A volte ritornano. Gli studenti, e anche le tematiche. Deborah la conosco da 4 anni. E da 4 anni conosco la sua storia. Non perde occasione per tenermi aggiornato. Lui ha tre anni in più e, incredibile ma vero, stanno insieme da quando lei ne aveva 14 e mezzo. Una storia bella, semplice, abbastanza lineare. Di due ragazzi atipici, credenti entrambi con due belle famiglie alle spalle. Una storia di cui Deborah va fiera, perché spesso le sue amiche l’hanno invidiata per questo, per una storia “che spacca”, come dicono loro.
Adesso lei ha 19 anni. E le cose sembrano farsi serie. Quando ho chiesto in classe cosa pensavano di fare dopo la fine delle superiori, lei ha detto: “Mi sposo, faccio due figli e lavoro”. Ma non lo ha detto con l’ingenuità delle sognatrici, che compensano idealmente una vita “appassita”. Lo ha detto con la forza e la corposità di chi sa fare i conti con la realtà e vede sia il bello che il brutto delle scelte, e proprio per questo ha deciso che valgono la pena.
E l’altro giorno mi ha rincorso per un mezzo corridoio: “Prof. ha un minuto? E’ una roba pesa, non ci sto più dentro”. “Che succede Deborah? Dimmi”. “Lei lo sa, io con Mauri ci sto da una vita. E sono contenta fin’ora di non avere mai dovuto aggiustarmi troppo. Lui mi capisce, e le mie scelte le ho sempre fatte per rispettarmi e perché credo. Però adesso si fa dura. Comincio a sentire che alcune cose della fede mi stanno strette. Come si fa a non fare l’amore quando si ama davvero?
Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto fare come i miei genitori. Mia mamma l’ammiro, per la sua coerenza e perché riesce ad essere sé stessa con la sua fede così vera … Però mi sembra che ci manchi un pezzo a questa storia con Mauri. Ne ho parlato con lei e lei mi dice che devo tener duro e che se davvero ci vogliamo bene sapremo aspettare. Però adesso è un po’ come se dovessi scegliere tra me e Dio e non riesco più a trovare il modo di andare d’accordo con Lui. Ma perché non si può vivere una cosa così bella anche se non si è sposati? Il mio parroco mi dice che devo saper distinguere tra la gioia dell’amore e il piacere. Ma come si fa a vivere la gioia senza tenerci dentro anche il piacere? Questo viene da solo, mica è male. Noi ci amiamo davvero, io ne sono sicura”.
“Eh, Deborah, ti capisco. Non tocca certo a me farti da guida spirituale. Posso solo dirti che ogni cosa matura a suo tempo. Forse il vostro amore è già maturo per sposarvi e magari dentro il vostro cuore, questa decisione l’avete già presa”. “Sì, credo proprio di sì, ma come si fa. Io ho ancora qualche mese per finire la scuola, lui lavora, ma non è fisso, insomma non è mica facile”. “Certo, hai ragione su questo. Ma Dio non chiede mai cose impossibili. E se ti sembra impossibile, forse non te la chiede Dio, oppure non stai usando tutte le forze che Lui ti può dare”. “No, prof. questo non esiste. Io ci ho pregato “di più” su questa roba. Ma è come se mi dovessi scontrare sempre con l’idea che il piacere sarebbe un torto a Dio. Ma perché?”
“Bhè, su questo un’idea ce l’ho. Non è Dio che si oppone al piacere. E’ la Chiesa che troppo spesso ha mostrato di non riuscire a fare i conti col piacere. Ma in realtà la Bibbia non è così. Sai quante ragazze credenti si sposano con l’idea che anche dopo il matrimonio il piacere è un problema per la fede? E penso che su questo la Chiesa debba cambiare linguaggio. Non cambiare la verità, ma riscoprire quella della Bibbia. In cui anche il piacere è un luogo dell’amore di Dio per noi”.
Non posso certo risolvere io il problema di Deborah. Che penso troverà una via. Mi limito a mostrare come dentro alla sua questione si nasconda la necessità di rivalutare il ruolo del piacere, sul quale spesso resta un atroce silenzio ecclesiale. Mentre proprio su questo i giovani (e non!) avrebbero bisogno di significato.
Ho passato i capitoli del Catechismo della Chiesa cattolica sul matrimonio e la sessualità in un analizzatore lessicale. I risultati sono lampanti. La parola dovere e i concetti ad esso connessi compaiono 47 volte; le parole castità e legge morale compaiono entrambe 37 volte; il concetto di continenza sessuale compare 14 volte. Mentre le parole fede, libertà e santità compaiono rispettivamente 12, 11 e 9 volte. Desiderio 7 volte, tenerezza 4, gioia 2, Spirito Santo 2. Mancano del tutto le parole, gusto, felicità, godimento, emozione, benessere.
Otto volte compare la parola piacere, di cui 5 in senso in senso negativo. Al concetto di piacere sessuale si dedicano 58 parole su oltre 11000 totali, appena lo 0,5%. Eccole: “Il Creatore stesso ha stabilito che nella reciproca donazione fisica totale gli sposi provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo sia dello spirito. Quindi, gli sposi non commettono nessun male cercando tale piacere e godendone. Accettano ciò che il Creatore ha voluto per loro. Tuttavia gli sposi devono saper restare nei limiti di una giusta moderazione”. Parole e numeri che parlano da soli!