Self made religion

“Non ci manca l’interesse per il sacro, ma non ci identifichiamo in una religione e nei suoi credenti”
20 Maggio 2024

“La religiosità è parte integrante della vita di ogni giorno, insita nella natura umana”; “sembra che molti giovani preferiscono non farsi domande e vivere come viene, ma io sono convinta che sia solo un’apparenza”. E ancora: “non ci manca l’interesse per il sacro, ma non ci identifichiamo in una religione e nei suoi credenti”; “io coltivo un rapporto individuale con una dimensione divina al di fuori di una religiosità tradizionale”.

Queste frasi, raccolte tra i miei studenti, sono alcuni dei tanti esempi che traducono i due atteggiamenti che, secondo me, dalla fine degli anni ’80 ad oggi, sono diventati sempre più diffusi ed evidenti in rapporto alla religione. Il primo è quello della “riapparizione” della spiritualità nei discorsi e confronti che si possono fare nei luoghi pubblici. In altre parole la secolarizzazione, quella dura che rinchiudeva il discorso spirituale nell’ambito del privato personale, è mutata. Oggi è difficile davvero trovare persone che siano profondamente convinte che esista solo la dimensione storico materiale della realtà. Tanto che la domanda sul senso della dimensione spirituale, da almeno 20 anni, è massicciamente presente in classe, nei social, nei talk show, nei libri, nei film…

Il secondo atteggiamento corrisponde a quello che i sociologi della religione, da tempo hanno individuato: la tendenza ad una “religione fai da te”. Pregare, meditare, pensare all’esistenza di una dimensione trascendente non è più così raro tra i miei studenti (e pure tra moltissimi adulti), ma ciò viene perseguito in forme, contenuti e modi che sono molto diversi dalle adesioni classiche e culturali di 40-50 anni fa, alle grandi forme religiose. Questa situazione è riconducibile alla combinazione di almeno due elementi di cambiamento, che sono esplosi a partire dalla fine degli anni ’80.

Il primo è l’effetto di “frantumazione antropologica” che la post modernità si porta dietro. A differenza di ciò che accadeva nella modernità, oggi la razionalità, l’emotività e l’istintività faticano moltissimo ad andare d’accordo all’interno della singola persona, provocando una specie di convivenza forzata di esse, come di separati in casa. In questa condizione l’adesione religiosa è sempre più appannaggio della emotività, mettendo in secondo piano la coerenza razionale delle idee ritenute sensate. Trovo spesso persone che vanno in Chiesa, si dichiarano cristiane e credono alla reincarnazione; o che ipotizzano che la nostra anima sia una parte di Dio; o che Dio sia la somma di tutto ciò che esiste.

Il secondo effetto interessante è la “corrosione dei legami istituzionali”. A differenza della modernità, oggi siamo poco propensi a “fidarci” delle istituzioni, perché ne abbiamo visto tutta la loro “incapacità e incoerenza” a poter davvero dare risposte efficaci ai problemi comuni del vivere personale e sociale. In questa condizione l’autorità di una religione istituzionale non è più credibile a priori, ancora prima cioè di aver colto davvero il suo messaggio profondo. Ciò lascia spazio ad un individualismo spirituale, in cui l’attesa del senso ultimo e la costruzione di una visione del mondo basato su di esso può essere fatta solo singolarmente, con una ricerca che, al fondo, non potrà mai approdare ad una pienezza sufficiente.

Di fronte a ciò le religioni istituzionalizzate reagiscono in due modi. Da un lato, come reazione alla perdita di autorità, induriscono le identità teologiche, cercando di rafforzare l’unità della visione teologica, togliendo spazio al pensiero divergente. Ciò sembra venire incontro allo spaesamento di alcuni fedeli, che in questo individualismo spirituale si sentono “senza limiti e orizzonti”, ma finisce per bloccare la loro ricerca personale e li spinge a fidarsi ciecamente dell’autorità religiosa a cui si riferiscono. I fondamentalismi, gli estremismi religiosi e i fanatismi che tornano in scena sono l’effetto di questa “paura” della perdita identitaria, ma provocano una adesione religiosa che può diventare davvero pericolosa e disumana. Se si individua un nemico è più probabile ci si riunifichi per combattere contro di lui.

Dall’altro lato assistiamo, invece, al sovraccarico di valore offerto da esponenti delle religioni tradizionali a qualsiasi cosa provochi emozioni intense e non ordinarie, intesa come evento in cui il “trascendete” si rende presente sensibilmente. Oggi più che mai le presenza angeliche, le manifestazioni miracolose, i fenomeni “altri” rispetto alla cosidetta normalità, sono molto attraenti proprio per questa loro possibilità di far “sentire” il trascendente, a prescindere da qualsiasi forma di pensiero teologico possano veicolare. I miei studenti conoscono quasi tutti cosa sia Medjugorje; hanno interesse per le presenza angeliche e demoniache; hanno curiosato dentro alle notizie delle madonne che piangono. E tutto ciò come parte considerata molto interessante della loro ricerca spirituale.

Ora, tali fenomeni come leggerli sul piano evangelico? Se guardiamo l’insieme della rivelazione, centrata su Gesù, dobbiamo riconoscere che la fede nasce in un rapporto personale tra il fedele e Cristo, dove la dimensione dei sentimenti è comunque centrale e dove la riflessione razionale arriva dopo che la persona sia stata afferrata da Cristo. Ma dove l’equilibrio interno della persona è garantito dalla relazione reale con Cristo non dalla adesione dogmatica a verità astratte. Tutti i “convertiti” citati nei vangelo seguono questa dinamica: per loro “vivere è Cristo”, cioè, non un insieme di idee da coordinare tra loro, ma una persona viva che li ama e che per questo diventa il loro amore.

Questo stesso punto di partenza, il rapporto con Cristo, nell‘insieme della rivelazione si rende possibile oggi per la forza dello Spirito Santo, che è davvero l’unico in grado di “mediare” il trascendente. Ma che non si lascia “esclusivizzare” da nessuno, nè dalla Chiesa istituzionale, nè dai miracolismi. Negli atti degli apostoli è chiarissimo che il fedele arriva alla Chiesa dopo aver incontrato Cristo nello Spirito, non prima. Perciò la fede nasce anche fuori della Chiesa, ovunque ci siano tracce di Cristo capaci di afferrare il cuore umano.

Questo ci ricorda che anche la condizione attuale di forme religiose “miste” non è un impedimento per l’opera dello Spirito e il nostro compito è quello di saper vedere la sua opera ovunque, valorizzando le sue tracce ovunque esse siano.

3 risposte a “Self made religion”

  1. Paola Meneghello ha detto:

    C’è un Seme di Verità che unisce tutte le cose, secondo me.
    Andare oltre le religioni può voler dire anche cercare quel Seme, quel cuore alla base di ogni tolleranza e rispetto e foriero di vera Pace.
    Le forme religiose possono mutare e anche morire, non lo Spirito di Verità che le anima.
    Cristo è oltre ogni religione.

  2. Pietro buttiglione ha detto:

    Io la vedo cosi’.
    In estrema sintesi: MARGINALITA’.
    Tutto non è ben definito, niente è centrale, effimero, serve e non serve.
    E a causa adduco sempre la realtà del DELTA/ cambiamenti sempore più rapidi e diffusi e totali. Che, ovvio, ti ‘marginalizzano. NON sei tu ‘on the edge? non conti una pippa. Sei MARGINALE. E il poveretto cerca di bere qua e la, dove capita. Al Cerchio 77, alla fiction, al romanzo, ecc. ecc.
    Al solito c’è qualcuno che, pieno di se stesso, non ha capito una cippa e si aggrappa per opporsi al cambiamento, ecc. come descrive Gil.
    Risultato? Che quello che circola è esattamente il CONTRARIO della Parola di ieri ( Spirito è amora&gioia&pace&magnanimità&benevolenza&bontà&fedeltà&mitezza&dominio di se…)
    Ma forse sono cieco e ipocondriaco io,,,

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Saper vedere l’opera dello Spirito santo ?! Non rimanda a conoscere prima Cristo? Questo sembra basilare per chi in ricerca a domandarsi se la vita ha un valore?.e Per chi?Il mondo sta dando risposte come?facendosi creatore di se stesso, I A, uno uguale a se stesso, server, gli manca però la vita ed e per questa che invece dobbiamo alzare gli occhi verso l’alto. La Chiesa esiste perché da Cristo ritenuta necessaria, dove e come incontrarlo dalle generazioni se non attraverso le sue opere? a cominciare da una famiglia fatta cristiana, Lui, il Cristo, modello, ha imparato a essere figlio, è cresciuto osservante della Legge del Padre, poi Maestro non solo ai suoi ma la sua Parola a ogni uomo vivente quel Vangelo che si incarna a cambiare il cuore di ogni uomo. La diffusa protesta sollevata da un popolo di giovani, appare come il riconoscersi in certa povertà, in quelle migliaia di persone la cui vita, inermi in una guerra, sembra non importare a nessuno

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