I neointegralisti

I neointegralisti
1 Maggio 2018

Il secondo gruppo di cattolici che, secondo me, vale la pena mettere sotto la lente li definirei “neointegralisti”. Il cambiamento epocale, per loro, è più che evidente e nefasto. Ma questi provano ad andare oltre il blocco degli “spaesati”, o l’allarme lanciato dagli “apocalittici”, per produrre una modifica alla rotta della storia. Per loro non è ineluttabile che la storia vada dove deve andare. Quindi la politica può ancora avere il compito di provare a segnare una direzione consapevolmente ricercata. Per fare questa operazione però, non si può semplicemente ritornare al passato e alle sue forme politiche che in Italia erano state incarnate dalla DC. Dal passato, però, per loro, si può recuperare il senso integrale della politica, e del cattolico in essa. Anche senza la pretesa di una unità partitica, il cattolico può fermentare con la propria presenza la cultura in cui ha scelto di schierarsi, contaminandola con i dati essenziali che lo qualificano.

E qui, sulla scia della scelta ruiniana, i neointegralisti tentano di individuare una serie di “valori” indispensabili, che possano qualificarli agli occhi degli altri attori politici. Valori sui quali non sono disponibili a compromessi. Da qui la famosa espressione di “valori non negoziabili”.

Sul piano razionale, in questo stile, prevale l’utilizzo di una razionalità critica a sfondo etico, che mira cioè alla gestione del comportamento della persona in relazione a grumi di significato morale, assunti però quasi in modo assoluto, svincolati da tutto il resto della vita sociale italiana del presente, fino a farli diventare una specie di idoli a cui sacrificare tutto il resto dell’agire politico.

Ecco allora che si prefigura una specie di volontarismo esistenziale, ove l’integralità della persona umana è decisa a priori come dovere che ci si autoimpone di recuperare e di innestare nella società italiana. Il baricentro resta ancora alto, razionale, ma si colora di volontà, di intenzionalità etica, non tanto decisa sul piano delle emozioni, quanto su quello della ragione organizzativa etica. Si cerca in questo modo di trovare un ponte tra razionalità ed emozione, ma non tanto nella prospettiva che la testa scenda nel cuore, ma piuttosto in quella contraria, che il cuore salga nella testa. L’energia emotiva perciò viene assunta e incanalata verso una direzione decisa razionalmente, fino anche a poter mettere fuori campo o rendere inefficaci quelle emozioni che non sono in linea con questo progetto. Perciò non ci sono molti spazi per l’incertezza, il dubbio, l’ambivalenza. Forse per questo il tono emotivo di fondo sembra essere quello della grinta, della rabbia mista alla speranza. E’ come se per ritrovare una integralità possibile, la persona viva “contratta”, continuamente “tesa” al perseguimento di un obiettivo esistenziale deciso razionalmente.

La dimensione relazione qui è assolutamente essenziale, anzi diviene il luogo effettivo del perseguimento di questo obiettivo, declinandosi però, spesso, in un tentativo di “proselitismo” dell’altro. Tanto più questo avrà successo, tanto più significa che la direzione di marcia è quella giusta. Le regole sociali diventano allora il luogo tangibile dove combattere la propria battaglia, in direzione di una nuova integralità dell’uomo. Ecco allora che ci si spenderà, e anche molto, perché esse traducano sul piano legislativo e culturale quei grumi etici di significato verso cui si tende. Per questo, un neointegralista sa che deve mettere le mani e i piedi nei meccanismi comunicativi, economici e politici, per avere il maggior potere di condizionamento sociale possibile. E per fare questo non esita anche a scendere a compromessi su quelli che lui reputa “valori negoziabili”, pur di salvare quelli “non negoziabili”.

E’ interessante anche notare che la dimensione spirituale di questo stile, è considerata di grande importanza, ma il suo ruolo è quello di strumento che sostiene e potenzia la volontà di perseguimento dei propri obiettivi esistenziali ed etici, indicando nell’esperienza di trascendenza una fonte energetica rinnovabile per l’immanenza concreta della vita etica. Mai assurge a luogo di rimessa in discussione e autocritica della propria posizione. L’impressione è che, in questi politici cattolici prevalga il “Dio è con noi”, piuttosto che il “noi siamo di Dio”.

Originariamente, nel suo sorgere ruiniano, questa idea aveva trovato una situazione politica chiara e distinta, tra una destra, quella berlusconiana, e una sinistra, quella di Prodi e Veltroni. E non ci era voluto molto a percepire che era proprio l’area di destra ad attirare maggiormente questo stile. Oggi, con Lega e M5S a primeggiare è un po’ più complesso capire con chiarezza dove conviene schierarsi. Abbiamo cosi assistito alla utopico tentativo di creare direttamente partiti(ni) in cui questo stile cattolico potesse trovare nuovamente casa. Oppure qualcuno si è lasciato sedurre dalle moine della Lega che cercava sponda nell’area cattolica, senza rendersi conto che per Salvini e company il rispetto dei valori “non negoziabili” è un guscio vuoto pronto a riempirsi di ciò che all’occorrenza politica serve. Qualcuno è rimasto ancora nell’area berlusconiana, ma con il retrogusto amaro di dover ammettere che questa prospettiva cattolica, in questo momento segna decisamente il passo.

E forse, questo momento di crisi, potrebbe essere utile ai “neointegralisti” per riconsiderare l’orizzonte angusto in cui si muovono, che ancora non ha colto che, ben prima della possibilità di salvare dei singoli “valori” è oggi necessario lavorare per ripristinare il fondo “umano” comune che manca alla società italiana, fondo che però, non potrà più essere targato cristiano, nella stessa forma in cui lo era prima.

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