Gli spaesati

Gli spaesati
16 Aprile 2018

Il primo atteggiamento che provo a mettere sotto la lente d’ingrandimento è quello che ho chiamato degli “spaesati”. Nella percezione di questi cattolici, una cosa è chiara: il cambiamento epocale c’è, non lo si può negare, ma è anche molto evidente, ai loro occhi, che è negativo. Oggi la società e la politica sono messe molto peggio di quello che poteva essere 40 anni fa, nonostante le inevitabili differenze.

Così, si resta fermi, quasi bloccati in questa percezione che il postmoderno ha portato, perché ci si rende conto che le vecchie categorie politiche non hanno più senso, ma mancano categorie nuove di lettura e interpretazione, capaci di “spiegare” cosa sta succedendo. Le cose politiche sembrano accadere senza che sia possibile rintracciarne un significato, mettendo a soqquadro l’ordine precedente e lasciando solo un caos non leggibile. Ci si ritrova non tanto in mezzo al guado, ma sul bordo del fiume, ancora prima di avere iniziato un qualsiasi possibile tentativo, a vedere i “ponti” che una volta erano fruibili, e permettevano una traduzione sensata della cultura cattolica sul piano politico, travolti dalla “liquidità postmoderna”, senza poter fare nulla.

Si continua a pensare che bisognerebbe inseguire un senso dell’agire politico, ma in questa ricerca la razionalità gira a vuoto, non riuscendo più a dare segnali sufficienti sul come e dove orientarsi. Le indicazioni magisteriali sono avvertite come troppo generiche, o impossibili, o inefficaci e i ragionamenti razionali sembrano portare solo “mancanza di senso”.

A lungo andare, però questo “vuoto di senso” non rimane tale e questo stile subisce uno spostamento del proprio baricentro. Da un tentativo frustrante di leggere “razionalmente” la politica, si passa, piano piano a un consenso emotivo a ciò che appare essere la realtà politica. Lo “spaesamento”, viene dato per buono, fino anche allo “scoramento disilluso”, che a partire da un singolo evento può allargarsi e stabilizzarsi come dominante di fondo e produrre molta “rabbia reattiva”, spesso indirizzata impersonalmente contro la classe di potere, lo stato e le sue strutture. Ovviamente è facile capire come questa condizione possa  dare adito a scelte elettorali strane e insolite, come ad esempio una “impotenza elettiva”, che spinge a non voler nemmeno più esercitare il proprio diritto di voto. Ma per chi ancora continua a votare, si apre l’illusione di poter intravvedere nel nuovo che avanza la possibilità di dare corpo a un modo nuovo di essere cattolico in politica. Credo che molte scelte elettorali di cattolici che hanno votato Lega o M5S per la prima volta, siano riconducibili a queste dinamiche interne, nel rapporto con la politica.

E’ evidente, però, che l’appoggio al proprio “sentire” interno è troppo debole, troppo carico di instabilità ed emozioni difensive, per permettere lo strutturarsi nel tempo di una adesione politica “alternativa” che faccia apparire una possibile traduzione della propria fede sul piano politico. Soprattutto se le scelte elettorali fatte saranno frustrate da scelte politiche inattese, dei partiti votati, che verranno sentite come “tradimenti” della fiducia germinale accordata a queste formazioni politiche.

Non è insensato perciò, che in questo vuoto, specie se frustrato dai partiti che si è scelto di votare, ricompaia quella che io chiamo “la ragione magica”, nella quale il senso della politica è più atteso e invocato che rinvenuto e definito. Si può, cioè, iniziare ad aspettare l’evento inatteso, il colpo di fortuna,  o anche “l’uomo della provvidenza” (anche se in versione riveduta), che improvvisamente diano direzione di marcia possibile per un cattolico, nella attuale situazione politica.

Nel frattempo, però, questo stesso vuoto, lentamente corrode la percezione positiva del valore delle regole sociali, che continuano ad essere riconosciute solo in teoria, ma che nella pratica non sono più argini efficaci a comportamenti antisociali o al disinteresse sociale. Tutt’al più le regole sociali saranno invocate come criterio pratico di assegnazione del “chi ha ragione”, nei contrasti legali o nei conflitti altrimenti irrisolvibili. Ma la loro funzione di traduzione concreta del “fondo umano comune” che garantisce l’unità di una società non è più riconosciuta. Resta, in questo stile, una tendenza ad “aggrapparsi” alla fede come ad un modo per ritrovare uno spazio di senso, ma che è solo spirituale o virtuale, e rischia, quando va bene, di incidere solo sui comportamenti etici individuali, non certo su quelli sociali, né tantomeno su quelli politici.

Che valutazione dare, allora, di questo atteggiamento? Se “la questione” dei cattolici in politica è quella di lavorare per ricostruire un “fondo umano comune” in cui permettere un nuovo riconoscimento sociale del paese, questo stile sembra davvero non lavorare in questa direzione. E non per cattiva volontà o perché lo si ritenga inutile, ma perché in questo stile non sembra potersi vedere una direzione per muoversi verso tale obiettivo.

Temo che resti molto più probabile, invece, che questo stile diventi un serbatoio di voti possibili da “razziare”, da parte di altri atteggiamenti, presenti nel mondo cattolico. E ho l’impressione che anche questo però continuerebbe la logica delle “lobbies” cattoliche, che io ritengo sia il male peggiore che possa capitare oggi al mondo cattolico in Italia, rispetto alla politica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)