla di tutto questo, lo so perché i bambini di strada non hanno potere, non hanno peso, non hanno voce.
E’ per loro che scrivo, e anche per me, per sentire almeno di non essermi limitata a scuotere il capo o a versare una lacrima individualistica sulla sorte di chi ha il solo torto di non essere stato mai oggetto di cura.
L’ONU denuncia che, dall’inizio del 2015, a Rio de Janeiro sono spariti circa duemila bambini tra i quattro e i quindici anni, uccisi non da bande rivali, da delinquenti comuni, da aguzzini, ma dalla polizia, impegnata a “ripulire” le strade.
Non ci sono commenti adeguati a questo fatto: padre Renato Chiera, fondatore della ‘Casa do menor’ che da 37 anni si occupa di accoglienza e inserimento sociale, afferma che questa è una prassi consolidata, conosciuta da tutti e troppo spesso condivisa, perché la popolazione brasiliana vive una grande crisi morale, mescolata ad un generalizzato senso di paura. Questi bambini, che vivono allo sbando, disturbano, aggrediscono, rubano, si drogano e spesso finiscono nel giro dello spaccio. La loro epurazione fa quindi comodo: i bambini si uccidono per difendere il capitale, per difendere le cose. Il Brasile, afferma padre Chiera, ha rinunciato al ruolo generativo ed educativo, e quindi ha rinunciato al proprio futuro.
Ora, come accade sempre in prossimità di eventi importanti, questa prassi si è inasprita: si preparano le olimpiadi.
Che io non guarderò.
Un’altra briciola? Un atteggiamento inutilmente snob? Mi è stato obiettato anche questo.
Ma io, di vedere uomini e donne che mostrano tutta la loro vitalità e corrono, saltano, esultano, sapendo che fuori c’erano bambini che adesso non corrono più, non ce la faccio.