Il sogno di Adamo e quello di Giuseppe

«Per trovare la donna, l'uomo prima deve sognarla» dice il Papa. Ma forse - al di là della poesia - quel sogno dice a entrambi qualcosa di più...
29 Aprile 2015

“Il papa poeta e femminista”; “Il papa contro il maschilismo: per trovare la donna l’uomo prima deve sognarla”; “Dio plasma la donna mentre l’uomo sogna”: sono alcuni titoli degli articoli pubblicati in seguito all’Udienza generale del 22 aprile scorso.

In quell’occasione papa Francesco, commentando il secondo capitolo di Genesi, ha fatto intravvedere la bellezza della parabola che ne è il cuore: si tratta di uno dei passaggi centrali in cui la Bibbia indica, con un linguaggio profondamente simbolico, “il mistero dell’eterno generare” (Mulieris dignitatem 8).

La parte che ha avuto maggior eco nei media merita di essere letta per intero:
“La donna non è una replica dell’uomo; viene direttamente dal gesto creatore di Dio. L’immagine della costola non esprime affatto inferiorità o subordinazione, ma, al contrario, che uomo e donna sono della stessa sostanza e sono complementari e che hanno anche questa reciprocità. E il fatto che – sempre nella parabola – Dio plasmi la donna mentre l’uomo dorme, sottolinea proprio che lei non è in alcun modo una creatura dell’uomo, ma di Dio. Suggerisce anche un’altra cosa: per trovare la donna – e possiamo dire per trovare l’amore nella donna -, l’uomo prima deve sognarla e poi la trova”.

Davvero poetico.

Eppure, leggendo questo passaggio come donna, non ne sono del tutto felice. L’immagine conclusiva, la più forte, si presta ad una riduzione: la donna sembra essere stata creata non per se stessa, ma come risposta al sogno dell’uomo, quasi fatta ‘per lui’.

E’ solo lui il protagonista? E’ la sua esigenza ad essere determinante?

E la donna? E’ creata come risposta ad un bisogno? Può solo essere trovata?

Un simile fraintendimento della Parola di Dio non è solo facile, è frequente, perché si struttura ancora oggi sulla lettura letteralista e androcentrica che ha caratterizzato per secoli l’approccio a queste narrazioni.

Ma allora, quale relazione è pensabile tra l’uomo e la donna secondo le Scritture? Cosa dicono al nostro presente?

In principio la Bibbia narra il sogno di Dio, da cui ha origine tutto, da cui nasce l’umanità.

Poi, ancora in principio – la nuova creazione – si mostra il volto di un altro uomo che dorme (Mt 1,20-25). Dorme nel tormento e nella fatica di capire ciò che succede alla sua promessa sposa, e sogna. Non certo il realizzarsi di un suo desiderio: nel sogno comprende di non poter gestire ciò che avviene, ma di essere chiamato solo ad accoglierlo. Come Adamo con Eva, così Giuseppe con Maria.

Non c’è niente di naturale nella sua scelta: è fede in Dio ed è fede in lei, è la ‘follia’ della fede che, sola, è ‘prova delle cose che non si vedono’ (Eb 11,1). Come ogni atto creativo di Dio, il mistero della Vita che si manifesta chiede apertura, ascolto, l’affidarsi reciproco in un lungo e faticoso cammino, per diventare una sola carne.

Nella catechesi del Papa ciò che meriterebbe di essere maggiormente sottolineato, allora, è quanto precede l’immagine poetica: l’uomo e la donna, insieme, corrispondono al sogno di Dio sull’umanità, vengono dal suo gesto libero e creatore. Un gesto gratuito che noi possiamo solo riconoscere, aprendoci al mistero che siamo, tanto l’uno per l’altra quanto per noi stessi.

Sì, siamo un mistero anche per noi stessi.

Agli uomini e alle donne non basta leggere il libro della natura, per comprendersi. Se fossimo solo natura, le relazioni tra noi sarebbero del tutto istintuali, guidate dal codice primario della legge del più forte. E non basta neppure scandagliare gli influssi della cultura, con i suoi condizionamenti e le sue cicliche paure.

Noi non siamo solo natura e non siamo solo cultura. Le due insieme? Sì, ma c’è in noi anche un frammento di mistero inesauribile e fecondo, una scintilla divina.

Non possiamo dimenticarlo, specie in questo tempo che ci è dato, in cui gli schematismi del passato sono finiti e sentiamo crescere il disorientamento, la confusione, la fatica. Un po’ come Adamo che si sentiva solo, come Giuseppe che soffriva senza capire.

E come Maria di Magdala, che piangeva di fronte ad una pietra ribaltata e al vuoto del sepolcro:

“Chi cerchi?” (Gv 20,15).

Quello che, attraverso le Scritture, ci propone papa Francesco è allora un cammino di ricerca.

Un cammino da percorrere sia guardando a noi stessi – le donne impegnate a riflettere sul femminile, gli uomini chiamati a ripensare il maschile – che ponendoci attivamente uno di fronte all’altra, così come ci ha pensati Dio (ezer kenegdo Gn 2,18), per provare ancora a sognare insieme verso dove sia cosa molto buona (Gn 1,31) dirigere i nostri passi.

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