Le Diocesi di Porto-Santa Rufina e Civitavecchia-Tarquinia hanno aperto il secondo anno accademico della Scuola di Formazione all’impegno Sociale e Politico “Custodi del futuro”, presso l’auditorium della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, con un incontro dal titolo “L’UE che prende forma. Le partite da giocare a Bruxelles e nel territorio”. Relatori Mariano Crociata, vescovo di Latina, presidente della Commissione Conferenze Episcopali in Europa (COMECE) ed Erico Giovannini, già Ministro nei governi Letta e Draghi, Direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS); moderatore Massimo Franco, giornalista del Corriere della Sera e saggista (nel pomeriggio la riflessione è proseguita con un laboratorio intitolato “L’UE vista dal nostro territorio: limite od opportunità?”, condotto da Domenico Barbera e Vincenzo Mannino, direttori dei due uffici diocesani di pastorale sociale e del lavoro, mentre Francesco Monaco – Capo Dipartimento Supporto ai Comuni e Politiche Europee – IFEL, fondazione Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) – ha presentato una relazione su “L’Europa e le strategie territoriali. PNRR e risorse del nuovo settennato di programmazione europea”).
Dopo l’introduzione del dott. Alberto Colaiacomo (direttore della Scuola) e i saluti di suor Piera Ruffinato (direttrice della Facoltà) e del vescovo Ruzza, Massimo Franco ha affermato che la UE pare la vittima designata di Trump e di Putin, in quanto ha vinto un Occidente che pensa di destrutturare la UE e dialogare con i singoli Stati colloquiando con i cosiddetti “Patrioti Europei”: Trump non riconosce l’UE ma vuole il “dividi et impera”. Mentre Papa Francesco definiva l’UE una “nonna sterile”, si verificava uno spostamento del baricentro europeo dall’asse renano-italiano verso l’Europa del Nord, più luterano e più attaccato al concetto di “shut” (= debito/peccato). Ciò ha portato ad una spaccatura con i paesi indebitati come quelli cattolici del Mediterraneo: non è un caso che Trump ha avuto il voto maggioritario dei cattolici. Infine gli USA hanno criticato e attaccato come traditore del Cattolicesimo il dialogo del Papa con la Cina. In questo contesto, qual è il ruolo della Chiesa in Europa? Certamente non si può tornare ad una Chiesa Eurocentrica, ma almeno ad una Chiesa che dialoga con l’Europa.
Mons. Crociata ha aperto il suo intervento partendo dal significato da attribuire al termine “forma”. Ci sono due suggestioni che il vescovo propone. La prima è inerente alla forma “istituzionale”. La UE per tutta la sua storia (CECA 1951-1957, Unione doganale, Schengen, Maastricht, Mercato Unico, BCE, Euro, Trattato di Lisbona, Corte di Giustizia) non è mai stata una Confederazione né uno Stato, ma una condivisione della sovranità su alcuni ambiti da governare in comune, attraverso il Consiglio Europeo, la Commissione Europea e il Parlamento Europeo.
In tal senso, diversi sono i profili di incompiutezza e di problematicità. C’è stato un ingigantimento della burocratizzazione e di tutte le strutture comunitarie che ora appaiono un centro istituzionale complesso e lontano dall’opinione pubblica europea ed autoreferenziale rispetto ai parlamenti nazionali: da un lato, quindi, necessario, provvidenziale, insostituibile, ma, dall’altro lato fragile perché senza la UE i singoli stati europei non avrebbero alcuna forza per resistere difronte alle economie delle superpotenze degli altri Continenti.
Con la guerra in Ucraina, poi, il progetto di pace e di riconciliazione previsto sin dalla fondazione della UE corre il rischio di cambiare. L’ingigantimento dell’unione in ambito economico non ha avuto corrispondenza in un progetto politico costruito insieme e progressivamente attuato. In questa fase di difficile transizione ci vorrebbe uno scatto ideale e politico che tenti di ricomporre le élites europee con i popoli europei e di coprire la distanza tra paesi occidentali e paesi dell’Europa orientale.
La seconda suggestione, offerta dal vescovo Crociata, riguarda il fatto che prima della forma istituzionale c’è una forma culturale, spirituale ed etica a fondare una comunità di persone e di popoli. In essa la Chiesa dovrebbe realizzare la sua vocazione educativa, formando comunità coese, farsi promotrice di dialogo tra le culture e le religioni, crescere nel suo ruolo istituzionale, sociale, politico atipico, mediante la comunità degli episcopati dell’UE.
Il Professor Giovannini chiede a ciascuno dei presenti di porsi la domanda: “Tu ami il tuo paese? Tu ami l’Europa?”, perché se la risposta è no, allora sarà difficile lavorare per questo, mentre invece l’UE è un esperimento unico nella storia, prefiggendosi di diffondere pace, giustizia e promozione sociale, ed in essa il ruolo della Chiesa è assolutamente fondamentale. Franco ritiene che oggi ci sarebbe bisogno di sentire una voce della Chiesa univoca e si domanda se la Chiesa sia parte della crisi europea o può essere occasione per la sua salvezza. Ad ogni modo vede molto indebolita la voce della Chiesa rispetto al ruolo originario che gli stessi valori del Cristianesimo hanno avuto sulla costituzione dell’Unione Europea.
Crociata risponde che la Chiesa non è un soggetto terzo, ma è parte della realtà e del processo sociale e culturale occidentale di cui qui si parla. Il tema dell’unità non può più essere posto come si presentava in passato: l’unità ha una articolazione più varia, più elastica e si sono scoperti mondi segnati culturalmente che nel passato una certa visione ecclesiale cercava di omologare. L’unità deve quindi partire dalle questioni di fondo che ci uniscono: fino a che punto la cultura di una determinata realtà sociale nazionale o la cultura corrente intacca il messaggio cristiano? Abbiamo bisogno di recuperare l’autenticità del messaggio stesso.
Di conseguenza, una scuola di formazione sociopolitica promossa dalla Chiesa non può essere una scuola di partito, perché il discernimento, la scelta, il metodo di lavoro va ricercato nella Dottrina sociale della Chiesa. Il problema non è essere solo di destra o solo di sinistra, ma esercitare un attento spirito critico per andare avanti nei processi, anche da parte dei credenti, all’interno di comunità concrete e secondo il principio profetico della Parola.
Giovannini ha poi focalizzato alcune piste di riflessione: 1) l’Europa è un cantiere continuo con una sua storia che ha vissuto anche momenti di crisi, come ad esempio quello della Brexit che ha finito per danneggiare chi è uscito dalla UE; 2) fuori dell’Europa, allora, non c’è un futuro per le nazioni europee, anche se in esse potrebbero prevalere i nazionalismi, in una regressione favorita da Trump e Putin; 3) i temi sul futuro dell’economia globale sono legati a quel che avviene in Cina e in Africa e a processi non lineari riguardo i quali è molto stimata la capacità profetica di papa Francesco con la Laudato si’ (seguita dalla CEI che punta alle comunità energetiche, mentre l’Agenda 2030 è ormai un miracolo).
Al margine di questo incontro due mie considerazioni personali. Innanzitutto, la necessità ricordata da mons. Crociata di recuperare “la base” – le popolazioni europee – da parte delle Istituzioni della UE credo sia fondamentale. Cosa pensa, cosa vuole, di cosa ha necessità un cittadino della UE? Non solo la sempre più diffusa astensione dal voto deve parlarci, ma il fatto che la UE nei suoi vertici può davvero apparire, come ricordato, autoreferenziale. Se parliamo di Greta Thumberg e di “Fridays for Future”, cosa dire di una totale mancanza di risposta da parte delle istituzioni interessate? Come meravigliarci se in Europa le risorse per i vigili del fuoco e per la protezione civile sono state tagliate, per cui incendi e alluvioni (come quella di Valencia) diventano il frutto della mancanza di prevenzione prima che dei cambiamenti climatici? Come meravigliarci se le risorse per politiche sociali, sanità, istruzione sono drammaticamente tagliate, quando le sirene di Bruxelles spingono unanimemente a miliardi di spese militari (nel pomeriggio si è ricordato come le risorse del PNRR per le scuole sono destinate alla digitalizzazione, mentre per l’edilizia sono negate, così da essere sommersi di digital boards mentre le aule che cadono a pezzi!)? Come non lamentare la cecità della gestione del conflitto in Ucraina dove, dopo tre anni, è assurdo proporre alle popolazioni europee la necessità di continuare ad armare l’Ucraina in vista della sconfitta della Russia? Centinaia di migliaia di cittadini europei scesi in piazza in questi anni sono stati totalmente inascoltati. Ritengo che la gestione di questo conflitto da parte di Bruxelles sia stato un vero e proprio “suicidio”. Pare che la Germania stia implodendo (a causa anche del “capitolo” Nord-stream), ed essendo stata fino ad oggi la locomotiva del treno UE, è difficile pensare che questo non abbia ripercussioni sull’Unione.
In secondo luogo, verso chi deve guardare l’Europa per “prendere forma”? A livello della comunità ecclesiale, oltre alla Dottrina Sociale della Chiesa che risulta preziosa e attuale (cito come urgenti lo studio di Pacem in terris e Populorum progressio, oltre a Laudato si’ e Fratelli tutti), possiamo raccogliere i continui richiami “sociali” del magistero di Papa Francesco. Il suo invito a mettere al centro i poveri, ad esempio, dovrebbe spingere la UE a dare loro voce: i primi poveri europei sono proprio le vittime del conflitto ucraino e le persone che sono entrate in povertà per la congiuntura economica continentale susseguente alle spese del conflitto, pagate in termine di costi energetici e non solo).
Come ricorda papa Francesco parlando alla Chiesa, lui sogna delle comunità che “escano dai recinti” per dirigersi nel mondo. Se la UE volesse seguire questa suggestione, magari potrebbe guardare oltre i suoi confini non alzando muri, fili spinati e centri di accoglienza/detenzione (questione drammatica riguardante i migranti, anche questi al centro dell’attenzione del Vescovo di Roma). Potrebbe guardare oltre i suoi confini considerando le altre economie continentali, e fra queste il fenomeno emergente dei BRICS, non come a dei competitor da avversare, ma come a dei mondi con cui entrare in relazione.
Ultima considerazione: perché citare Putin e ora Trump come soggetti invisi le cui politiche sono una minaccia per Bruxelles? È indubbio che Putin e Trump facciano i loro interessi (come li faceva anche Biden e come li avrebbe fatti Harris). Ma come poter essere credibili agli occhi dei cittadini di questa libera e democratica Europa quando Bruxelles non ha usato lo stesso metro e la stessa misura per condannare e allontanare Netanyahu per la conduzione del conflitto a Gaza e in Medio Oriente?
Da quanto vedo…
Via la Van der l.
Dentro Mario.
Ottimo.
I cambiamenti climatici sono specchio di quanto sta cambiando la vita stessa delle genti nel pianeta, tra guerre nuove, sorte improvvise per rivendicare una storia ormai sepolta, un inutile rinverdire antichi dissapori giacché l’uomo di oggi per quanto di ingegno ha raggiunto, guarda meglio al futuro a un vivere possibilmente insieme in amicizia. E’ auspicabile perciò questa affacciarsi a possibilità di dialogo tete a tete tra Capi di Nazioni che detengono il maggior potere a coinvolgere tutti i partecipanti con le parti in causa in colloqui dove la Pace abbia a essere la finalità di bene comune. Un arcobaleno di lingue e voci diverse ma corali nel voler dissipare quella nebbia che droni e bombe distruttive fanno dubitare il comune cittadino su possibile futuro di vita!.Ben vengano dunque queste intenzioni a far rinascere speranza, prevalga la coscienza di dimostrarsi uomini sapiens, che hanno letto e consultato i Libri della antica Sapienza a trarre nuova ispirazione.
Tali due domande sono state poste soprattutto al Dott. Giovannini il quale alla prima, cioè di una Europa fortemente competitiva, ha ridimensionato tale concetto ad ambiti secondari (effettivamente riconoscendo in tale passaggio una effettiva questione); mentre alla seconda, quella della Famiglia e delle politiche familiari assenti nei 17 Goal dell’Agenda 2030, il Dott. Giovannini ha premesso che già questi 17 obiettivi dell’Agenda ONU costituiscono un miracolo, e che nel 2027 questi saranno aggiornati e quindi invita a collaborare sulla “targetizzazione” di tale voce per la prossima Agenda 2050.
Su questo punto pertanto sarà possibile offrire da parte nostra, cioè dal nostro mondo cristiano e cattolico un contributo costruttivo tale per cui il nostro apporto possa tornare ad essere nuovamente capace di mediazione e di rilancio di una Visione di una Europa e dei Popoli d’Europa ben fondata e pertanto Appassionante!
Ad esempio, nell’Agenda 2030, tra i 17 obiettivi che tracciano il percorso verso cui far convergere le politiche degli Stati su scala planetaria, sono assenti del tutto l’afflato verso il fondamento della sensibilità sociale costituito dall’istituto familiare e le politiche familiari! Questo rappresenta un grave vuoto che mina proprio alle fondamenta tutto il sistema culturale valoriale e sociale delle nostre società ed istituzioni democratiche e pertanto la effettiva e concreta realizzazione di uno Sviluppo che, per essere effettivamente sostenibile, deve prima di tutto essere Generativo di Vita e quindi Vitale e Vitalmente Operante.
Nel porre la domanda “Ma tu ami l’Europa”, “Noi amiamo l’Europa?”, il Dott. Giovannini veniva a dare lettura dell’art. 3 del Trattato Europeo tra i cui punti molto belli ed edificanti, uno specifico di essi fa riferimento ad una Europa “fortemente competitiva”.
Questo rappresenta un vulnus grave e significativo: “Come cristiani e, personalmente come francescano secolare, amante della Visione e della Vocazione dell’Europa come Comunità dei Popoli per lo Sviluppo e per la Pace che ebbero i nostri Padri Fondatori anch’essi francescani secolari cime Schuman, De Gasperi ed Adenauer, come può appassionarci “Questa Europa”?
in secondo luogo, Quale Funzione potrebbe assumere l’Europa in chiave strategica, e quindi motivante ad intra, sullo scenario globale, mondiale, recuperando l’autentica vocazione di crogiolo di culture, incontro di popoli, fucina di innovazione?