Il silenzio mi fa compagnia

La storia della nonnina rimasta sola nel paese ormai deserto. Una poesia di Wislawa Szymborska. E un augurio per questa nostra estate
16 Giugno 2017

Paolina

Pochi giorni fa una notizia apparsa su La Stampa, esattamente il giorno 13, ha presentato una storia che “non fa notizia”, se non quella di raccontare il modo di vivere di una persona così normale da diventare “caso” da giornale.

Protagonista dell’articolo era infatti una nonnina di 91 anni, certa Paolina Grassi, diventata oggetto di interesse da parte del giornalista per il fatto di vivere ormai sola nel suo ex-paesino (quasi un cumulo di casupole disabitate) a Socraggio, in Valle Cannobina.

Persa infatti anche l’ultima sorella, che viveva lì con lei, solo un anno fa, il giornalista racconta di come Paolina abbia visto man mano spopolarsi il suo paesello, e morire i familiari più o meno della sua età ed andarsene tutti gli appartenenti alle generazioni più giovani (tra cui i suoi figli e nipoti)…. Non ultimo l’ha lasciata anche Fido, il cane che era stata la sua grande compagnia.

Eppure Paolina, al giornalista che la intervista, dice parole incredibili, tanto da essere trasformate nel titolo dello stesso pezzo: “Il silenzio mi fa compagnia”. E quello in cui vive questa signora è davvero un silenzio totale, a quanto emerge dalle parole che la descrivono: un silenzio dalle luci elettriche dei lampioni nelle stradine attorno, dall’abbaiare del suo cane che ormai non c’è più, dal rumore della televisione che lei conserva tutta fasciata da un panno contro la polvere, dalle voci dei visitatori (tranne qualche visita estiva di turisti), dal continuo scendere al paese grande per commissioni (solo una volta al mese una nuora la accompagna a far spesa giù)… E inoltre un silenzio da un cibo vario e raffinato (Paolina mangia alimenti sempre uguali e molto semplici), dalla suggestione di un viaggio (ne ha fatti solo due in due città diverse per necessità), dalla lettura di un libro… solo canta, una sola sua canzone antica… di tanto in tanto!

Questa presentazione, che mi ha lasciata incantata per l’anacronismo nella nostra società assordante, mi ha richiamato una splendida poesia della poetessa polacca Wislawa Szymborska, dove si descrive la vita di un eremita, certamente uomo fatto di silenzio, che viene riscoperto nella mentalità comune dei suoi contemporanei e dei suoi visitatori occasionali che vanno per incontrarlo. Ma come per la nostra Paolina di Socraggio, cosa troveranno? Anche lì un cane Fido, ancora vivente ma addormentato e accucciato, un gaio boschetto di alberi e fiori (anche la casa di Paolina è circondata di presenze vegetali che hanno una storia che solo lei conosce)… Anche qui l’eremita della poesia rilascia interviste ai turisti di un paese vicino sullo strano e amletico interrogativo per i più: perché mai avrà scelto il silenzio e la solitudine? Così l’uomo, col suo pittoresco aspetto da solitario, si presta a fare la parte dell’eremita per la foto della turista americana e per i sogni incarnati di una vecchietta che finalmente lo incontra… ancora, si presta, il vecchio eremita, alla sciocca impronta di ragazzetti di passaggio che firmano i suoi alberi noti per sentirsi protagonisti anche loro in quel luogo estraneo, come se la loro giovinezza li facesse padroni di tutto…

L’EREMO

Credevi che un eremita vivesse in un eremo,

e invece abita in una casetta con giardino

in un gaio boschetto di betulle,

dieci minuti dalla strada,

per un sentiero con cartelli segnaletici.

Non devi osservarlo di nascosto con un cannocchiale,

puoi vederlo e udirlo da vicino

mentre spiega paziente a un gruppo di turisti di Wieliczka

perché ha scelto un’austera solitudine.

Ha una tonaca grigia,

una lunga barba bianca,

gote vermiglie

e occhi celesti.

Posa di buon grado davanti a un cespuglio di rose

per una fotografia a colori.

Chi la scatta è Stanley Kowalik di Chicago.

Promette di mandarla non appena sviluppata.

Intanto una taciturna vecchietta di Bydgoszcz,

a cui nessuno fa visita se non gli esattori,

scrive sul registro degli ospiti:

sia lode a Dio

per avermi permesso

di vedere nella mia vita un vero eremita.

Dei giovani si firmano col coltello sugli alberi:

Spirituals 75 – raduno quaggiù.

Ma che ne è di Fido, dov’è andato Fido?

Fido è sdraiato sotto la panchina e fa il lupo.

Qui dunque sono presenti visitatori e turisti, fatti per arrivare e subito ripartire, ma resta Fido a riempire il silenzio dell’eremita del boschetto. Alla nostra Paolina neanche questo, ma un tutto pieno ugualmente, a quanto dice! Un pieno fatto di spazi nella notte dove imparare a riempirsi del “rumore” che fa il silenzio!

Così si fa spazio in queste due vite a confronto, vite da eremita che non sappiamo immaginare, vite di un silenzio che ci si è trovati addosso e forse accolto come unica vita possibile (per la nostra Paolina) o per una scelta spirituale per l’eremita della poesia… Ma come sentirci un pochino dentro anche noi, in questo silenzio che fa compagnia, quando spesso lo pensiamo solo come un vuoto che ci toglie forze e energia?

Un silenzio che si faccia pieno e non vuoto, che non sia privazione ma pienezza, che non sia solitudine ma compagnia?

“Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” ci ripete il Vangelo di Luca, Maria certo aveva capito il segreto di fare spazio per essere riempita di senso e di comprensione. Così si riceve tanta compagnia e ci si riposa finalmente un po’, come diceva padre Baldassarre Alvarez, maestro della Santa Teresa D’Avila, il quale, interrogato da un superiore sul suo stare in orazione, affermava:”Medito talvolta ruminando nella mia mente qualche parola della Sacra Scrittura; altre volte ragiono e non medito, oppure mi tengo in silenzio e in riposo davanti a Dio”.

Auguriamoci allora un’estate fatta anche di silenzi, non ricercati momenti di una faticosa spiritualità, ma umanissimi spazi, già e solo esigenze umane, dove ritrovarsi, dove la compagnia è senz’altro quella di Dio, che la sentiamo o meno!

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