La riflessione sul rapporto tra fede cristiana e omosessualità si è, negli ultimi anni, liberata dalle censure che l’hanno soffocata troppo a lungo. Oggi, il dibattito si nutre di contributi autorevoli, che, con franchezza, audacia e responsabilità, si spingono ad esplorare quella che ancora per molti versi è una zona di frontiera. I libri che si potrebbero citare sono molti, ed una selezione ad uso esemplificativo non renderebbe giustizia.
Quello che forse ancora manca è una proposta spirituale per le persone credenti LGBT+. Certo, ad una comune vocazione battesimale corrisponde una comune spiritualità, eppure Dio parla il linguaggio inteso dal cuore di ciascuno, ed è per questo che la pedagogia della Chiesa ha sviluppato nei secoli delle proposte specifiche di spiritualità. Come scrive Giuseppe Piva, nel suo recente Dignità e responsabilità (Il Pellegrino, 2024), «siccome il tuo modo di sentire e di amare non potrà prescindere dal tuo orientamento sentirai che Dio ti ama corrispondendo al tuo personale modo di amare».
Il libro di Piva, gesuita, si presenta come «un canovaccio rivolto soprattutto agli accompagnatori spirituali, ma anche alle persone omoaffettive», e dunque saremmo tentati di metterlo nello scaffale «Pastorale» – una pastorale LGBT+ su cui, in effetti, vengono indicazioni preziose soprattutto in Appendice. Ma, in realtà, ad uno sguardo più profondo, si tratta a tutti gli effetti di una proposta spirituale, concreta ed esigente ad un tempo come solo lo stile ignaziano sa essere.
Il volume, strutturato secondo il ritmo delle quattro settimane degli Esercizi spirituali, è davvero «un cammino di liberazione spirituale per tutt*», nel senso che l’Autore, con quella gradualità così gesuitica e non a caso tanto importante nel magistero di Francesco, accompagna il lettore – che ad un certo punto si scopre esercitante – a liberarsi di tutto ciò che appesantisce il suo cuore e gli è di ostacolo nella scoperta dell’amore di Dio.
Subito emergono, tra le altre, due particolari qualità di padre Piva. Da un lato, la sua attenta e lucida adesione all’insegnamento della Chiesa, insieme ad un capacità di darne una lettura critica, profonda, e per nulla scontata, che, con libertà di figli, non gli impedisce talvolta di rilevarne criticità. E, dall’altro, la sua esperienza in umanità, frutto di un servizio di accompagnamento spirituale che dura da anni e che è sempre più riconosciuto.
Tutto questo gli consente di prendere per mano il lettore e, rispettando i suoi tempi, di condurlo fino a quella contemplatio ad Amorem di cui parla Ignazio al termine delle quattro settimane di Esercizi, laddove si considera «come Dio fatica ed opera per me in tutte le cose». Il testo originale spagnolo suona più efficace: «cómo Dios trabaja». È un lavoro faticoso, di travaglio, di passione, che è il Suo modo di Amare. Si potrebbe dire: come Dio mi ama a modo suo – cioè vivendo la sua passione, per me – in ogni cosa.
In ogni cosa. In ognuno di quei tornanti dolorosi che Piva ripercorre con l’esercitante: abusi spirituali, psicologici, e fisico-sessuali; nel male ricevuto ed anche in quello compiuto; nelle fatiche, nelle incomprensioni, nelle esclusioni di cui, purtroppo, sono piene le vite delle persone LGBT+. Anche nelle pieghe di questo male – come nelle scene bibliche che l’Autore propone alla meditazione e contemplazione –, Dio faticava, Dio operava, Dio travagliava, Dio viveva la sua passione per me: Dio mi amava. È questa la scoperta cui è condotto, passo dopo passo, il lettore.
Non è un percorso facile, né scevro da passaggi dolorosi; si tratta, in alcuni casi, di ritornare su alcune sofferenze, per provare a rileggerle. Ma tutto serve a recuperare quello che Papa Francesco, in Dilexit nos, chiama «l’ignoto del cuore» [24]. A liberare cioè il cuore da tutto ciò che gli impedisce di recuperare il suo desiderio autentico e farlo così incontrare con il Desiderio di Dio. La perfezione cristiana sta, in definitiva, in questo incontro tra desideri.
Dignità e responsabilità è una proposta spirituale da fare a tutti, forse non solo agli accompagnatori spirituali e alle persone omoaffettive. Il consiglio è quello di leggerlo come se si stesse vivendo davvero un corso di Esercizi spirituali – anche modulando a questo fine i tempi di lettura – a cominciare dal primo passo, quello che nelle parole di Ignazio è la formulazione dell’id quod volo. Il Cardinal Martini lo spiegava così: «Non ciò che vuole il direttore, ma ciò che voglio io; è ciò che nella stagione presente della mia vita – in questo momento, dopo le vicende degli ultimi mesi e anni – e nella prospettiva di ciò che mi attende, Dio mi fa sentire e desiderare come frutto» (I grandi della Bibbia. Esercizi spirituali con l’Antico Testamento, 1286).
Forse, per molti, l’id quod volo per entrare nel cammino di liberazione tracciato da padre Piva può essere tornare a sentire, o sentire per la prima volta, quella Parola che vuole parlare al cuore di ciascuno: «Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima, e io ti amo» (Is 43,4).