“Cattolico? Non è molto sexy!”. È una battuta del film L’amore inatteso che è uscito in questi giorni nella sale italiane. Mi ha fatto sorridere e riflettere.
Essere, per esempio, sanamente attraenti per l’altro o essere addirittura attenti al piacere dell’altro, nell’intimità di una relazione coniugale, sembra ancora una questione che facciamo fatica a trattare con serenità tra gli argomenti accettabili per un cattolico, in parrocchia come nel confronto pubblico, col mondo, o nell’educazione dei giovani.
Ma prima ancora, si riaffaccia un tema buono per tutti gli stati di vita e che dalla nascita di Vino Nuovo abbiamo già toccato qualche volta da punti di vista diversi: che rapporto abbiamo con il nostro corpo?
Siamo pienamente consapevoli che la cura e anche l’ascolto del nostro corpo è parte non secondaria della nostra vita spirituale? “Nessuno prende in odio la sua carne, ma la nutre e la cura” (Ef 5, 29). Rubo da un recente tweet del cardinal Ravasi questa parola delle Scritture.
Il corpo parla. Dice cose di noi che a volte non sappiamo esprimere verbalmente e, in una dinamica di maturazione spirituale, può essere persino un teologo. Come è un luogo teologico anche l’unione (fisica) degli sposi.
Qualche giorno fa hanno invitato me e mia moglie a condurre un incontro in un gruppo di famiglie di una parrocchia romana. Il tema che ci hanno proposto era “Darsi anima e corpo”, una delle tappe di un percorso di approfondimento a scadenze mensili sulla necessaria integrazione tra “spirito, anima e corpo”.
Siamo abituati a fare questo genere di incontri con i giovani. In un rapporto alla pari con coppie coetanee e anche più grandi non ci siamo messi certo a fare lezioni da cattedre che non abbiamo: abbiamo condiviso un po’ la nostra esperienza di coppia, offerto qualche flash di riflessione e proposto un piccolo laboratorio concreto, per ascoltare il corpo, appunto.
Nella ricerca che ho fatto per la parte teorica, mi sono trovato a recuperare alcuni articoli del Catechismo, mai abbastanza noti anche a credenti praticanti, i recenti Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia (2012), e qualche lettura spirituale.
Tra le altre cose, mi sono imbattuto in questa riflessione molto provocatoria di Vladimir Solov’ëv riportata dal gesuita p. Marko Ivan Rupnik (noto per i suoi mosaici) nel suo Adamo e il suo costato, un testo che avevo sepolto in libreria e riesumato per l’occasione. Dice il filosofo e teologo russo: “C’è una sola forza capace di sradicare l’egoismo dall’interno, sino in fondo, effettivamente: è l’amore, anzitutto l’amore sessuale” (1). L’egoismo – spiega poi Rupnik nel testo – infatti è una cosa concreta, che penetra l’io umano fino in fondo. Non gli si può contrapporre un’etica, un sistema di valori astratti. All’egoismo si può contrapporre solo una forza altrettanto concreta, reale, ma che deve essere indistruttibile e inesauribile. Perciò il vero e il bene, senza la bellezza, cioè senza incarnazione, non reggono. “L’amore sessuale – continua Solov’ëv – è un’unione allo stesso livello. In tutti gli altri genere di amore mancano o l’omogeneità, l’uguaglianza, la reciprocità tra amante e amato, o quell’insieme di differenza che porta a un reciproco completamento. Madre e figlio è un’altra unione, amico e amica è un’altra unione. L’unione sessuale è dello stesso livello e di una differenza complementare, perciò ha la stessa potenza concreta dell’egoismo”.
Cosa ne pensate?
(1) V. Solov’ëv, Il significato dell’amore e altri scritti.