Verso il matrimonio (6): spiritualità e psicologia

Non sovrapporre ambito spirituale e ambito psicologico, non ridurre tutto a peccato: un’attenzione di cui si senta la mancanza
29 Luglio 2022

Ancora un aspetto, l’ultimo della nostra riflessione, che ci sembra doveroso sottolineare a riguardo del documento Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le chiese particolari. In più punti del testo, dando indicazioni pastorali, si sottende un certo modo di concepire il rapporto tra spiritualità e psicologia.

Al n. 67 si dice: «Gli sposi non devono mai dimenticare che è il peccato, in ultima analisi, la vera minaccia del loro amore. Ben più grave di qualsiasi carenza psicologica, o di qualsiasi imperfetta dinamica interpersonale, è l’allontanamento da Dio, che innesca nel cuore umano una spirale di chiusura e di egoismo che ostacola il vero amore, perché impedisce l’apertura, il rispetto, la generosità nei confronti dell’altro. Dunque, per poter crescere ogni giorno nell’amore reciproco, è indispensabile dominare, con l’aiuto della grazia, il peccato che “si accovaccia” alla porta del proprio cuore (Gn 4,7) e, inoltre, far ricorso al perdono di Dio che, nel sacramento della Riconciliazione, elargisce il suo amore più potente di qualsiasi peccato».
Qui, sembra si ipotizzi che si stia parlando del peccato come qualcosa di personale, dove i coniugi hanno responsabilità sui loro atti e non tanto del peccato inteso come condizione umana, cioè come situazioni personali di fragilità su cui la persona, invece, può avere poca responsabilità. A dire che le dinamiche psichiche o relazionali, in cui le fragilità si incarnano, sono ben poca cosa rispetto alla potenza della dinamica della grazia e del peccato. Tradotto in parole povere, pare a noi che il documento voglia dire: se si ha buona volontà (cioè animata dalla grazia di Dio), anche le fragilità umane possono essere superate.

Presentato così, però sembra davvero che la grazia funzioni nella persona indipendentemente dalle sue condizioni esistenziali e/o psicologiche. Ci sarebbe da chiedersi allora cosa vuol dire, in questo caso, che la grazia suppone la natura, come afferma da sempre la Chiesa. Davvero pensiamo che Dio operi ordinariamente nel cuore delle persone, saltando la natura umana e le sue dinamiche? Immagineremmo un “miracolo” continuo! E soprattutto vorrebbe dire che le rotture matrimoniali sono sempre colpevoli, dal momento che sempre qualcuno dei due, o entrambi, hanno peccato. Attenzione, qui non si intende “hanno responsabilità” dell’agire, ma proprio che quell’azione sarebbe sempre peccato.
Va da sé, inoltre, che un Dio che opera ordinariamente travalicando la natura umana porrebbe seri problemi alla questione del liberto arbitrio: dove starebbe la libertà della persona?

In realtà, lo stesso documento ammette che «nonostante tutto il sostegno che la Chiesa può offrire alle coppie in crisi, ci sono, tuttavia, situazioni in cui la separazione è inevitabile. A volte può diventare persino moralmente necessaria» (93), aggiungendo che «La faticosa arte della riconcilia­zione, che necessita del sostegno della grazia, ha bisogno della generosa collaborazione di parenti ed amici, e talvol­ta anche di un aiuto esterno e professionale» (90). Questo perché sappiamo che nella realtà ci sono delle dinamiche personali e interpersonali, che non sono peccato, ma che incidono moltissimo sulla vita matrimoniale, portando anche al suo fallimento. Perciò, psicologia e spiritualità vanno pensate come alleate, con ambiti diversi di intervento, e non come avversarie, a contendersi lo stesso terreno, ossia l’animo umano.

La stessa difficoltà concettuale si ritrova al n. 91: descrivendo un itinerario di accompagnamento di coppie in crisi si dice: «Tutti gli incontri si svolgono sempre in un clima di preghiera, poiché si tratta di un cammino spirituale e non di sedute di “terapia di coppia». Poche righe sotto, sempre al 91, indicando quali contenuti debbano emergere nei primi incontri di solo ascolto si dice: «“quale è la sofferenza che mi porto dentro?”; “che disagio provo?”, “cosa mi ferisce nel modo in cui stiamo vivendo la nostra relazione?”. Non è raro, infatti, che nelle coppie manchino una comunicazione e un dialogo tali da far conoscere lo stato d’animo e il punto di vista dell’altro».
Appare evidente come il percorso spirituale, qui, tenda a sovrapporsi a quello psicologico. Provare disagio non significa aver commesso un peccato, ad esempio. Qualsiasi operatore di area psicologica che lavori con coppie in crisi, all’inizio del percorso, cerca di far emergere proprio queste stesse domande. E perciò, sembrerebbe che la differenza tra un percorso psicologico e uno spirituale, in questo passaggio iniziale, sia solo dato dal mettersi alla presenza di Dio.

Una buona metafora per descrivere il rapporto sano ed equilibrato tra psicologia e spiritualità è quella del ciclista. Per una buona “performance” ha bisogno almeno di due figure ben distinte: l’allenatore e il meccanico. Sarebbe sciocco se un allenatore chiedesse al ciclista di spingere ancora più forte sui pedali, se la bicicletta gira male perché la sua meccanica non è a posto. Un allenatore che ipotizzi che si può vincere anche senza “sistemare” la meccanica della bici non è un bravo allenatore. Lo è invece quell’allenatore che sa quali sono i limiti raggiungibili dal ciclista, viste le condizioni meccaniche della sua bicicletta, e lo può mettere in grado di dare il massimo all’interno di quei limiti.

Fuor di metafora, è importante, dato il tema delicatissimo dell’accompagnamento delle coppie in crisi, aver consapevolezza che le dinamiche personale e interpersonali non sono necessariamente ‘campo’ della morale, così come esistono delle azioni che sono peccato, ma che non sono oggetto primo di un accompagnamento di natura piscologica. Questo serve anche, in un’ottica cristiana, a dare il giusto peso alla libertà, alla responsabilità, alla grazia di Dio, alla cura della relazione sotto diversi punti di vista. Ancora una volta, è nella sinergia e nella sinfonia dei suoni e degli strumenti che può risuonare la bellezza della persona umana.

Una risposta a “Verso il matrimonio (6): spiritualità e psicologia”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Sicuramente mi sbaglierò a ravvisare nella prima parte ( la colpa è del peccato!!) Il solito modo “SPIC&Spam” in cui il”personale” è OUT, poi nella parte finale riemerge..
    credo che gli estensori debbano chiarirsi le idee sul ruolo dei due.

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