L’Eden perduto

Erano secoli che non si assisteva ad un Chiesa così “sconvolta” al suo interno, secoli di impossibile dissenso e di stucchevole ripetizione della parola unica che discendeva dall’alto di oltre Tevere.
26 Gennaio 2020

Fantateologia da acrobati della bibbia, ignoranza sbandierata della storia della Chiesa, uso politico-strategico delle persone e delle teologie, orgogliosa incompetenza dei fondamentali ecclesiali, sincere affermazioni di chi vive fuori da questo tempo… Si vede di tutto in questi giorni di battaglie virtuali sulla gestione del potere, del denaro, dell’interesse individuale all’interno della Chiesa. Si ammanta l’ingaggio armato con tiri teologici di fioretto sulla questione del celibato dei preti, ma questa è solo la facciata.

Erano secoli che non si assisteva ad un Chiesa così “sconvolta” al suo interno, secoli di impossibile dissenso e di stucchevole ripetizione della parola unica che discendeva dall’alto di oltre Tevere. Personalmente, al di là dei contenuti e dei modi dello scontro, ritengo che sia molto più bella questa Chiesa che finalmente fa trapelare la dissidenza che è in lei, e rende possibile, involontariamente, mostrare un lato dell’umano che è in lei.

Ovviamente, per molti che ci leggono da fuori e per le varie fazioni in gioco, la parte umana che si sta manifestando è considerata la peggiore. Confliggere e scontrarsi non sono certo verbi che i cattolici, nella maggioranza dei casi, sanno declinare al positivo, almeno in questi ultimi secoli. Chi generava scontro e confitto veniva prontamente “messo a tacere” o cacciato. Perciò, su questo versante, siamo emotivamente analfabeti.

Ma, dal mio punto di vista, questa Chiesa sconvolta, divisa, conflittuale, mi piace di più. Lo dico sinceramente. Ora è possibile finalmente dirci le cose in faccia e essere spinti a fare i conti con nostro proprio stile di fede, di fronte a chi ne mostra uno diverso, ostile, o contraddittorio. Ed è possibile articolare una espressione del proprio stile di fede, senza che ci siano effetti collaterali reali su chi sostiene le proprie idee. Si può dire che Francesco è eretico, e nulla accade a chi lo dice.

Perciò, in questa atmosfera ecclesiale, che a molti appare surreale e ad altri demoniaca, credo sia cosa buona porsi una domanda: cosa resta ancora che ci accomuna? Voglio dire, al di là della proclamazione del Credo, che ogni domenica tutti gli autori di questa battaglia recitano solennemente, resta qualcosa che ci accomuna come “credenti cattolici di questo tempo” così arduo, straniante e carico di cambiamenti?

Non credo sia l’unica risposta possibile, ma una idea ce l’ho. Qualcosa mi fa pensare che ogni schieramento stia cercando di difendere una cosiddetta “età dell’oro della fede”, un Eden perduto che rimpiangiamo. Ogni fazione pone storicamente il proprio tempo “perfetto” in momenti storici differenti. Ma tutti sembrano attanagliati dal bisogno struggente e famelico di riguadagnare quello stato di benessere ecclesiale.

Per alcune fazioni ciò è apertamente dichiarato. Chi incolpa della crisi della Chiesa la svolta modernista di inizio ‘900, divenuta maggioritaria nel vaticano II, vorrebbe una Chiesa di fine ‘800. Per chi, invece, non apprezza Francesco, basterebbe tornare indietro di una decina d’anni e le cose si rimetterebbe a posto. Altri, pur se da posizioni simili, risalgono un po’ prima, al vaticano II, che è accusato di aver abbandonato la tradizione centrale del cattolicesimo. Perciò vorrebbe una Chiesa degli anni ‘40 e ’50. Su posizioni opposte invece si trova chi ritiene che la crisi nasca verso gli anni ’90, nell’epoca del “tradimento” del concilio. E benché pensino di essere “al passo coi tempi”, pure questi hanno un Eden perduto: vorrebbero una Chiesa degli anni ‘70 – ’80. Ad ogni modo, tutti sembrano afflitti dalla stessa malattia ecclesiale: essere cristiani “voltati indietro”, in nome di una “tradizione” da salvare.

Il bello della faccenda è che tutti si ingegnano a mostrare come la loro posizione sia una risposta efficacie al cambiamento epocale che stiamo vivendo, nel tentativo di “redimere” la post-modernità, ovviamente ognuno a proprio modo. Ma a me sembra che invece proprio l’essere “girati indietro” a sognare il ripristino di un tempo paradisiaco perduto sia uno dei caratteri essenziali della post – modernità. Essa nasce proprio come ambiente culturale tipico del “day after”, che non si definisce in sé, ma guarda indietro sapendo benissimo con nostalgia che non può più essere modernità, ma ugualmente non sapendo cosa sia ora. Se anche noi facciamo la stessa cosa non se ne esce.

Essere “presenti all’oggi” non è scontato. E per un cristiano, credo, non significa essere d’accordo con la filosofia di vita di questo tempo, ma saper leggere dentro ad essa le vie che lo Spirito percorre ancora. Questo è il tempo della grazia, perché questo tempo Dio ci ha dato da vivere e non un altro. E siccome Lui è il Signore della storia di sicuro questo tempo non è sfuggito dalle sue mani. Perciò non tocca a noi riportarglielo, diventando “impermeabili” al mondo e così mummificando inevitabilmente il vangelo. La nostra umanità, se è afferrata da Cristo ed è lasciata vivere in questo mondo, sa trovare ancora vie per la pienezza futura. Abbiamo bisogno di cristiani voltati avanti.

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