Le parole del giubileo – 18 – liberazione

L’esperienza cristiana è una esperienza di liberazione, altrimenti ce la stiamo raccontando.
17 Maggio 2025

Liberazione

Questa parola, a differenza di altre già viste, compare poco nel vocabolario popolare della fede. Forse l’unico luogo in cui ha una certa frequenza di uso è quando, in una lunga e pesante sofferenza, la morte viene ad essere letta come una “liberazione”. Ma quasi sempre si aggiunge: “sembra brutto da dire”. Che ci rappresenta bene il clima emotivo e concettuale che nel linguaggio popolare evoca la parola liberazione: qualcosa di bello, di auspicabile, ma che non sarebbe “conveniente” al fedele, il quale, fino a che vive, dovrebbe accettare di permanere in uno stato di “sopportazione” esistenziale. Nulla di più lontano da ciò che la Bibbia ci racconta!

Fin dal peccato originale, l’intervento di Dio a favore dell’uomo si segnala come un atto di liberazione dai mali e dalle sofferenze causate a sé stesso dall’uomo, attraverso il peccato: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa” (Gen 3, 15). Ma visto che il cuore dell’uomo sembrava indurirsi sempre più nel male, Dio realizza una liberazione storico concreta del suo popolo, per fra comprendere il suo amore infinito, che ne costituisce addirittura l’identità profonda: la liberazione dall’Egitto (Es 3, 7-8; 15, 1-2).

Poi continua a rendersi presente nella storia ebraica proprio come liberatore dai nemici (ad es: Sl 18 e simili e tutto il libro dei Giudici), fino a generare la richiesta del “giubileo”, pensato proprio come momento di liberazione da ogni forma di oppressione: “portare il lieto annuncio ai poveri, […] proclamare la libertà ai prigionieri». (Is 61, 1). Testo che Gesù riprenderà in Lc 4,18 e porrà come obiettivo essenziale della sua missione.

L’esperienza cristiana è una esperienza di liberazione, non solo spirituale, ma anche esistenziale, psicologica e sociale, altrimenti ce la stiamo raccontando. Paolo lo ricorda molto chiaramente: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Gal 5,1); “Nessun dovere verso nessuno, se non l’amore gratuito vicendevole” (Rm 13,8). Il senso di “obbligo”, anche morale, che a volte alberga nell’esperienza cristiana, in verità non appartiene al vangelo. Che chiede l’amore gratuito.

Dove gratuito non indica solo che non ci si aspetti nulla in cambio, ma anche che esso sia generato solo dall’impulso di bene che lo Spirito Santo agisce in noi, dal desiderio percepito e consapevole di generare il bene per l’altro. Ogni altra motivazione, relazionale, culturale, sociale, giuridica, morale, psicologica con la quale possiamo essere spinti ad un atto di bene ha senso solo se è supportata da questo impulso percepito nell’intimo, altrimenti diventa “buonismo”, che è la più grande falsificazione dell’amore.

Letta così, la parola “liberazione” esprime un’esperienza giubilare davvero essenziale. Il giubileo è proprio il momento in cui possiamo imparare a purificare le nostre intenzioni di bene, liberarci da tutto ciò che non è davvero “amore gratuito” e permetterci la leggerezza e la spontaneità gioiosa di chi ama come Dio, che ci ha liberati. E così, poi, poter vivere un amore che tende a liberare l’altro, non a “conquistarlo”, “sedurlo”, “vincolarlo”.

Se l’esperienza di Cristo ci libera dentro davvero, saremo leggeri e sereni, avvertendo una spinta enorme che si chiama “indignazione” per liberare coloro che, in ogni forma, sono ancora “schiavi”. L’azione cristiana per la liberazione dei popoli e delle persone ha la sua radice là dove possiamo vivere quei frutti meravigliosi indicati da Paolo: “gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 22-23).

Quando qualcuno si proclama Cristiano, la vera cartina di tornasole per verificare la sua fede, non è tanto la correttezza teologica dei suoi pensieri, ma l’espressione umana di questi sentimenti, avvertibile anche senza che lui dica nulla. Aveva ragione Gandhi: “Mi piace Cristo. Non mi piacciono i cristiani, così diversi da Cristo”.

2 risposte a “Le parole del giubileo – 18 – liberazione”

  1. Alberto Ghiro ha detto:

    Che poi la liberazione dalla sofferenza ricordi la morte in croce questo non ha un effetto distorsivo sulla parola perché ricorda che la liberazione si realizza nelle situazioni estreme. Sono tali le situazioni in cui la volontà dell’uomo viene meno perché non può più determinare gli eventi e rimane solo la volontà del Padre. È nell’estremità della morte che Gesù rivela definitivamente di essere Figlio e da questo anche l’uomo a sua volta rivela di essere figlio: la sua volontà di essere viene meno per lasciare posto al più semplice essere figlio e questo lo libera dall’opprimente desiderio di essere.

  2. Alberto Ghiro ha detto:

    Che la la fede popolare venga spesso presa come spunto su ciò che ci sia di sbagliato nella fede ormai ci si è abituati. In questo caso credo che la citazione sia però volutamente distorta pensando che liberazione venga continuamente invocata come liberazione da ogni tipo male non attraverso la morte né tantomeno nella sopportazione ma nella speranza di una vita migliore. Il sentimento popolare ha ben presente quindi la centralità della parola liberazione anche se si riferisce ad esigenze più immediate e non a concetti più astratti che hanno poco a che fare coi sentimenti anche se si parla di amore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)