“L’Italia è cattiva”

"L'Italia è cattiva"
24 Aprile 2017

“Oh, prof. Ben trovato, come sta?” Ci ho messo qualche istante a capire che Federica non era più studentessa, ma lo era stata fino a due anni prima. Attraversavo di corsa la hall della scuola per andare in segreteria, per l’ennesima volta, per organizzare la gita a Palermo. Lei mi ha inseguito con suo saluto a voce. E quando mi sono reso conto che era venuta a trovarci, ho frenato bruscamente e sono tornato indietro. “Oh, ciao Fede, che bello vederti. Come stai?” “Non c’è male prof.” “Ma come va? Stai lavorando o cerchi?” “Per ora cerco, ma mi sa che smetto anche di cercare, non si trova nulla…” “Eh capisco è dura, si. Ma devi avere pazienza e tenacia, prima o poi qualcosa arriva”.  “Mah, per ora non si vede nulla. E son due anni che va così. Comunque ci provo, cosa devo fare?”. “Ecco appunto, non puoi mollare. Se vuoi pensare ad avere un posto tuo in questo mondo, se vuoi pensare a sposarti, ad avere figli, mica puoi mollare”.

“Avere figli?? No, no, prof. Lo lascio agli altri questo!” “Cioè, non vuoi avere figli?” “Sicuro che no. Ma in un mondo come questo? No, mi dica lei…”. “Vuoi dire che non fai figli perché questo mondo ti sembra davvero un brutto posto dove far crescerli?” “Eh, direi. Perché non è così?” “Dipende da come lo senti tu. In realtà ci sono cose che non vanno, certo, ma ce ne sono anche tante altre che funzionano bene e meglio di qualche tempo fa.” “Oddio, lei mi sembra molto ottimista. Io di cose che funzionano bene ne vedo poche, soprattutto in Italia. Mettere al mondo un figlio qui è quasi come condannarlo ad essere depresso e infelice”. “Cavolo, è un giudizio pesante, non sono d’accordo. Capisco che non sia facile dare spazio ai tuoi desideri oggi in Italia, ma insomma, nascere è sempre una bella cosa”. “Sarà, prof. Ma a me sembra proprio che l’Italia sia cattiva, cattiva con noi, figuriamoci con i nostri figli!”

Questa parola mi ha colpito, mi è arrivata dentro. Federica di solito in classe non era tra le più “arrabbiate”, anzi aveva anche provato a mettere lì i suoi sogni di futura fotografa. “Ti piace ancora fare le foto?” “Certo prof. Ma è un passatempo. Ho provato a cercare anche lì, ma per ora non si apre nulla”. “Capisco allora perché sembri più disillusa di quando eri a scuola, e mi dispiace. Ma capita anche che se una è brava e si fa un portfolio bello delle sue foto…” “Si, è vero, un giorno qualcuno lo possa notare, chissà”. L’ho salutata perché dovevo davvero passare dalla segreteria, ma avrei avuto voglia di continuare questa discussione.

E’ oggettivo che gli diamo il 40% di disoccupazione. E’ altrettanto oggettivo che molti di loro stanno davvero pensando di andarsene dall’Italia e provare a trovare delle possibilità in altri paesi. E’ oggettivo anche che molti pensano di risolvere la vita con un colpo di fortuna. Ma è altrettanto oggettivo che molta della disillusione di Federica dipende da come lei, e i suoi coetanei, vengono spinti a percepire la loro condizione. “Tutti i media hanno come primo fine quello di immettere nella nostra vita percezioni artificiali”. M. McLuhan Lo diceva 50 anni fa circa. Oggi siamo anche più in la. E crediamo a Picasso: “Tutto ciò che puoi immaginare è reale”. Ripreso e puntualizzato da Einstein: “La realtà è una semplice illusione, sebbene molto persistente. Un mese fa Michele (http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2017/02/07/news/non-posso-passare-il-tempo-a-cercare-di-sopravvivere-1.14839837) purtroppo a creduto a Picasso e Einstein. E come lui, il giorno prima anche un altro giovane. (http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2017/02/06/news/suicida-a-22-anni-perche-non-trova-lavoro-1.14834189). E ora non ci sono più. E prima di loro Daniele (http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2017/02/06/news/suicida-a-22-anni-perche-non-trova-lavoro-1.14834189), a novembre 2016. E il triste elenco purtroppo non finisce qui.

L’idea che la realtà vale per ciò che sembra, che l’apparenza conta più della verità, che senza visibilità sociale data dai soldi non si esiste, non è solo una scorrettezza etica. Non è solo un vuoto spirituale. E’ un’idea che produce morte, e non in senso simbolico, purtroppo.

Ad uno sguardo evangelico non si può non essere preoccupati di questo, tanto quanto del fatto che i giovani non vogliano più fare figli, perché le due cose sono strettamente connesse, come Federica ci mostra chiaramente. Sperare di muovere in meglio uno dei due dati, senza lavorare al contempo anche per l’altro, rende inefficacie qualsiasi sforzo. Nascere per esserci non basta. Vivere per sopravvivere non basta. Oggi la domanda che abita le generazioni giovanili non è più “come faccio per essere libero?” E nemmeno quella che fino a un decennio fa sembrava averla sostituita: “Chi sono io?”. Forse, più radicalmente, oggi la domanda è: “Io esisto davvero?” Ecco perché oggi molti giovani sottoscrivono ciò che V. Hugo mette in bocca ad uno dei suoi “Miserabili”: “Morire non è nulla, non vivere è spaventoso”.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)