Ma Dio per che squadra tifa?

Per il piccolo Matteo è un mistero quel frettoloso segno di croce che viene eseguito sia dal famoso centravanti camerunense
24 Giugno 2010

Trentacinquesimo del primo tempo, Camerun e Danimarca stanno pareggiando uno a uno. “Scusa papà, ma secondo te, Dio per quale squadra tifa?”. La domanda del piccolo  – nove anni, al suo primo Mondiale consapevole – riesce a distrarre dal teleschermo l’attenzione dei fratelloni.
Che s’interrogano a loro volta perché il “bocia” abbia osato con quest’interrogativo escatologico e rompiscatole intromettersi durante una ripartenza così pericolosa, squarciando il silenzio che i grandi gli avevano raccomandato.  Silenzio religioso, appunto, come in chiesa quando tutti chiedono ai piccoli di non disturbare perché si sta celebrando qualcosa d’importante, significativo e anche misterioso.
Un mistero per il buon Matteo (che il prossimo anno farà la Prima Comunione) è forse quel frettoloso segno di croce che – curiosamente – viene eseguito sia dal famoso centravanti camerunense con la pelle nera che dal biondissimo danese dal nome impronunciabile.  Ma come fa Dio a schierarsi con tutte e due le squadre?  (E il mistero si complica maledettamente perché pure lo sconosciuto arbitro s’affida al Cielo con un furtivo segno di croce).
Sul divano, ora la palla passa ai genitori. Che vorrebbero coglierla al volo per distinguere tra fede e scaramanzia, interiorità ed esibizionismo, e riproporre il modello di Damiano Tommasi – dall’oratorio alla maglia azzurra – che ha conservato se stesso e la  fede senza perdere la testa nel pallone…
Entra però a gamba tesa l’adolescente infastidito dal “predicozzo” durante il pressing danese ,  per osservare che è  tutto superstizione:  dal tatuaggio incomprensibile scolpito sul polpaccio…fino al rosario di quel gasatone di Maradona agitato come un amuleto. E poi condanna tanti segni di croce e perfino voti alla Madonna, poco coerenti con l’affiorare di  parolacce esaltate dal labiale alla moviola?
Fine primo tempo: lo scambio merita di essere ripresa durante l’intervallo (anche se Matteo appare distratto dai padreterni degli spot ) e s’allarga a tutto campo: professionismo e sportività, gli eventi sportivi come vetrina o maschera per tanti Paesi, questo Sudafrica finalmente sotto i riflettori…E ancora una volta i Mondiali – come le Olimpiadi, ogni quattro anni – spalancano la finestra anche sugli orizzonti delle fedi (non solo calcistiche).
Succede in casa, ma anche al Grest, dove l’attività pomeridiana prevede anche un maxischermo o  al campeggio parrocchiale, dove la gita viene rinviata per andare al bar a vedere l’Italia.
Il rito della partita, come dicono i sociologi, può diventare uno spensierato e indimenticabile momento di gruppo o di famiglia da vivere (e magari anche discutere) insieme agli amici più cari.  Meglio se la liturgia prevede al fischio finale del novantesimo la possibilità di scendere al campo dell’oratorio o sul prato vicino per sfidarsi ai rigori. I tempi di recupero possono prolungarsi nella preghiera serale con i genitori a riprendere quasi al replay alcuni di quegli atteggiamenti religiosi valorizzati o stigmatizzati durante la partita. Matteo, infatti, non sa ancora spiegarsi con che squadra stava Dio, ma è sicuro però che anche Lui si divertiva a seguire la partita.

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